Caro Antonello, non ho mai replicato agli articoli per non innescare polemiche ma questa volta non posso esimermi dal farlo perché quando si parla di vigneti di Pornassio (leggi…..) mi brucia ancora la pelle al ricordo delle scorrazzate che ho fatto, a partire dall’età di 15 anni, con la “Regina” sulle spalle (macchina in rame per dare i prodotti liquidi e che a pieno carico pesava circa 23 Kg), nei nostri vigneti durante tutta l’estate.
Da allora ad oggi sia io che mio fratello abbiamo dedicato all’Azienda tutto il tempo libero quando lavoravamo altrove e in seguito tutto il nostro tempo disponibile con il risultato che i nostri vigneti sono più ben tenuti e più belli di prima. Ci siamo impegnati sia per migliorare la qualità della vite, collaborando con il CNR di Torino, che per la valorizzazione del vino Ormeasco partecipando attivamente a tutte le fasi per il riconoscimento della sua DOC. Molto è stato ed è attualmente l’impegno profuso per incrementare la conoscenza del nostro vino anche al di fuori dei confini della nostra zona e dell’Italia arrivando a commercializzare negli USA, in Belgio, in Svizzera, in Germania ecc.. Per raggiungere tali mete hanno collaborato anche alcuni altri produttori ma tu no; non ti ho mai visto presente a promuovere il vino di Pornassio fuori della nostra zona.
La coltivazione della vite, in Pornassio, nel tempo è diminuita nelle aree meno vocate causa la generalizzata diminuzione del consumo di vino e quindi la necessità di aumentarne la qualità per stare sul mercato. E’ aumentata, però, anche grazie all’impegno di alcuni giovani, nella conca cui si riferiva Mario Soldati, a meno di alcune piccole aree trasformate in uliveto a causa dei raggiunti limiti di età dei proprietari e di altre piccole aree utilizzate per coltivare a Pornassio l’aglio di Vessalico.
In conclusione, essendo io stato presente alla visita ispiratrice che Mario Soldati fece a Pornassio proprio in questo periodo dell’anno, posso testimoniare che ben poco è cambiato da allora e anzi invito caldamente tutti a venire a vedere, non solo di domenica, la conca tanto decantata che in questo periodo si è trasformata in un arazzo colorato e ancora oggi offre le stesse emozioni. Attenzione però che il tempo stringe in quanto, a breve, i pampini colorati cadranno a terra e la vigna rimarrà spoglia. Un piccolo assaggio dell’attuale paesaggio si può avere dalle allegate fotografie scattate martedì scorso 01/11/2016.
Agostino Guglierame
IL SINDACO EMILIO FOSSATI: LA PRO LOCO NON C’ENTRA CON I MIGRANTI
CHE AL COMUNE NON COSTANO NULLA
Il sindaco di Pornassio, Emilio Fossati, alla sua prima legislatura, artigiano in pensione, si dice rammaricato, ma non stupito, dopo aver letto la lettera che il concittadino Antonello Destefani ha scritto a Trucioli. “Ho sempre apprezzato la franchezza, io non sono un politico, preferisco tirarmi su le maniche, il fare, anziché iscrivermi al partito dei ciarlatani o polemizzare. Le critiche, gli stimoli possono essere di aiuto quando si rispetta il principio della verità e chi le pronuncia ha i titoli per impartire lezioni e rimproveri ad altri. Non entro nel privato, nel predicare bene e razzolare male, mi limito ad osservare che ho letto affermazioni prive di fondamenta. La benemerita Pro Loco di Pornassio non c’entra nulla con i migranti. Da un anno e mezzo il Comune ha una convenzione con la Prefettura e con la Cooperativa Il Faggio. Nella massima trasparenza. Si tratta di 4- 5 giovani che prestano la loro opera a favore della comunità tutta in modi e tempi diversi e all’insegna del volontariato. In particolare nei mesi di giugno, luglio, agosto. Per quanto riguarda le problematiche della frazioni Ponti ha ragione il signor Destefani a segnalare le lacune, ma non avendo la bacchetta magica e 700 mila euro per finanziare la totale ricostruzione dell’impianto fognario possiamo soltanto intervenire per scongiurare il peggio. Auguro a Destefani di essere eletto in consiglio comunale, magari a futuro sindaco o assessore, da leghista o sotto un’altra bandiera, per rilanciare Pornassio con le capacità e strategie vincenti messe in atto nella sua azienda; per chi conosce la realtà ogni ulteriore commento è superfluo”.
PERCHE’ NON FUNZIONA LA RETE FOGNARIA A PONTI DI PORNASSIO
Trucioli.it ha chiesto ad un ex sindaco quali sono le cause del disservizio fognario della frazione che ospita mediamente 70 abitanti, due ristoranti, un negozio alimentari, un parco giochi con bar e tavola calda. “Non voglio aizzare polemiche – premette un ex primo cittadino di Pornassio-, anche se è giusto per chi l’avesse dimenticato o non lo sapeva chiarire come stanno realmente le cose. In parole semplice le fognature sono nate male“.
Per completezza d’informazione aggiungiamo che l’opera è stata realizzata durante l’amministrazione del sindaco Fausto Contestabile del Partito comunista, rimasto i n carica dal 1988 al 1993. Prima di lui dal 1978 al 1988 era stato sindaco Giovanni Contestabile della Democrazia Cristiana. Dopo il mandato di Fausto era stato eletto Agostino Guglierame (dal 1993 al 1997) lista civica centrista, quindi Luigi Carli lista civica dal 1997 al 2002, seguito da Raffaele Guglierame, lista civica, dal 2002 al 2012.
Fognature realizzate in malo modo che alla fin fine non hanno risolto il problema ed arrecato danno al torrente, sbagliando pure la quota del depuratore. In gran parte la rete non ha una pendenza sufficiente, con le piene si creano ulteriori concatenazioni di intasamenti e comportano una manutenzione continua ma non risolutiva. Pare che ci si è pure permessi, sempre all’epoca della costruzione, di attuare scelte chiamiamole clientelari. Di fatto per servire poche case si sono abbassati i livelli con le conseguenze che ne sono scaturite. Per renderle funzionali, anche eliminando la serie di piloni nel corso d’acqua, serve un investimento cospicuo, centinaia di miglia di euro che le casse del Comune non possono affrontare. Occorre reperire le risorse che possono arrivare solo dalla Regione Liguria o da oneri di urbanizzazione nel momento in cui nell’entroterra riprendesse a tirare il settore immobiliare, diciamo negli interventi di recupero dell’esistente. Ma purtroppo anche la legge regionale di Marco Scajola finisce per privilegiare la fascia costiera già satura di seconde case e alloggi vuoti dove il mercato della speculazione e del ‘nero’ non ha mai smesso di tirare. Bastava una legge che invertisse la tendenza privilegiando esclusivamente il rilancio immobiliare delle aree ‘depresse’, da decenni, dell’entroterra. Una proposta che anche la Lega Nord ai suoi vertici sosteneva senza però porla come pregiudiziale nel governo di centro destra del presidente Toti. Va da se che il peso elettorale di vallate e paesi sempre più spopolati è una cimice rispetto alla forza delle città. Una grande ingiustizia di cui si parla poco.
ORMEASCO QUANDO IL MARCHESE CON EDITTO IMPOSE LA COLTIVAZIONE
CHE PREVEDEVA ADDIRITTURA LA PENA DI MORTE
L’Ormeasco è uno dei due ‘grandi rossi’ della Liguria (L’altro è di Dolceacqua con il Rossese) in grado di figurare, alla pari, nella lista dei più celebrati vini rossi delle varie produzioni nazionali. Il suo nome deriva da Ormea, cittadina in provincia di Cuneo nell’alta Val Tanaro, un tempo capitale del Marchesato di Clavesana che si estendeva fino al mare. Il marchese che nel 1300 reggeva il possedimento, evidentemente persuaso della validità del vitigno e della possibilità di ottimo allignamento nella zona, ne impose la coltivazione su tutto il territorio, con editto del 1303 che prevedeva addirittura la pena capitale per chi avesse osato impiantare viti diverse. Certo oggi l’imposizione appare piuttosto drastica, ma indubbiamente era dettata da grande buonsenso visti gli eccellenti risultati nel corso dei secoli. Per quanto riguarda la natura del vitigno, si tratta di un Dolcetto a raspo verde, secondo alcuni arrivato dalle vicine zone piemontesi e secondo altri importato direttamente dai Saraceni che pare avessero un consistente insediamento proprio in Ormea.
RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO DA PIETRO AUGERI DI PORNASSIO
Ci tengo a precisare che il documento riguardante l’Ormeasco del 1303, non riguarda Pornassio, ma Cosio d’Arroscia. Per Pornassio valgono gli “Statuti antichissimi di Pornassio fino dell’anno 1298/99” da me rinvenuto presso l’Arch. di Stato di Genova; in essi non si cita alcun marchese di Clavesana che abbia dato l’ordine di piantare l’Ormeasco; la pena di morte con il taglio della testa era riservato alle capre trovate nei vigneti a dare danno … vi posso assicurare che i contadini non correvano questo pericolo.
La redazione: il testo è stato ripreso dal libro IL VINO DI DARIO BINI per la collana enogastronomica ‘Golosando tra Liguria Piemonte e Lombardia’ con il patrocinio della Camera di Commercio di Imperia. Grazie per l’utile precisazione ad opera di un valente studioso di storia locale quale è Pietro Augeri