La lettera di Nicola Panevino, magistrato napoletano, in servizio al tribunale. Quando era a Savona è stato catturato ed assassinato a Genova. Panevino uno dei magistrati partigiani cui è stata dedicata la lapide nel palazzo di giustizia genovese. Spedì dal carcere, il 18 marzo 1945, in occasione del primo onomastico di sua figlia, una lettera. Nessuna nobile dichiarazione d’intenti, solo un’immagine di purissimo amore paterno. Il giudice, fucilato il 23 marzo successivo, un mese prima della Liberazione. Nella vita vale la pena di essere retorici, qualche volta.
“Piccola mia è ben triste cosa che tu debba passare il tuo primo onomastico con il papà gettato in una galera; ma ciò non deve rappresentare un cattivo auspicio sia perché è il volere di Dio che si attua e sia perché questa galera lungi dall’infamarci ci onora davanti agli uomini e ci purifica davanti a Dio. Ringrazio Dio che tu non abbia ancora i lumi della ragione per sentire i dolori che la povera mamma tua ed io stiamo sopportando. Quando un giorno quella ragione tu avrai acquistato, Iddio ci avrà concesso la grazia che oggi impetriamo e lo ringrazieremo insieme. Allora io sarò ad accarezzare la tua testina bionda e quella bruna di mamma tua e con animo lieto io racconterò i particolari di questi tristissimi giorni. È proprio questo il primo voto augurale che io formulo per il tuo onomastico, e penso che non mi si possa accusare di egoismo perché sono certo che la mia liberazione non può rappresentare che il tuo bene, non ultimo fattore per la tua felicità in un prossimo futuro. Altro augurio che tu cresca bella, sana come eri quando ti ho lasciata, oggi tre mesi. E godi di quelle benedizioni che Dio non nega ai suoi angeli terreni; tu sei tra essi. Abbi, angioletto mio, anche la mia benedizione assai povera di fronte all’altra, ma pur essa sublime, perché resa tale da una amara e scottante lacrima che affiora in questo momento il mio ciglio. Ti bacio con la mamma. Papà tuo.”
IL 25 APRILE E IL DR. CASCIONE
La storia dell’eroe pallanuotista che scrisse la prima canzone partigiana e con le sue vicende ispirò battaglie e nuova musica lungo tutto il ‘900 tra Italo Calvino e Fabrizio De André.