Una visita a Calstelnuovo Calcea (AT) mi ha fatto pensare ad un viaggio immaginario, da un piccolo paese del Monferrato astigiano verso la storia industriale e artistica di Savona. La scoperta che l’ultimo castellano Stefano Benech è stato il nipote del fondatore dell’omonimo e storico stabilimento di Savona.
di Ezio Marinoni
Il territorio astigiano è punteggiato di paesi e frazioni, spesso in cima a una collina, che compongono naturali paesaggi da cartolina, un toccasana per gli occhi nei giorni di cielo sereno. Castelnuovo Calcea ne è un esempio, sulle colline tra i torrenti Tiglione e Nizza, a 23 km da Asti ed a 9 km da Nizza Monferrato; ha dato i natali, nel 1802, ad Angelo Brofferio (avvocato, giornalista e poeta, illuminista e anticlericale).
Il suo nome è di origine romana: deriva dall’unione tra Castrum Novum e ad calcarias, per la presenza della strada romana che richiedeva spesso lavori di manutenzione e di rincalzo. Dopo l’Impero romano, vi si sono succeduti i Longobardi e i Franchi. Secondo la tradizione popolare, il nucleo originario del paese, che si trovava sulla collina dove oggi sorge il cimitero, viene incendiato da Federico Barbarossa; ricostruito nella posizione attuale, nel XIV secolo diventa possedimento della famiglia astigiana dei Guttuari. Passerà poi al Ducato di Milano e, infine, ai Savoia, dal 1735.
Gli oltre duemila abitanti di inizio Novecento si sono ridotti a poco più di settecento, un destino comune a tanti paesi nell’ultimo secolo. Molte cappelle, di frazioni o campestri, con le loro dedicazioni evidenziano la forte religiosità del passato: S. Rocco, la Madonna di Loreto, l’Annunziata e S. Siro. Quest’ultima venera un santo assai in voga fra il Seicento e il Settecento, molto presente nella diocesi di Pavia, che comprendeva anche Castelnuovo Calcea. Nei pressi di questa cappella si sono trovati antichi resti, risalenti a quando veniva usata per l’isolamento degli appestati.
Il castello è stato costruito dai Marchesi Incisa di Camerana nel 1305; dopo il passaggio ai Visconti (1364), viene distrutto dall’esercito sabaudo nel 1634 per poi essere ricostruito e diventare di proprietà della Repubblica Astese nel 1797, nella sua breve parabola storica e di libertà. In tempi più recenti, esso è stato residenza e proprietà della famiglia Benech, fin verso la fine degli Anni Quaranta del Novecento e il suo ultimo abitante è stato Stefano Benech. Nel 1965, Lodovico Vergano scriveva: «Il castello va in rovina. La sua grande mole rossiccia si erge ancora in cima al colle, oltre le costruzioni costituenti l’abitato, ma se ci si avvicina rivela molti, troppi segni di disfacimento». Oggi, del castello, la cui area è adibita a parco, rimangono solo il portale d’ingresso, alcune mura e un torrione parzialmente ricostruito alla fine del Novecento. Dalla sommità si gode uno splendido panorama su questo scorcio di colline del Monferrato.
Stefano Benech, il citato ultimo castellano (Savona, 1884 – Savona, 1978), è stato un pittore, dirigente sportivo e militare; era nipote di Stefano Benech, fondatore delle fonderie Tardy-Benech di Savona. Stefano Benech “junior” studia al liceo classico Massimo d’Azeglio di Torino e, nel 1897, è tra i fondatori dello Sport-Club Juventus. Il suo ruolo nella storia del club torinese è ricordato e certificato dalla “tessera/ricevuta” scritta a mano del valore di Due Lire che versa per finanziare l’impresa; egli contribuisce alla vita della nuova società sia dal punto di vista organizzativo sia economico pagando, per alcuni mesi, l’affitto dei locali adibiti a “sede sociale” in Corso Re Umberto 32. Dopo gli studi, frequenta l’Accademia Albertina di Torino, allievo di Giacomo Grosso. Esordisce alla Promotrice torinese nel 1903, dedicandosi ai soggetti di caccia od a raffigurazioni di animali, soprattutto di cani. Passa poi al ritratto, rappresentando l’aristocrazia ligure e piemontese, alla pittura di paesaggi ed alla natura morta. Espone alla Promotrice di Genova (1) dal 1913 al 1940, a Torino ed a Milano.
Quale realtà ha rappresentato lo Stabilimento di Savona, fondato dal nonno di Stefano Benech? Era un’azienda metallurgica, con sede a Savona, le cui origini risalgono al 1861 ad iniziativa di Giuseppe Tardy e Stefano Benech (che chiameremo “senior”), originari della Savoia (2). Dotato all’inizio di forni a riverbero per il riscaldamento di pacchetti di rottame e piccoli laminatoi per barre, in pochi anni viene a comprendere anche una fonderia di ghisa, un cantiere per costruzioni in ferro e un’officina meccanica.
Tra il 1880 e il 1885 vengono installati un’acciaieria Martin-Siemens, laminatoi per profilati, rotaie e lamiere. La crisi industriale sopravvenuta intorno al 1890 porta alla temporanea chiusura dello stabilimento che nel 1892 passa alla società tedesca Bochumer Verein, il principale creditore. Ceduto alla Società degli Alti Forni, Fonderie e Acciaierie di Terni, viene ampliato e potenziato e per la sua gestione è costituita la Società Siderurgica di Savona, confluisce nel 1918 nell’Ilva – Alti Forni e Acciaierie d’Italia.
Nel periodo tra le due guerre lo stabilimento viene notevolmente potenziato e ad esso sono aggregati l’officina di Vado Ligure della Ferrorotaie e lo stabilimento di Savona-Fornaci della Ferrobates. Durante il secondo conflitto mondiale tutti i suoi reparti sono gravemente danneggiati. Nel 1946 le sezioni Savona-Fornaci e Vado Ligure sono costituite in unità autonoma sotto la denominazione di “Vado Meccanico”; tra il 1950 ed il 1953 vengono fermati i laminatoi e chiusa l’acciaieria. Entrano in esercizio nuovi reparti e nuove lavorazioni e allo stabilimento savonese viene aggregato, come sezione, quello di Cogoleto che nel 1964 passa alla Tubi Ghisa.
L’elenco delle produzioni qui effettuate alla fine degli Anni Settanta è impressionante: carri ferroviari siderurgici e speciali; staffe, rulli e tamburi per nastri trasportatori; pre-lavorati industriali per utilizzazioni specifiche; getti in ghisa specifici e per lingottiere; ricarica cilindri di laminazione e altri pezzi siderurgici; parti di ricambio per macchinari e impianti siderurgici. Con la crisi dell’acciaio, nel 1980 viene chiusa la fonderia di ghisa ed avviato un programma di razionalizzazione e concentrazione delle attività meccaniche. Il primo novembre 1990 le attività dello stabilimento vengono conferite alla società OMSAV – Officine Meccaniche Savonesi. Nel 1994 anche le OMSAV chiudono e l’area viene ristrutturata e trasformata, passando da industriale a residenziale con la realizzazione, su progetto dell’architetto catalano Ricardo Bofill, del complesso abitativo “Crescent”.
Il senso della ricerca storica suggerisce di approfondire, con un racconto a parte, il tessuto industriale e sociale savonese che ha gravitato intorno a queste importanti attività per l’economia ed il territorio. Alla prossima puntata!
Ezio Marinoni
Bibliografia
Lodovico Vergano – Tra castelli e torri della provincia di Asti – Cassa di Risparmio di Asti -1965
Note- (1) La Società Promotrice di Belle Arti è stata fondata nel 1849 a Genova, le sue esposizioni hanno avuto particolare rilievo nella scuola grigia fra il XIX e il XX secolo. La fondazione avviene il 12 gennaio 1849, per volontà dell’abate Boselli e del numismatico Giovanni Cristoforo Gandolfi, sotto gli auspici del principe Carlo Alberto di Savoia e coi finanziamenti della famiglia Doria Pamphili, con lo scopo di promuovere l’animato movimento pittorico ligure. Già con la prima mostra del settembre 1850 sono ospitati artisti di provenienza e rilievo nazionale e internazionale, con un totale di 174 opere per 82 artisti. Fra questi, i locali Niccolò Barabino, Domenico Cambiaso, Giuseppe Isola, Tammar Luxoro, Marcello Baschenis. Successivamente le esposizioni si spostano presso le sale del foyer del teatro Carlo Felice.
(2) Giuseppe Tardy, nato a Chambery il 20 gennaio 1817, di professione fabbricante in ferramenta; Stefano Benech, nato a Monferrat nel 1825, maestro fonditore, deceduto prematuramente nel 1877. Il primo era la mente imprenditoriale, il secondo l’organizzatore tecnico.