Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Un geco in casa e la credenza popolare


Alla vista di un geco in casa, la maggior parte di noi solitamente non reagisce proprio bene. Al contrario, siamo portati a scacciare l’animale il più in fretta possibile dalle mura domestiche credendolo in quale modo pericoloso.

di Alesben B.


Eppure questo simpatico animaletto è da sempre considerato un simbolo di rigenerazione, adattabilità, forza e vitalità, ragion per cui lo si ritrova in molte rappresentazioni artistiche e nei tatuaggi.

Il geco, inoltre, è tutto fuorché pericoloso. La credenza popolare, dunque, identifica nel geco un autentico portafortuna che alcune persone allevano in casa come un qualsiasi animale domestico. Anzi, essendo una piccola lucertola va a caccia di insetti e ragni ben più fastidiosi e temibili per la salute umana.

Il geco comune è quello più diffuso in Europa ed è un parente stretto della lucertola. Esattamente come quest’ultima, è assolutamente innocuo per l’uomo e nutrendosi di insetti come mosche, zanzare, falene e scarafaggi è decisamente utile all’uomo e all’ecosistema.

L’habitat del geco è costituito dalle pietraie, le cave, i muretti a secco, i cumuli di legna, ma soprattutto gli edifici e le abitazioni dove adorano soggiornare senza temere la presenza umana o quella di altri animali, compresi i gatti.

Tarentola mauritanica

Gli esemplari adulti possono misurare fino a 20 cm di lunghezza, coda compresa. Questo geco è robusto e ha la testa piana. Su tutto il corpo sono presenti dei tubercoli conici prominenti. La coda, se rigenerata dopo essere stata persa per autotomia, è invece liscia e priva di tubercoli. Ha una bocca simile a un angolo ottuso, occhi privi di palpebre e pupilla verticale. Ha delle barrette con dei grandi sviluppi laterali e nella parte inferiore della faccia delle lamine aderenti divise una dall’altra. Soltanto la terza barretta rimane unita.

Le dita sono provviste di ampi cuscinetti, più larghi sulla punta, che hanno sul lato inferiore una serie di lamelle longitudinali con funzione adesiva. Sono tali lamelle che permettono al geco di muoversi con facilità praticamente su qualsiasi superficie, anche lisce, verticali e perfino sotto i soffitti.

Di colorazione è marrone brunastro con punti scuri o luminosi. Questi colori cambiano d’intensità a seconda della luce. Quando sono attivi di giorno, nelle soleggiate giornate invernali., il loro colore è più scuro rispetto a quando sono attivi di notte.

Territoriale, può essere facilmente osservato mentre caccia insetti notturni sui muri degli edifici urbani vicino alle fonti di luce. Spesso si possono osservare diversi esemplari anche nel giro di pochi metri, addirittura anche più individui sotto la stessa luce che usano come riparo;si ciba principalmente di zanzare e ragni, ma anche di altri insetti come falene. Un esemplare adulto è in grado di mangiare fino a 200 zanzare in una notte.

La femmina depone due uova quasi sferiche di circa 1 cm di diametro due volte all’anno intorno ad aprile e a giugno. Le nascite avvengono dopo quattro mesi.

Tarentola mauritanica raggiunge la maturità sessuale in un periodo di tempo lungo se paragonato ad altri rettili, tra i 4 e 5 anni. Alcune volte all’anno cambia la sua pelle, staccandosela, cibandosene. Se non viene disturbato (è totalmente innocuo) riesce a vivere nelle case, ma comunque resta un animale selvatico. È diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo, isole incluse, dalla penisola iberica fino allo Ionio e Creta; in più Canarie e Africa settentrionale. In Italia è presente su tutto il territorio, isole maggiori e minori incluse ma con l’eccezione dell’arco alpino.

Tassonomia. Comprende le seguenti sottospecie

  • Tarentola mauritanica juliae (Joger, 1984)
  • Tarentola mauritanica mauritanica (Linnaeus, 1758)
  • Tarentola mauritanica pallida (Geniez et al., 1999)

Come abbiamo detto, si nutrono generalmente di Artropodi [1], ma le specie più grandi, come Gekko gecko, dell’Asia meridionale, anche di micro mammiferi, piccoli sauri e uccelli. Hanno una lingua carnosa protrudibile e dita provviste di microsetole uncinate le quali consentono loro di camminare su superfici verticali lisce; tegumento rugoso, privo per lo più di scaglie, ma provvisto di tubercoli e piccole spine, occhi sviluppati dalla pupilla verticale e palpebre saldate insieme in una capsula trasparente; possono emettere suoni anche intensi. Sono diffusi dagli ambienti desertici alle foreste tropicali, dal livello del mare fino ad alta quota; in gran parte crepuscolari o notturni, talvolta arboricoli.

Depongono uova con guscio calcareo. Sebbene alcune specie [per es., la tarantola] siano popolarmente ritenute velenose, i g. sono innocui.

Distribuiti nelle zone desertiche, temperate, tropicali e subtropicali di tutto il mondo, con circa 100 generi e oltre 1100 specie, delle quali 4 rappresentate in Italia: il gimnodattilo g. di Kotschyi (Cyrtopodion kotschyi) nell’Italia Meridionale e dalla penisola balcanica fino all’Iran; la tarantola (Tarentola mauritanica), fino a 16 cm, delle regioni costiere del Mediterraneo occidentale, in Italia comune sopratutto sul Tirreno; il g. verrucoso (Hemidactylus turcicus), ampiamente diffuso dal Mediterraneo all’India, in Italia lungo la fascia costiera; il tarantolino.

Geco grigio molto diffuso presente in Europa e Africa.

[1] artropodi (Arthropoda Gravenhorst, 1843) sono un phylum (o tipo) di animali invertebrati protostomi celomati, che comprende circa i 5/6 delle specie finora classificate.

Il fatto che siano state descritte oltre un milione di specie di artropodi (e si stima che ne esistano 5 o forse 10 milioni) dimostra come la loro struttura di base sia versatile e adattabile a diversi modi di vita.

Il termine “artropodi” viene dai termini greci ἄρθρον (àrthron), giunto o articolazione, e ποδόι (podòi), piedi, nel senso di “piedi articolati”.

Gli artropodi si sono originati in ambienti marini e ancora oggi un grandissimo numero di artropodi abita i mari e gli oceani. Molti gruppi si sono adattati anche alle acque dolci.

Alcuni gruppi di artropodi (aracnidi, insetti, ecc.) hanno avuto peraltro un grande successo nel colonizzare gli ambienti terrestri, persino se aridi. Gli insetti hanno infine colonizzato anche gli ambienti aerei, mediante l’acquisizione della capacità di volare, propria in diverso grado di quasi tutte le specie.

Nel giacimento cinese di Chengjiang sono state ritrovate lunghe catene di artropodi antiche almeno 525 milioni di anni, legati l’uno all’altro; sembrerebbe la più remota forma di comportamento cooperativo pervenuto ai nostri giorni. Una delle spiegazioni plausibili per questo comportamento è quella di una migrazione di massa, resa in tal modo più sicura

Quello degli Arthropoda è il phylum più ricco di taxa e che conta il maggior numero di organismi viventi nel regno animale. Tradizionalmente sono riconosciuti quattro subphyla;

  • Chelicerata. Include ragni, acari, scorpioni, limuli e altri organismi caratterizzati dalla presenza di un paio di appendici dette cheliceri.
  • Myriapoda. Include millepiedi, centopiedi e altri organismi con un alto numero di segmenti del tronco molti dei quali portano uno o due paia di zampe.
  • Crustacea. Include aragoste, granchi, gamberi e altri organismi principalmente acquatici caratterizzati dal possedere due paia di appendici preorali (antenne e antennule) e appendici biramose.
  • Hexapoda. Include insetti, collemboli, proturi e dipluri, tutti organismi che portano tre paia di zampe.

Fuori da questi quattro sottotipi, gli artropodi comprendono un certo numero di forme fossili, alcune risalenti al Cambriano, difficili da collocare nella filogenesi del gruppo per la mancanza di una chiara affinità verso un qualsiasi altro gruppo associata a somiglianze con più di uno. I trilobiti rappresentano uno dei più noti esempi di artropodi ormai estinti. Sono un gruppo di organismi marini scomparso durante l’estinzione permo-triassica, nonostante avessero già subito una forte riduzione dopo l’estinzione del Tardo Devoniano.

Alesben B.

 


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