Conchita passò una bellissima serata in compagnia di Fabian: meravigliata dalla cavalleria del ragazzo e dalla delicatezza dei suoi modi. Era diverso da tutti gli abitanti del villaggio. Adulatore ma anche cortese e simpatico, oltre che desideroso di raccontare tutto ciò che sa del suo paese. Al termine della serata Conchita fece la domanda che Fabian temeva: “Quando mi fai visitare l’ex Oleificio ?”
Fabian, che non poteva più sottrarsi oramai, nascose le sue paure e disse “TI ho promesso che ti avrei condotto all’Oleificio e così farò: ma devi sapere che da decenni nessuno ci mette piede e gli abitanti del paese non sarebbero affatto contenti se sapessero che ti ho aiutato ad entrarvi.
Conchita replicò: “Ma perché tutta questa paura e reticenza ? Qual è il mistero di questa vecchia fabbrica ?
Fabian allora rispose: “Sono tante le cose che non sai, ma cercherò di farti capire il più possibile sulla fabbrica” e, mentre diceva queste parole, cercò di abbracciare la bellissima Conchita che, senza fare una piega, si discostò fieramente per far intendere a Fabian che non era il caso, almeno per il momento, che andasse oltre.
Fabian abituato a far cadere ai suoi piedi tutte le donne che incontrava restò tanto meravigliato quanto sempre più affascinato dalla ragazza e prese a raccontargli: Devi sapere che l’Oleificio Roveraro, che è stata la fabbrica più importante del paese, smise di funzionare attorno al 1980.
Molti erano stati i borghettini che vi avevano lavorato e quell’edificio era una specie di istituzione. Però, con la cessazione della produzione, fu abbandonato.
Le varie amministrazioni che governarono (si fa per dire) Borghetto si affannarono a cercare di far passare i progetti più fantasiosi: c’era chi voleva realizzare tre grattacieli al posto della fabbrica, chi voleva edificare un matitino, chi non voleva farci nulla per costruire altrove, chi si dichiarava innovativo ma in realtà, pur di buttarla giù, voleva farci costruire dei semplici palazzi, ma nessuno aveva idee originali e brillanti.
E’ vero che non c’erano i denari sufficienti per fare grandi progetti, ma forse con un po’ di buona volontà si potevano studiare opere di utilità sociale per la collettività. Vedi, Conchita, Borghetto nasce come un paese agricolo e di pescatori, ma dopo la II Guerra Mondiale ha inizio una speculazione edilizia spaventosa che ha come conseguenza il massacro del territorio che, abbandonata la sua cultura contadina e popolare, diventa una facile preda, meta preferita tanto di imprenditori votati al facile guadagno per nulla interessati agli aspetti sociali e culturali del paese quanto di politici che non comprendevano ieri come oggi il significato di parole come sviluppo sostenibile.
Conchita ascoltava con grande attenzione, ipnotizzata dalla voce di Fabian e dal suo linguaggio semplice, che mostrava in ogni caso la notevole cultura dell’oratore.
Fabian, dal canto suo, osservava la ragazza, che, alla luce della luna, appariva sempre più bella e affascinante, sembrava quasi che provenisse da un altro mondo e lasciava sempre più trasparire, quasi volutamente, il mistero della sua comparsa in quella valle di lacrime, che da quasi due secoli era Borghetto.
Alla fine – proseguì il ragazzo – l’Oleificio rimase in piedi: esso resistette alle Rivoluzioni d’Europa del 2021, alla Grande Inondazione; nessun evento atmosferico l’ha scalfito.
Sembra incredibile: l’edificio resta sempre in piedi.
Il fatto è che quella fabbrica ha ucciso ogni forza vitale, pietrificato ogni capacità degli abitanti di Borghetto di pensare, di avere idee , di comprendere che la difesa della propria storia è essenziale, così come è fondamentale avere una propria identità e saperla difendere ad ogni costo.
Alla fine non sono stati gli abitanti a buttare giù la fabbrica ma la fabbrica a distruggere loro, trasformandoli in automi, in esseri non solo senza pensiero, ma anche senza dignità.
Mentre pronunciava quelle parole il volto di Fabian si rattristava e Conchita non esitò ad accorgersi dell’accaduto fino al punto di dispiacersi del fatto di avere indotto il ragazzo a raccontare della fabbrica perché, mentre lo faceva, era sinceramente addolorato.
Conchita sfiorò delicatamente il volto di Fabian solcato da due brevi lacrime che lo rigarono quasi ferendolo e gli sussurrò con una timidezza spietatamente ostentata: “Perché tu sei diverso Fabian ? Che cosa ti spinge ad aiutarmi ? In fondo non hai indagato più di tanto sulla mia venuta qui e ti sei fidato di me.
Fabian, ricompostosi, gli annunciò con sorpresa: “Conchita tu mi piaci molto ma non è questo il motivo del mio aiuto, che non è affatto disinteressato.
Vedi, tanti anni fa, c’erano persone qui a Borghetto, purtroppo non ascoltate, animate da buoni propositi che hanno lasciato il loro pensiero e le loro idee: esse erano convinte che solo chi arrivava da fuori Borghetto poteva dare al paese quella spinta necessaria per rinascere e io penso che tu, a distanza di tanti decenni, possa essere una risposta al grido di dolore e alla sete di speranza ancora viva di quelle genti.
E poi – proseguì arrestando il proprio incedere oratorio mentre osservava ciò che restava della bellezza del Piccaro – …. e poi io sono un lontano discendente di don Giuseppe Rossi che fu parroco della Chiesa di San Matteo fra il 1648 ed il 1691*.
Don Giuseppe Rossi fu grande amico del Badaracco** , un famoso pittore genovese che ha lasciato alcune sue opere straordinarie qui a Borghetto.
Don Giuseppe Rossi fu un uomo di Chiesa illuminato e già allora ebbe il presentimento che il paese nei secoli a venire sarebbe crollato non dal punto di vista materiale o non solo comunque, ma da quello morale sicuramente.
Sebbene Conchita fosse spaventata la curiosità prese il sopravvento: perché non dobbiamo entrare nella fabbrica Fabian ? C’è forse qualcosa che non dobbiamo vedere o trovare al suo interno ?
Si, Conchita – rispose Fabian – può essere. Tu sei molto perspicace. C’è chi dice che all’interno dell’ex Oleificio ci sia il Grande Libro.
Che cosa ? disse Conchita.
Fabian: Sei sicura di voler entrare nella fabbrica ?
Più che mai disse Conchita.
Erano le 2.00 di notte del 9 agosto del 2122 (la cometa di Halley apparve in cielo con quattordici anni di anticipo) e Fabian e Conchita entrarono nella fabbrica Roveraro: lo fecero passando da un tunnel sotterraneo, del quale solo Fabian sapeva, che partiva da sotto il campanile della Chiesa di San Matteo e spuntava fino al centro della fabbrica.
Muniti di due torce i due, avvinghiati ma desiderosi di conoscere ciò che c’era all’interno dell’edificio, ove neppure Fabian era mai stato, si ritrovarono nel suo ventre: tutto era buio e davanti a loro si parava una enorme scritta in latino scolpita su una lastra semidistrutta.
La scritta recitava: Utile est scire … quae optima sunt esse communia ..(E’ utile sapere … le idee belle e vere appartengono a tutti).
I due proseguivano e udivano alcune terribili grida “…INOOO …” “….GOTTOOO” “…ACCAAA” …DOOOOLFOOO”.
Fabian comprese che la storia degli spiriti era vera.
Su una delle pareti, l’immagine di un santo, la scritta “numero atomico 90” e arnesi da lavoro.
Probabilmente una sorta di rebus.
I due, infine, scorsero il Grande Libro con sopra la scritta “Conosci te stesso”.
Conchita con i suoi occhi ammaliatori si rivolse verso Fabian e gli disse “Anche tu mi piaci molto“.
Giovanni Sanna
* In effetti, come risulta dall’Archivio Diocesano della Diocesi di Albenga, fu parroco della Chiesa di San Matteo dal 1648 al 1691 don Giuseppe Rossi;
** Giuseppe Badaracco, pittore, nato a Genova nel 1588 e ivi deceduto nel 1657
ARTICOLO CORREDATO DALLE VIGNETTE DI SILVESTRO PAMPOLINI