Il numero di Trucioli.it della scorsa settimana titolava: Liguria, nuove costruzioni sulle aree inondabili. L’ing. Cuneo: E’ tradizione del governo regionale di destra o di sinistra. Il dr. Scarpati: Manca studio completo di aree a rischio. Il divario con la Toscana. Ora le reazioni delle associazioni ambientaliste liguri che chiedono il ritiro della delibera di giunta che consente di edificare in aree a rischio inondazione. La Regione con un comunicato respinge le accuse: “Siamo un modello a livello nazionale”. Leggi anche: Liguria maglia nera. Ma non è il Giro d’Italia. E’ la classifica delle regioni per capacità di spesa dei fondi del Piano di Sviluppo Rurale.
“Il nuovo regolamento regionale – riporta il comunicato stampa della Regione Liguria- è in attuazione dei piani di bacino con vincoli e criteri ancora più restrittivi”.
“Regione Liguria rifiuta e respinge con forza al mittente ogni accusa di scarsa attenzione o prudenza rispetto al rischio idrogeologico sul territorio e ritiene del tutto fuorviante e strumentale qualsiasi paragone o accostamento tra quanto sta drammaticamente succedendo in Emilia – Romagna e la nuova disciplina adottata dalla Giunta e ora all’esame del Consiglio. Il regolamento prevede infatti l’introduzione di nuovi vincoli per le costruzioni, secondo criteri ancora più restrittivi non solo rispetto a quanto in vigore fino a oggi, ad esempio per quanto riguarda i servizi essenziali come scuole, ospedali e centri di protezione civile, ma anche rispetto a quelli in vigore in altre Regioni.
La possibilità di intervenire in aree esondabili non viene in alcun modo introdotta con il nuovo regolamento e ogni semplificazione in tal senso è fuorviante in quanto questa possibilità era già prevista nei piani vigenti fino a oggi. Le nuove norme, al contrario, oltre a introdurre nuovi vincoli e disposizioni più stringenti, prevedono che ogni intervento debba essere realizzato in condizione di gestione del rischio: ciò significa che sono consentiti solo alcuni interventi in specifiche e definite condizioni costruttive, così da non mettere in alcun modo a rischio la pubblica incolumità o causare danni a beni pubblici o privati. Le aree a ‘minore pericolosità’ devono essere individuate solo a seguito di studi idraulici accurati e aggiornati, svolti da enti pubblici e validati da Regione e Autorità di bacino. Oltre a questo, il concetto di ‘minore pericolosità’ delle aree esondabili è già presente nelle norme che regolano le possibilità di costruzione in Liguria: non viene introdotto con il regolamento ma esiste dai primi anni 2000, ed è presente anche nei regolamenti di altre Regioni, con criteri meno restrittivi.
“Abbiamo vissuto anni impegnativi ma oggi la Liguria è considerata un modello a livello nazionale per l’efficienza e l’efficacia del nostro sistema di Protezione civile e difesa del suolo – afferma l’assessore regionale Giampedrone – su cui abbiamo investito risorse senza precedenti. Basti pensare all’utilizzo dei fondi di Protezione civile per la prima volta per la ‘resilienza’ e la mitigazione del rischio e non solo per il ripristino dei danni, alla collaborazione ormai consolidata tra i vari Corpi dello Stato, alla Centrale Operativa aperta e integrata con i Vigili del Fuoco oltre che al rapporto costante con i sindaci. Rivendichiamo di essere all’avanguardia su questi temi sui quali di certo non accettiamo lezioni da chi si esprime non sulla base della conoscenza della materia trattata quanto, piuttosto, degli articoli di stampa o, peggio, della strumentalizzazione politica”.
Il piano varato dalla Giunta regionale rappresenta un’attuazione delle disposizioni previste dal Piano di gestione del rischio alluvioni, redatto e approvato dall’Autorità di bacino distrettuale dell’Appenino settentrionale, ente nazionale che dipende dal ministero dell’Ambiente. La norma è già stata validata dall’Autorità di bacino, senza prescrizioni o segnalazioni.
Piano di bacino: le associazioni ambientaliste liguri chiedono alla giunta Toti di ritirare la delibera che consente di edificare anche in aree a rischio inondazione.
“Nella seduta dello scorso 11 maggio la giunta regionale ligure ha approvato uno ‘Schema di regolamento recante disposizioni concernenti l’attuazione dei piani di bacino distrettuale, anche stralcio, per le area pericolosità da alluvione fluviale e costiera in attuazione dell’articolo 91, comma uno ter due della legge regionale 21 giugno 1999 numero 18 adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di ambiente difesa del suolo ed energia’. Lo scrivono le associazioni ambientaliste che chiedono alla giunta Toti di ritirare la delibera che consente di edificare anche in aree a rischio inondazione.
“Su questo schema di regolamento – si legge – la stessa giunta regionale ha chiesto un parere alla commissione consiliare e inviato lo schema al Consiglio Regionale ligure. Le associazioni ambientaliste liguri firmatarie di questo comunicato ritengono quanto proposto un gravissimo errore ed anzi paventano la possibilità di un rischio grave per il territorio, per le abitazioni e per le stesse persone in caso in cui i contenuti di questo regolamento fossero approvati ed attuati.
Siamo ancora tutti scioccati da quanto è avvenuto (e purtroppo sta ancora avvenendo) in Emilia Romagna e nelle Marche: un’alluvione dalle dimensioni enormi dovuta essenzialmente a due fattori:
1) una mancata manutenzione e una mala gestione del territorio con un accentuato fenomeno di cementificazione; 2) la spinta che i mutamenti climatici stanno dando agli avvenimenti meteorologici che si configurano sempre di più come eventi estremi.
Nello schema di regolamento si cerca di far passare il concetto che esiste un rischio minore nel costruire e fare interventi di varia natura accanto a fiumi, torrenti e rivi a secondo della loro portata. Tutto ciò è veramente reso ancora più grave dal fatto che esattamente qualche giorno dopo che la giunta regionale ha approvato questo schema di regolamento sia successo quello che abbiamo sotto gli occhi e che per fortuna questa volta ha risparmiato il territorio ligure, ancora più fragile e ancora più cementificato. Cogliamo l’occasione per formulare tutta la nostra solidarietà e vicinanza alle popolazioni colpite e piangiamo le persone che hanno perso la vita a seguito dei tragici eventi.
Ritornando al regolamento ligure, in particolare sono gli articoli 5 e 6 i più discutibili, introducendo il principio di “minor pericolosità relativa” seppur all’interno di aree a elevata e media alluvione. Si fa passare il concetto che in tali aree esisterebbe comunque una minore pericolosità cosa smentita appunto da quanto avvenuto sotto i nostri occhi in questi giorni. Opere pericolose perché concepite in aree alluvionali come lo Sky Metro in Val Bisagno, oppure il pala Bombrini in Val Polcevera a Genova fino anche i frantoi di inerti lungo le sponde del fiume magra in provincia della Spezia, così come il reticolo collinare spezzino recentemente mappato da uno studio idrogeologico commissionato dal Comune della Spezia, per arrivare a vari progetti edilizi costieri (Varazze e altro) nel levante savonese, potranno essere potenzialmente oggetto di interventi garantiti da queste nuove sottocategorie.
Le associazioni ritengono che non è questo il nuovo modo di vedere il territorio che dovrebbe caratterizzare una politica di prevenzione, di tutela e di regolamentazione delle aree a rischio. Per questo chiedono con forza alla giunta regionale di ritirare questo provvedimento, riservandosi di compiere tutte le azioni necessarie affinché il grado di rischio per il territorio e per le popolazioni non venga ulteriormente alzato nel caso che questo regolamento diventasse vigente.
Ci aspettiamo una risposta seria, da questo punto di vista, da parte della giunta regionale ma anche da tutte le forze politiche che siedono in consiglio regionale. Noi faremo tutti i passi necessari per rappresentare questa nostra posizione”.
Giorgio Di Sacco Rolla, Presidente Italia Nostra Liguria
Santo Grammatico, Presidente Legambiente Liguria
Aldo Verner, Delegato Lipu Liguria
Marco Piombo Delegato, WWF Liguria.
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Aree esondabili, M5S: “Costruire in zone ‘a rischio idraulico limitato’ è pura follia”
“Alla luce del dramma che si sta consumando in Emilia-Romagna, quanto approvato la settimana scorsa da Regione Liguria prende una piega ancora più allarmante: con l’approvazione del Nuovo regolamento regionale, l’Ente vuole dare il via libera a costruire in zone “a rischio idraulico limitato”, producendo apposito documento in un’epoca in cui il rischio idraulico può cambiare nel giro di 1 mese e un piccolo torrentello può trasformarsi in una fiumana inarrestabile con l’arrivo di un ennesimo ciclone tipico di questi tempi. Il tutto in barba a quello che dice non un comitato di ambientalisti, ma la Corte costituzionale sull’edificabilità in aree a rischio geologico o idrogeologico. Si tratta della sentenza n° 245 del 2018 con la quale è stata dichiarata l’incostituzionalità di una legge regionale nella parte in cui consente gli interventi di recupero nelle aree assoggettate dai piani di bacino a vincoli diversi dall’inedificabilità assoluta o qualificate a rischio geologico o idrogeologico diverso da quello elevato, a prescindere dalla conformità di detti interventi con i piani di bacino stessi”. Lo dichiara il portavoce del M5S alla Camera dei deputati Roberto Traversi con il capogruppo regionale Fabio Tosi e il consigliere Paolo Ugolini.
“Quanto approvato nei giorni scorsi dalla Regione Liguria sarà quasi certamente dichiarato incostituzionale – continua Traversi –: il divieto di costruzione a una certa distanza dagli argini dei corsi d’acqua demaniali, imposto da una legge del 1904, ha infatti carattere assoluto e inderogabile. L’articolo 96 della citata legge dispone, è bene ricordarlo, il divieto assoluto di edificare molte tipologie di opere sulle acque pubbliche, loro alvei, sponde e difese. La norma ha lo scopo di tutelare la ragione pubblicistica dello sfruttamento delle acque demaniali; e di mantenere libero il deflusso delle acque scorrenti di fiumi, torrenti, canali e scolatoi pubblici”.
“Il dramma che sta vivendo l’Emilia-Romagna solleva, qui in Liguria, quesiti puntuali sulla gestione del territorio: a fine marzo, ad esempio, chiedemmo all’assessore competente Scajola (con un’interrogazione a risposta scritta) se fosse opportuno avallare, nell’ambito del progetto Restart Begato, una ricostruzione a soli 10 metri da un rio (il Tageli), quando in realtà si dovrebbe rispettare la distanza di 20 metri. Per poter eseguire i lavori, quel rio (completamente tombinato) è stato “declassato” a scarichi di acque bianche. Ora, non ce ne voglia l’assessore, ma siamo proprio sicuri che l’iter scelto sia sicuro? Facile declassare sulla carta: la natura non la si può imbrigliare secondo convenienza”.
“Il Nuovo regolamento regionale è pura follia – dichiara anche Ugolini -: ricordiamo che in Romagna sono tracimati decine di corsi d’acqua, devastando interi territori e peraltro aree simili a quelle che Toti vorrebbe “liberare”. Non l’hanno ancora capito che è inaccettabile, oggi, alla luce dell’imprevedibilità dei fenomeni meteo, parlare di aree inondabili “a minor pericolosità”?, aggiunge Ugolini.
DIFESA DEL SUOLO: PRESIDENTE REGIONE LIGURIA, “NUOVO REGOLAMENTO GESTIONE RISCHIO ALLUVIONI INTRODUCE REGOLE RIGOROSE, GRAVISSIMO E FUORVIANTE ACCOSTARLO A QUANTO STA ACCADENDO IN EMILIA ROMAGNA”
Comunicato stampa della Regione Liguria- “Con il nuovo Piano di Gestione del Rischio Alluvioni, emanato da un organismo governativo come l’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Settentrionale, è stata definita la disciplina di riordino del complesso architrave normativo che regola la gestione del rischio alluvioni sui territori di Toscana, Liguria e Umbria. La Regione Liguria è chiamata a definire sul proprio territorio le regole di dettaglio in campo urbanistico coerenti con il nuovo piano distrettuale: siamo quindi pronti a fare un salto di qualità, garantendo la piena aderenza al piano sovraregionale, la massima precauzione sul nostro territorio, la conoscenza tecnico scientifica come punto di partenza imprescindibile per stabilire la pericolosità delle aree attraverso un unico regolamento chiaro e di semplice interpretazione. È un passo che compiamo memori delle esperienze passate, anche tragiche, che ci hanno fatto alzare il livello di attenzione sulla mappatura del territorio, unendolo ad importati investimenti sul piano della sicurezza del territorio che continueremo a fare anche nel futuro. Si tratta di un piano di gestione ampiamente condiviso con tutti i soggetti coinvolti, sul quale negli ultimi giorni sono state dette cose gravissime accostando arbitrariamente la questione a quanto successo in Emilia Romagna, dove peraltro sono impegnati decine di volontari con la colonna mobile di Protezione Civile”.
Così il presidente della Regione Liguria, durante la presentazione dello schema di regolamento regionale di attuazione del nuovo Piano di Gestione del Rischio Alluvioni dell’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Settentrionale.
“Il nuovo regolamento – continua il presidente – faciliterà l’applicazione della normativa da parte di tutti quegli uffici tecnici che si devono esprimere sui progetti, oltre a garantire la certezza normativa per tutti i soggetti che desiderano investire sul territorio regionale, dalla ristrutturazione di una casa all’impianto di un’azienda. Non si tratta di un atto politico, ma tecnico, nel quale sono stati i tecnici a decidere il da farsi sulla base di quello che è stato compiuto negli ultimi 10 anni in Italia e in Liguria, come normative nazionali e locali, piani di bacino, messa in sicurezza dei torrenti”.
Il Regolamento stabilisce una disciplina rigorosa, chiara e univoca e basa su criteri scientifici e oggettivi non interpretabili, ovvero su studi idraulici dettagliati e validati, la definizione della pericolosità delle aree e i conseguenti divieti, vincoli e criteri da seguire all’interno delle stesse in campo urbanistico e infrastrutturale.
I punti principali sono la piena aderenza alla disciplina di Distretto e la massima precauzione, ad esempio sui divieti che riguardano i servizi essenziali come scuole, ospedali e centri di Protezione civile.
Studi idraulici accurati e aggiornati, proposti da enti pubblici e validati da Regione e Autorità di bacino, come presupposto per stabilire la pericolosità delle aree.
L’univocità e cioè l’applicazione di regole omogenee sul territorio e sostituzione con un’unica disciplina di un groviglio di norme, atti e circolari accumulatesi nel tempo.
La chiarezza, con criteri oggettivi e definiti a priori con minor spazio a deroghe e interpretazioni soggettive e/o qualitative.
“All’interno di questo assetto normativo mutato e di queste nuove previsioni – spiega l’assessore alla Protezione Civile e Difesa del suolo – c’è l’introduzione di alcuni vincoli maggiori rispetto alla disciplina precedente, oltre ad alcune migliori interpretazioni delle zone inondabili che vengono definite con maggiore precisione. Questo non significa permettere di costruire in aree inondabili, ma l’aver aumentato la conoscenza del nostro territorio, mappando aree di rischio che fino a dieci anni fa erano considerate pienamente edificabili. La Fascia P3_0 è una fascia di valutazione di edificabilità in zone a bassa pericolosità, data da un battente idrico del corso d’acqua che non supera i 30 centimetri e una velocità di un metro al secondo. Al di sotto di questa soglia, se c’è uno studio che dimostra che questi dati sono rispettati, si può valutare l’edificabilità: ovviamente non si tratta dei corsi d’acqua principali, che hanno le loro carte idrauliche e lungo i quali rimangono tutti i vincoli previsti. Stiamo facendo incontri con associazioni, sindaci, categorie produttive: nessuno ha rilevato che è una normativa estensiva, anzi alcuni hanno detto che è troppo restrittiva”.
Le nuove norme, oltre a introdurre vincoli e disposizioni stringenti, prevedono che ogni intervento debba essere realizzato in condizione di gestione del rischio: sono consentiti quindi solo alcuni interventi in specifiche e definite condizioni costruttive, così da non mettere in alcun modo a rischio la pubblica incolumità o causare danni a beni pubblici o privati. Le aree a ‘minore pericolosità’ devono essere individuate solo a seguito di studi idraulici accurati e aggiornati, svolti da enti pubblici e validati da Regione e Autorità di bacino. Oltre a questo, il concetto di ‘minore pericolosità’ delle aree esondabili è già presente nelle norme che regolano le possibilità di costruzione in Liguria: non viene introdotto con il regolamento ma esiste dai primi anni 2000, ed è presente anche nei regolamenti di altre Regioni.
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