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Piemonte: prime linee ferroviarie riaperte, ma a Mortara cominciamo davvero male


Finalmente qualcosa si muove. Dopo ben undici anni dall’improvvida decisione della giunta presieduta da Roberto Cota di “sospendere” dodici linee ferroviarie in Piemonte (cui se ne sono aggiunte altre successivamente), si assiste ora ad una inversione di tendenza.

di Massimo Ferrari*

Marco Gabusi Assessore regionale ai Trasporti, Infrastrutture, Opere pubbliche, Difesa del suolo, Protezione civile, Personale e organizzazione

Da lunedì 11 settembre, infatti, treni ordinari passeggeri sono tornati a circolare tra Asti ed Alba, come pure tra Mortara e Casale Monferrato. E l’assessore regionale Marco Gabusi, finora piuttosto freddo, se non ostile, nei confronti del ripristino, promette ulteriori riaperture, pur senza precisare dove e quando.

In anni recenti era stata solo l’opera meritoria di Fondazione Fs e del suo instancabile Direttore, Luigi Cantamessa, oltreché di AMoDo, a tenere accesi i riflettori su questo patrimonio ferroviario nella terra che, già ai tempi di Cavour – quindi in epoca preunitaria – aveva creato un abbozzo di rete vera e propria. Ma, come si sa, i treni turistici di Fondazione Fs si effettuano in alcune giornate di calendario sparse, specie nei fine settimana, durante tutto l’anno. Adesso, invece, tornano corse ordinarie, tutti i giorni (o, per meglio dire, dal lunedì al venerdì), destinate alla normale clientela.

Luigi Cantamessa è Direttore generale della Fondazione FS Italiane.

La decisione di far correre i treni nei soli giorni feriali già di per sé indica una scelta precisa. Si ripristina il servizio, ma limitatamente alle esigenze sociali della mobilità che si ritiene siano impersonate dagli studenti (benché alcuni istituti siano aperti anche di sabato!) e da qualche lavoratore pendolare. Agli spostamenti di natura escursionistica, concentrati nel fine settimana, provvederà semmai, ogni tanto, Fondazione Fs. Meglio che niente, si dirà. Già, ma è abbastanza?

Prendiamo il caso della Mortara – Casale Monferrato. Su questa linea di 29 km, integralmente pianeggiante, a cavallo tra Lombardia e Piemonte, non si può dire che insistano spostamenti locali di un certo rilievo. Il senso della riapertura risiede soprattutto nell’opportunità di mettere in collegamento il capoluogo del Monferrato – una città di circa 35 mila abitanti – con Milano, sede di importanti università ed attività produttive.

Casale, assieme ad Asti e Cuneo, è stato uno dei centri maggiormente colpiti dal provvedimento di sospensione del 2012. Delle cinque direttrici che si irradiano dalla sua stazione, ben tre (verso Mortara, Vercelli ed Asti, quest’ultima già interrotta dallo smottamento in una galleria nel 2010) erano state chiuse. Perciò Casale continuava ad essere raggiungibile in treno solo da Torino e da Alessandria, guarda caso, le uniche due tratte elettrificate. Una scelta di restrizione del servizio entro i confini piemontesi, benché da sempre la città gravitasse anche verso il capoluogo lombardo.

Un tempo dalla stazione di Milano Porta Genova partivano treni diretti a trazione diesel verso Casale, che prolungavano la loro corsa fino a Cuneo, via Asti ed Alba, e Torino, via Trino Vercellese. Questa relazione, tra l’altro, risultava più breve (ancorché meno veloce) rispetto alla linea storica via Novara e Vercelli. Orbene, non si tratta certo di riproporre quei collegamenti. Oggi a Torino si arriva in meno di un’ora con Frecciarossa ed Italo (ma a prezzi decisamente superiori), mentre per spingersi fino a Cuneo bastano meno di tre ore, quando al tempo dell’automotrice diretta ne occorrevano cinque. Però ricucire il collegamento tra Milano e Casale era decisamente doveroso.

Ovviamente, essendo la tratta ora riaperta non elettrificata, è necessario cambiare a Mortara. Utilizzare treni a gasolio fin nel cuore di Milano non sembra il caso in tempi di idiosincrasia per le emissioni inquinanti, che inducono la Regione Lombardia a sprecare cifre cospicue per sperimentare la trazione ad idrogeno. E poi i carichi di viaggiatori sarebbero molto squilibrati, aumentando esponenzialmente il numero di pendolari nell’avvicinamento a Milano.

La stazione ferroviaria di Mortara (foto d’archivio e non attuale)

Così si sono previste a Mortara coincidenze di sei minuti, sia da che verso Casale. Tempo abbastanza ridotto per rendere appetibile il tragitto (70 km) da un capo all’altro (in 1h e 19′), a condizione di rispettarle queste coincidenze (termine che sembra da tempo abrogato nel lessico ferroviario italiano). Prescindere dalle quali sarebbe accettabile se avessimo a che fare con linee suburbane con frequenze ogni 30′ o, al massimo, 60 minuti. Non in questo caso, dove, se si perde la coincidenza, occorre poi attendere anche tre ore, visto che di corse ce ne sono sette in tutto il giorno. Un disguido tale da disincentivare anche il più affezionato fruitore del treno.

Per velocizzare il tragitto (semplificando l’esercizio e contenendo i costi) si è prevista una sola fermata intermedia, a Candia Lomellina, eliminando quelle un tempo attive a Castello d’Agogna,  Zeme, Cozzo Terrasa e Terranova Monferrato. Anche qui si può concordare: meglio un treno più veloce e attrattivo tra i centri maggiori che una tradotta lenta pensata per caricare due o tre passeggeri in più. Pare che i sindaci interessati non abbiano mosso obiezioni.

Così martedì 12 settembre, nel secondo giorno di esercizio dopo la riapertura, ho deciso di provare il servizio, acquistando un biglietto da Porta Genova a Casale. (partenza 11.42, arrivo 13.01). L’esordio, nel giorno precedente, non era stato entusiasmante. I festeggiamenti previsti erano stati annullati per rispetto alle vittime di Brandizzo ed alcune corse avevano cumulato fino a 30′ di ritardo. Dopo una pausa pranzo nella località monferrina, era mia intenzione prendere il bus sostitutivo per Vercelli (altra linea tuttora sospesa) e rientrare da lì a Milano. Avrei così potuto confrontare una relazione ripristinata su rotaia con un’altra ancora affidata alla gomma.

E così ho cominciato il circuito. A parte alcuni piccoli disservizi ormai abituali (obliteratrici non funzionanti, ma assenza di controlleria a bordo), tutto procede regolarmente fino alle soglie di Mortara, quando il convoglio subisce un rallentamento. Giunto a destinazione sul binario 2, l’altoparlante dice qualcosa: si sente nominare Casale, ma il messaggio è non comprensibile. Mi precipito nel sottopasso dove il monitor indica la “coincidenza” per Casale al binario 3MI. Torno indietro, ma non vedo nulla. Consulto il tabellone cartaceo che invece parla di binario 7. Dove però trovo un treno in partenza per Pavia. La conduttrice allarga le braccia: della corsa per Casale non sa nulla. Evidentemente è già partita.

Raggiungo, molto contrariato, la biglietteria di stazione. Chiedo all’addetta se il treno per Casale sia effettivamente partito. Lei consulta il computer e mi da conferma. Ma da quale binario, di grazia? Risposta stupita:<Questo non lo so; io non c’ero>. Un messaggio variabile sul monitor aggiunge una nota beffarda: <I treni in arrivo a Mortara possono accusare fino a cinque minuti di ritardo a seguito di adeguamenti tecnologici connessi all’apertura della nuova linea per Casale>. Adeguamenti tecnologici? Ma, se la linea era pronta da due anni per la riapertura, li fanno giusto adesso? E se tutti i treni in arrivo cumulano cinque minuti di ritardo, perché quello in uscita verso Casale lo fanno partire al minuto spaccato?

Tutto appare casuale. Evidentemente il treno, programmato in partenza dal binario 7, era stato “avvicinato” al convoglio proveniente da Milano sullo stesso marciapiede. E questa sarebbe un’attenzione lodevole. Ma poi la “coincidenza” parte senza concedere alcun comporto per un piccolo ritardo, per altro, previsto. Il personale presente in stazione non vede nulla. Il capotreno – di un convoglio presumibilmente deserto – ha altro cui pensare. Decidono tutto gli algoritmi?

Purtroppo, se questo è l’andazzo, è facile prevedere che la riapertura della linea si rivelerà un fiasco.

E darà ragione a chi quel servizio voleva cancellarlo definitivamente. Non è facile recuperare una clientela che si è disaffezionata al treno dopo dodici anni di sospensione. E, se si procede così, la battaglia è persa in partenza. A Trenord tutto questo non sembra importare. Alla Regione Piemonte tanto meno. A me non resta che consumare il pranzo in una trattoria a Mortara. Ma dubito che i viaggiatori intenzionati ad andare davvero a Casale Monferrato si possano fidare di questo servizio.

Massimo Ferrari*

Presidente Utp/Assoutenti


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