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Noberasco prima crisi dalla fondazione. 84 milioni di debiti con le banche


Un articolo del Secolo XIX, a firma di Francesco Margiocco, di venerdì 27 gennaio 2023 nella pagina nazionale dell’economia. La crisi della Noberasco. 84 milioni di debiti con le banche, 3 milioni di perdite registrate nell’ultimo bilancio. Il consiglio di amministrazione si è dimezzato. Resta amministratore delegato Mattia Noberasco e l’ottimismo nel risanamento.

Per risalire la china l’azienda ha deciso di affidarsi a un uomo di fiducia, Antonio Cellie, amministratore delegato della Fiere di Parma Spa e, da dicembre, anche consigliere delegato di Noberasco con ampi poteri.

Per uscire dalla crisi la fabbrica savonese di frutta secca assume al suo vertice l’amministratore delegato della Fiere di Parma spa, Antonio Cellie

IL SECOLO XIX

Noberasco: troppi debiti, dimezzato il cda
Arriva un manager esterno per il risanamento
il caso- Francesco Margiocco / Genova. In due mesi il consiglio di amministrazione di Noberasco si è dimezzato. Ne sono usciti Gian Benedetto Noberasco, per più di vent’anni presidente e amministratore delegato della società, Manuel Villa, figlio di Marina Ines Noberasco, Alessandro Gandolfo, ex responsabile finanziario, e Roberto Schiesari, consigliere senza deleghe e docente di economia aziendale all’Università di Torino.
A 114 anni dalla sua fondazione, l’azienda savonese leader italiana nel settore della frutta secca attraversa la crisi più grave della sua storia. Nel suo bilancio chiuso a giugno del 2021, l’ultimo depositato, registrava perdite per 3 milioni e altri 84 milioni di debiti con le banche che per due terzi, 56 milioni, erano esigibili entro l’anno successivo. Per risalire la china l’azienda ha deciso di affidarsi a un uomo di fiducia, Antonio Cellie, amministratore delegato della Fiere di Parma Spa e, da dicembre, anche consigliere delegato di Noberasco con ampi poteri. Le deleghe che la famiglia gli ha affidato, e che ha messo a verbale, vanno dalla «programmazione e pianificazione» dell’azienda al definire «eventuali riorganizzazioni e razionalizzazioni» della società, passando per il «proporre le transazioni con il personale dipendente», gestire i rapporti con i sindacati e «proporre acquisizioni e dismissioni di partecipazioni». Di fatto è un amministratore delegato anche se quel ruolo continua ad essere di Mattia Noberasco. Alla richiesta, del Secolo XIX, di un’intervista sui suoi piani per l’azienda, Cellie ha risposto con un no grazie: «Sono certo che Mattia potrà fornire tutti i dettagli». Mattia Noberasco, a sua volta, ha preferito rispondere tramite l’ufficio stampa che ha motivato la nomina di Cellie «in quanto il consiglio e la famiglia hanno visto in lui le caratteristiche di imprenditore atte a gestire il momento contingente». Dai verbali dell’assemblea dei soci risulta che Cellie collaborasse con l’azienda da tempo per la pianificazione commerciale. «Attualmente – scrive ancora l’ufficio stampa – la figura di Antonio Cellie è quella di CRO» che è la sigla di “chief revenue officer” una figura che ha il compito di massimizzare i profitti aziendali e perciò coincide in gran parte con quella dell’amministratore delegato. Noberasco, intanto, è notizia dei giorni scorsi, ha avviato la procedura di composizione negoziata della crisi, con un esperto, il commercialista Giampaolo Provaggi, nominato dalla Camera di commercio per affiancare l’amministratore delegato e il “cro” nelle trattative con i creditori. La composizione negoziata, scrive l’ufficio stampa, «dovrebbe consentire di risanare la società in breve tempo». Il primo risultato chiaro della nuova gestione è stato, tre giorni fa, la firma della cassa integrazione straordinaria per crisi che riguarderà 76 dipendenti su 151 totali, e sarà a rotazione. Sulle strategie per il rilancio della produzione e sul rientro del debito, la nota dell’ufficio stampa ripete le dichiarazioni rilasciate da Mattia Noberasco nella sua intervista sulle pagine savonesi del Secolo XIX del 6 gennaio: «L’attuale situazione vede la famiglia impegnata in un piano di ristrutturazione» e in una «riorganizzazione aziendale che prevede inizialmente il solo utilizzo della cassa integrazione, che ad oggi non è mai stata richiesta nella storia dell’azienda».Noberasco fattura 110 milioni l’anno ma ha una marginalità, differenza tra valore e costi della produzione, molto bassa quando non negativa: più 1,3 milioni nel 2020, meno 380 mila euro nel ’21. Il patrimonio, nonostante i 3 milioni di perdite, è di 7 milioni grazie alla rivalutazione del marchio Noberasco che l’azienda ha commissionato a un perito e che è stata iscritta a bilancio per 10 milioni. «Nel nostro caso il marchio non era stato mai rivalutato in 114 anni», spiega l’ufficio stampa.Il marchio Noberasco fa parte della storia dell’industria alimentare nazionale. I suoi datteri sono una tradizione natalizia italiana, e non solo. La sua storia comincia nel 1908, ad Albenga, come “Ditta individuale Benedetto Noberasco” per raccogliere e confezionare i prodotti ortrofrutticoli italiani. Benedetto Noberasco intuisce nell’industrializzazione e nella diffusione dei mezzi di trasporto le prospettive che si aprono sui mercati internazionali. Molto dopo, nel luglio 2017, i suoi eredi hanno inaugurato la nuova sede, a Carcare, in uno stabilimento costato 60 milioni e costruito secondo i canoni dell’industria del futuro: a depositare i colli di frutta fresca nelle celle frigorifere, a prelevarli per la messa in lavorazione e a stoccare i prodotti in magazzino per poi caricarli sui camion, sono dei robot. Sono passati cinque anni e mezzo e in questa crisi si diffondono le voci sulla messa in vendita dell’azienda, che però smentisce: «Non sono che voci. Abbiamo presentato un Piano di Risanamento che non prevede l’ingresso di nuovi soci e punta sulla continuità della famiglia».

 


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