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Cuneo e Caraglio le mostre: Steve McCurry Texture e I colori della fede a Venezia. 2/L’Inferno di Dante in occitano


Ultimi giorni per poter visitare Steve McCurry Texture  al Filatoio  di Caraglio e “I colori della fede a Venezia: Tiziano, Tintoretto e Veronese” al Complesso Monumentale di San Francesco di  Cuneo.

di Luciano Bona 

Due mostre che in questi mesi hanno portato a Cuneo migliaia di attenti e “ interessati” visitatori  che al Filatoio  hanno potuto ammirare  uno dei più antichi setifici meglio conservati d’Europa e i preziosi tessuti della Fondazione Antonio Ratti.   E la galleria dei famosi ritratti di Steve McCurry e,  al  s. Francesco di Cuneo , I colori della fede a Venezia: Tiziano, Tintoretto e Veronese” per la prima volta, l’una accanto all’altra, cinque grandi pale d’altare dei maestri del Rinascimento veneto Tiziano Vecellio, Jacopo Robusti detto il Tintoretto e Paolo Caliari detto il Veronese, provenienti da altrettante chiese veneziane su un  progetto espositivo promosso da Fondazione CRC e Intesa Sanpaolo.                                     Domenica 26 febbraio ultimo appuntamento al Filatoio di Caraglio per visitare la mostra Steve McCurry Texture  che indaga il rapporto intrinseco tra l’essere umano e il modo di vestire, acconciarsi e apparire. Il celebre fotografo umanista americano, attraverso il suo potente obiettivo, accompagna i visitatori in un viaggio che documenta etnie, popoli e culture differenti.  Cento scatti selezionati, tra immagini iconiche e fotografie inedite, in un percorso espositivo in grado di dialogare profondamente con l’anima del Filatoio , uno dei più antichi setifici meglio conservati d’Europa, e i preziosi tessuti della Fondazione Antonio Ratti.

Una narrazione che parte da una sezione dedicata al tema della manifattura e della produzione e prosegue con una galleria dei più famosi ritratti di Steve McCurry, in cui i soggetti ripresi esprimono con fierezza il loro “essere” tanto nei ricchi abiti tibetani quanto nelle più semplici vesti dei rifugiati afgani, come nel caso dell’icona Sharbat Gula. L’esposizione, infine, consente di ritrovare tutte le più celebri fotografie di McCurry in una vera e propria retrospettiva dei suoi molteplici progetti.                                                                                                  Nel  Complesso Monumentale di San Francesco a Cuneo (Via Santa Maria, 10), viene proposto il  progetto espositivo “I colori della fede a Venezia”,: curata da don Gianmatteo Caputo e Giovanni Carlo Federico Villa resterà aperta al pubblico fino a domenica 5 marzo 2023 e offre per la prima volta l’una accanto all’altra cinque grandi pale d’altare dei maestri del Rinascimento veneto Tiziano Vecellio, Jacopo Robusti detto il Tintoretto e Paolo Caliari detto il Veronese, provenienti da altrettante chiese veneziane.  In questa esposizione sono presenti alcuni fra i più grandi capolavori che la Chiesa veneziana possiede, sia per importanza sia per dimensione, opera dei suoi artisti sublimi e più rappresentativi.  La mostra vuole offrire un’occasione di approfondimento del ruolo di queste grandi opere nel loro contesto veneziano e far comprendere appieno al visitatore l’importanza epocale del dialogo artistico svoltosi tra Tiziano, Tintoretto e Veronese.

La mostra si apre con una sala dedicata a Venezia, che sottolinea il suo ruolo e quello della Repubblica Serenissima quale ‘porta del mondo’, con i suoi commerci e la sua diplomazia. Il percorso espositivo entra quindi nel vivo nella sala principale, dove ognuna delle cinque opere trova casa in altrettante cappelle.  La prima opera è l’“Annunciazione” (1563-1565) di Tiziano e proviene dalla Chiesa di San Salvador… Del Veronese vengono presentate il “Battesimo di Cristo” (1560-1561) dalla Chiesa del Redentore e la “Resurrezione di Cristo” (1560 circa) dalla Chiesa di San Francesco della Vigna. Di Tintoretto vengono esposte l’“Ultima Cena” (1561-1566), dalla Chiesa dei Santi Gervasio e Protasio detta San Trovaso, che sottolinea i valori comunitari e l’umanità divina, propone la sapienza e l’umiltà, l’incrollabilità della fede opposta all’umana debolezza. Tintoretto l’allestisce con toni teatrali e gusto popolaresco, con elementi di inconsueto realismo. Tra questi l’ambientazione, un’umile locanda con la tavola dimessamente apparecchiata, le sedie sgangherate e il pavimento sporco. Ma soprattutto gli apostoli hanno i volti dei veneziani che si incontrano nelle calli, i mercanti e i maestri d’ascia che lavorano negli squeri sulle fondamenta di Ognissanti. ..   e la “Crocifissione” (1560 circa) dalla Chiesa di Santa Maria del Rosario detta dei Gesuati.  Due delle opere esposte, il “Battesimo di Cristo” del Veronese e la “Crocifissione” di Tintoretto sono state restaurate nell’ambito di edizioni passate di Restituzioni, il programma di restauri curato e gestito da Intesa Sanpaolo.  Domenica 5 marzo, ultimo giorno di mostra, ore 17.00 nel Complesso Monumentale di san Francesco  Cuneo verrà  proposto  “Mirabile Mysterium – Concerto di musica vocale del Rinascimento Veneziano “ a cura di Elena Camoletto e Barbara Zanichelli  Conservatorio di Musica  G.F. Ghedini .  Esecuzione dal vivo di musiche vocali di autori  del Rinascimento veneziano.   Un concerto itinerante tra le opere in Mostra.

Luciano  Bona

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L’Inferno di Dante in occitano

 di Luciano Bona  

Ent ‘ou mèch dou viage de nostro vito / me siou retroubà atravèrs  na sèlvo ‘ scuro,/  avìou perdù la vio justo. /    Ahi coumo es dur’ navizar coum’èro /  aquesto sèlvo sarvajo  engroumishelà e da mar traversar /   que mac a la navizar  fai dreishar lou peèl ./ Es tarament  afrouzo que la moùort  es gairi de mai;/ ma per devizar dou ben que i ài  troubà, / dizarèi ‘es àoutrous càouzous que ài vist aqui ….. (Nel mezzo del cammin di nostra vita/mi ritrovai in una selva oscura, ce la dritta via era smarrita./Hai quanto a dir qual era è  cosa dura/esta selva selvaggia e aspra e  forte/ce nel pensier rinova la paura!/Tant’è amara che poco è più morte,/ma per trattar del benc’ivi trovai, /dirò de l’altre cose ch’ì v’ho scorte….)      “Il 26 agosto 2014 –- scrive Valter  Giordano traduttore de “L’inferno di Dante”  — ho iniziato a tradurre  nella lingua che si parla tutt’ora nella frazione   Podio Sottano di Vinadio , il canto XIII dell’inferno di Dante … Il 13 agosto 2018 ho concluso il mio lavoro traducendo tutto l’Inferno…”  E’ nato così  “ Lou  viage”   L’Inferno di Dante in occitano .  Uno stupendo “viaggio”  … in una notte invernale  della mia vita e  mi sono comportato come un qualsiasi albero non sempre verde, le foglie erano volate via  ma non era il caso di rimpiangerle dovendo affrontare la neve, il vento freddo. Ho  iniziato a tradurre questi 34 canti  partendo da quelli che mi piacevano di più per l’amore per Dante e per la mia lingua “naturale”,quella che non si impara a scuola ma dalle labbra di chi ci da i primi bacetti e ci insegna a “ nominare” il mondo e …  mi aveva lasciato in eredità  un’ottima lingua .  … Ultimata la fatica l’avrei tenuta nel cassetto  tra “ le memorie dei  tempi grami” sapevo di non avere alcuna pretesa  se non quella di preservare , almeno in piccola parte una lingua che sta morendo.  Ma ,nel corso del 2021,in occasione dei 700 anni dalla morte di Dante,è parso quantomeno curioso il  tentativo di uscire dal primitivo cassetto,  poi  la grafia del testo, scritta inizialmente “ad orecchio”, come dice l’autore nella presentazione, è stata curata da Andrea Celauro, il quale ha reso il testo in grafia concordata o “Escolo dou Po” e nella sua introduzione e note  descrive ampiamente le caratteristiche riguardo alla stessa …Pare che La Divina Commedia non smetta di stupire. Che, per la simbolicità degli eventi narrati, o la sublime capacità e conoscenza del suo autore, come una sorgente generosa e inesauribile, continui a calmare la sete dell’uomo. Ma il suo percorso letterario non è terminato. Dopo secoli di traduzioni in molte lingue – nell’ambito di lingua d’oc quella in provenzale di Jean Roche nel 1967 – l’imponente opera del sommo poeta si è posata sulla scrivania di un uomo che, appassionato di essa ne ha tentato la traduzione nella lingua che ha sempre parlato in famiglia, alla sua maniera, o meglio “a nòstra mòda”, alla nostra maniera come si diceva per definire l’idioma impiegato abitualmente nella vita sociale e familiare della valle in cui è nato.   “ Il Lavoro” molto interessante dal punto di vista linguistico, lo splendido dialetto della frazione Podio Sottano di Vinadio, in Valle Stura, anch’esso, come il poema di Dante, fonte generosa di termini ed espressioni, testimoni tanto della varietà quanto dell’unità della lingua  offre un “documento” unico, un piccolo cadeau da conservare gelosamente nella nostra biblioteca e nel cuore…

Valter Giordano (Traduttore) &Andrea Celauro (Curatore) Lou viage.  Primalpe Editore Pagine 352 Euro 19.00

Luciano Bona


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