Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

Settimanale d’informazione senza pubblicità, indipendente e non a scopo di lucro Tel. 350.1018572 blog@trucioli.it

Le citazioni e il reato di plagio


Una premessa: non amo le citazioni, a meno che….

di Sergio Bevilacqua

  1. non siano doverosi richiami a un pensiero originale, recente e innovativo del quale l’assenza di riferimento possa costituire un plagio;
  2. non servano a velocizzare la comprensione di un tema.

In questo secondo caso, esse devono garantire la padronanza della materia dell’autore citato. Se infatti, per fare un esempio, si scrive  “Come sostiene Jung” (Carl Gustav Jung, allievo di Freud e poi suo oppositore) e si riporta una sintesi perifrastica dei suoi temi, occorre aver studiato una certa quantità di opere dell’autore citato, condizione fondamentale per la citazione. Jung, essendo inizialmente nel filone del maestro Sigmund Freud, accorcia (religiosamente…) il percorso della psicanalisi, riducendone l’aspetto puramente lessurgico. Egli sostiene l’esistenza di segni dal significato tendenzialmente stabile in tutti gli esseri umani, che starebbero a dimostrare la esistenza di un inconscio di tipo collettivo, ove i simboli circolano all’interno di un soggetto e anche tra soggetti quasi attraverso il DNA o anche attraverso non meglio identificati bacini semici comuni innati. Tali segni sono anche strutturati in forma d’immagine. Ed è vero che l’immaginario junghiano è iconologico, quindi interessante per la creazione artistica (più che per la scienza e la clinica, dicono i freudo-lacaniani…).

Nei sistemi aperti, la scienza è dalla parte della clinica: “chi sa fa”, con il naturale correlato che “chi fa sbaglia”, e con il principio socratico che “chi più sa” più degli altri “sa di non sapere”. Più si allarga la conoscenza dei sistemi aperti più si sperimenta l’impossibilità della loro completa padronanza: solo coloro che non conoscono l’esistenza e la fisiologia dei sistemi aperti possono illudersi del loro controllo in termini di sapere logico-teorico. La vera teoria dei sistemi aperti include l’ermeneutica, cioè la revisione continua del supposto sapere acquisito. Quindi, ecco che siamo calati in una dimensione organica che coinvolge le nostre capacità psicologiche e il nostro profilo psicoprofessionale di sociologi e sociatri. Non esiste sociatria senza clinica.

Io non amo le citazioni perché spesso vengono utilizzate per elevare barriere o affidamenti di erudizione. Invece, le grandi menti ci hanno dato supporti di miglior pensiero, e non c’è bisogno di citarle, salvo che non intendiamo appropriarci di qualcosa che non è nostro e che non è ancora universalmente riconosciuto come di proprietà altrui. Se dico Psicanalisi, nessuno dubita che io non ne sia l’inventore. Se invece uno scrive “Tetrarivoluzione”, ad esempio, al posto del termine d’autore “Quadrivoluzione”, costui effettua un plagio con destrezza: attua, cioè, un reato e una gravissima infrazione al codice degli studiosi, che dimostra in primis povertà intellettuale.: spesso ciò avviene oltretutto villaneggiando volgarmente contenuti non padroneggiati, per poi pavoneggiarsi di contenuti non suoi e poco compresi e danneggiando l’utilità del contenuto per gli altri.

Se non ho idee, ringrazio prima di tutto chi me le fornisce (con ringraziamenti e citazione dell’autore vero, che ben conosco). Poi, magari, grazie a ciò che ho appreso da altri, su queste idee posso diventare creativo pure io, dopo i doverosi ringraziamenti. Ma il furto di idee (plagio appunto), quello no: è contrario alla legge e alla elementare deontologia intellettuale. Oltretutto il povero di idee, costretto al loro furto, villaneggia volgarmente contenuti che, non avendo prodotto, dimostra di non padroneggiare, pavoneggiandosene pateticamente e danneggiando l’utilità del contenuto per gli altri.

Dunque, le citazioni, che devono essere corrette, sono fondamentali, dice il giurista, ma quando la proprietà intellettuale è di dominio comune (Teoria della Relatività non è necessario citare Einstein), la citazione dell’autore non è necessaria. Quando invece è innovativa, invece sì, come, ad esempio, nel caso del neologismo Quadrivoluzione: la semplice traduzione in altro significante (Tetrarivoluzione) non cambia la sostanza della proprietà intellettuale combinatoria del suo significato, cioè di quattro elementi mai fatta prima da nessuno (in questo caso prima di me, Sergio Bevilacqua, sociologo sociatra con all’attivo circa mille casi clinici di società umane).

Quadrivoluzione (con analoga ingegneria semiologica, ma molto meno elegante, “tetra”, cioè quattro in greco, “rivoluzione”) è infatti la composizione di quattro rivoluzioni che stanno avvenendo in contemporanea nell’umanità: Globalizzazione (uno), Antropocene (due), mediatizzazione estrema o infocene (tre), ginecoforia o emersione della donna nelle società umane (quattro). Il fatto di attuare una traduzione di una o più parole, non toglie né al senso dei loro significati, e nemmeno al senso originale (alias padronanza intellettuale) della loro originale composizione: chi non cita in casi come questo, è passibile di causa di plagio, che gli porterebbe gravi danni.

Sergio Bevilacqua


Avatar

Sergio Bevilacqua

Torna in alto