Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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La politica dimentica la Costituzione e lo spirito di umanità. Soprattutto in campo sanitario. La svendita ai privati. E 36 Comuni liguri non potranno contare neppure sul servizio territoriale


In Riviera stiamo ancora leccandoci le ferite, inflitte da una cementificazione selvaggia che ha devastato le meravigliose coste ed i paesaggi di una <terra leggiadra> e constatiamo che la politica si è orientata verso nuovi territori da destinare al saccheggio.

di  Gianfranco Barcella

Il presidente della Regione Toti con il neo assessore alla Sanità ligure Gratarola e l’on Rixi.

E’ stato preso di mira il comparto della sanità, prima voce di spesa nel bilancio di tutti gli Enti Regionali i quali stanno puntando alla svendita ai privati dei servizi socio-sanitari più remunerativi di interi ospedali e policlinici. Pian piano si arriverà alla cessione a gruppi imprenditoriali molto sensibili al profitto.

Il tutto è stato ispirato, culturalmente, dal modello neo – liberista delle privatizzazioni, come predicato dai discepoli di Milton Friedman che anche in Italia ha trovato terreno fertile prima di tutto sotto il cielo di Lombardia, <così bello quando è bello>. Già nel 1995 la presidenza di Roberto Formigoni ha avuto una fine ingloriosa seguendo questo modello. Infatti il <Celeste> è finito in carcere per corruzione, condannato in via definitiva nel processo per il crac delle fondazioni Maugeri al San Raffaele di Milano. Non vorrei che la sua vicenda invece di essere stata stigmatizza avesse fatto scuola, mostrando ai politici più spregiudicati la via maestra per facili guadagni. Se così fosse il mio assunto risulterebbe vero ed incontestabile. Però resta ormai acclarato senza tema di smentita che ci sia una ignobile insensibilità verso i meno abbienti per i quali il diritto alla salute non è più  garantito, avendo ridotto le prestazioni dei servizi sanitari pubblici, decadenza che ha raggiunto i picchi di inefficienza mortale con la pandemia da Covid 19. Questo, ormai, è un fatto certificato. E tutti i buoni propositi di inversione della tendenza, manifestati in quel biennio infausto, pare siano stati rapidamente accantonati.

La presa sul business – salute pare non ridursi. Si cerca di mutare il lessico del messaggio con il quale si comunica il ritiro dello Stato dall’area della Salute Pubblica come una scelta imposta dall’evoluzione tecnologica. Il tecno-credente crede alla risoluzione dei problemi intraprendendo la scorciatoia dei sensori, del cloud computing, dei big data e dei  robot con la faccina simpatica. E così pian piano si elimina la capacità umana nella relazione di cura, il lavoro ingegnoso con quello meccanicamente efficiente. Si dimentica che la politica del labour saving però ha molti effetti negativi: la deindustrializzazione e la dipendenza dai fornitori esteri (ne abbiamo patito gli effetti, tra l’altro, con la mancanza di mascherine anti-covid 19).

Temo che si passi presto dallo sfruttamento del lavoro all’esclusione dal lavoro stesso.  Oggi si parla di sanità 4.0 con un’eccessiva fumosità del linguaggio. E un house organ di Confindustria ci propina la meraviglia del progetto per il primo centro di medicina computazionale e tecnologica, finalizzato al trasferimento sulla clinica dei risultati della ricerca generati dall’applicazione del calcolo computazionale ai modelli biologici. Questo slang futuribile e per molti incomprensibile non può distoglierci dal fatto che resta indispensabile l’approccio umano e clinico del medico, in scienza e coscienza, al letto del paziente. E questa buona pratica non potrà essere sostituita da alcuna macchina dalla capacità sintattica dell’Intelligenza Artificiale di elaborare catene di tassonomie, processando informazioni.

Al massimo la medicina-computazione può standardizzare gli approcci  alla cura nella logica dei grandi numeri, tanto apprezzati dal  business. Ma è anche un ulteriore contributo alla disumanizzazione in atto, in questo tempo nel quale si mercifica ogni vivente. Intanto si è parlato, fino a pochi mesi fa, di fallimento della politica sanitaria del governo della Regione Liguria. La giunta ha cercato di spostare i problemi dirottando soldi e pazienti sul privato senza intervenire massicciamente sugli ospedali, al collasso, nonostante l’impegno estenuante dei medici e degli operatori sanitari. Si era programmato e proclamato l’azzeramento delle liste d’attesa senza una strategia vera per tutelare la Sanità Pubblica ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Resta ancora incompiuto il piano di valorizzazione della salute mentale. I pediatri scarseggiano in modo preoccupante e molti medici di medicina d’urgenza sono costretti a turni estenuanti di lavoro con il rischio di abbassare la loro soglia dell’attenzione che può essere foriera di errori diagnostici e prognostici.

Alcuni lavorano fino a 68 anni ed oltre e si dicono molto appagati di poter svolgere ancora la loro missione, ma sono perle rare. Sull’altro versante i pazienti  danno segni di sempre minore sopportazione di fronte ai tanti disagi, reagendo con aggressioni verbali ed anche fisiche  nei confronti del personale sanitario. Si stima che in Italia,  un terzo dell’utenza della sanità pubblica abbia già reagito in modo aggressivo, sia sul piano verbale che fisico, alle carenze del pubblico servizio sanitario. A Genova citiamo solo alcuni esempi di <sanità invalida>.Tra la collina degli Erzelli e l’ospedale Villa Scassi corrono sei chilometri della convulsa viabilità genovese. Sull’altura dei grattacieli hi tech ci sono le transenne e lenzuoli bianchi che presentano la seguente scritta: “Area nuovo ospedale del Ponente!”. E dietro appare un’area brulla. Più in basso, a Sampiardarena, al culmine di una tortuosa strada che porta all’ingresso di Villa Scassi, incubo dei mezzi pubblici e delle ambulanze, si incontra un’altra transenna davanti all’ingresso principale. Si lavora! Sulla sinistra c’è l’edificio moderno del DEA, il dipartimento di emergenza, inaugurato nel 2001. E’ uno dei punti più delicati della sanità genovese. Si sono contati 100 pazienti al giorno in attesa di essere trattati con due soli medici a far fronte alle incombenze terapeutiche. La crisi dei sanitari è drammatica. Una ricoverata ha confessato: “Ho atteso ore,dalle 12 alle 19 per essere visitata, in codice arancione. Poi ho trascorso 4 giorni in barella in attesa del responso prima di essere dismessa”. Non è l’unica testimonianza di questo genere. Abbiamo dovuto anche constatare alla sospensione per mesi degli interventi chirurgici già programmati all’ospedale San Martino di Genova. Non si riescono a garantire neppure le cure d’urgenza a tutti, per carenza del personale. Sarà un lavoro lungo e problematico quello che servirà per riportare un clima di serenità e di efficienza nell’ambito della sanità pubblica.

La Liguria purtroppo è tra le nove regioni d’Italia, colpite dal fenomeno della<desertificazione> sanitaria ed in particolare sono <malate> le province di Imperia, Savona e La Spezia. Il fondo del PNNR prevede soltanto che il 16% delle Case della Salute e del 17% degli Ospedali di Comunità, previsti per i prossimi anni siano stati pensati per le zone periferiche e più  difficoltose da essere raggiunte. Sul totale di 1413 case di comunità solo 508 saranno attivate nelle aree interne, lasciando circa 5 milioni di Italiani senza alcun presidio sanitario. Per la precisione 36 comuni periferici liguri non potranno contare su alcun servizio territoriale, programmati grazie al PNRR. Così come non è stata prevista la costruzione di alcun ospedale di comunità. Si sottolinea ancora una volta il diverso trattamento dei cittadini italiani, riguardo ai servizi sanitari, a seconda della loro collocazione regionale! E poi c’è stato, come già sottolineato in precedenza, il continuo processo di privatizzazione degli stessi, unitamente ai tagli dei fondi per la sanità pubblica a dare il colpo di grazia.

Dopo due anni di covid 19 si è compreso che gli ospedali hanno tenuto a mala pena nella lotta contro la pandemia ma molti medici di famiglia sono rimasti impelagati nella ragnatela burocratica. Ed ora si prevede che entro cinque anni dai 37.000 ai 45.000 sanitari andranno in pensione e 3.000.000 di Italiani resteranno privi delle cure del medico di famiglia. Si chiede a viva voce di ridefinire in Italia la disciplina che regola l’attività dei sanitari di base.

A Savona intanto per sopperire alle lunghe liste d’attesa per effettuare radiografie, ecografie, risonanze e tac la Regione Lguria ha previsto di acquistare dal privato accreditato, le prestazioni per abbattere i tempi. Purtroppo il savonese si ritrova l’unica realtà ligure a nervi scoperti. Infatti in provincia sono ridotti al lumicino gli studi privati che possono aiutare a superare gli arretrati dell’epoca Covid. 19. E’ un primato negativo che il Savonese condivide con l’Imperiese. Esistono 50 mila esami diagnostici da recuperare. Sono ridotti al lumicino anche gli studi privati. E il piano Alisa parte zoppo. Il problema delle liste d’attesa resta uno dei talloni d’Achille più difficili da affrontare per la sanità ligure. Ci sono esami e visite che vengono fissati a oltre un anno di distanza e ben al di là delle richieste del medico. Addirittura una paziente che ha richiesto una visita dermatologica per il controllo di nei sospetti, ha ricevuto come risposta: 29 gennaio 2024! Una richiesta urgente per proctorraggia ha ottenuto accoglienza per il 2 ottobre 2023 a Lavagna. E pensare che i melanomi ed i tumori al colon retto sono i più rapidi nel loro decorso fatale. Fuori dai casi particolari, nel monitoraggio dei tempi <minimi> di attesa nell’area metropolitana genovese operato giornalmente da Asl3 (è una fotografia del giorno, non una media), risultano alcuni esami che sforano abbondantemente i limiti previsti: 72 giorni per un’ecografia ostetrica<b> (deve essere garantita entro 10 giorni), 115 giorni per una visita gastroenterologica, 158 per una cardiologica, 79 per una visita di medicina fisica e riabilitativa. La Asl ricorda che è in funzione un  numero verde a cui rivolgersi quando la richiesta del medico secondo la classe di priorità indicata non viene soddisfatta: in molti casi la disponibilità viene fuori.

Un discorso a parte. Un discorso a parte merita l’area della gastroenterologia. “Il problema della gastroenterologia-afferma l’assessore alla Sanità Ligure Gratarola– è conosciuto. E’ stato iniziato da qualche tempo un’interlocuzione con il mondo gastroenterologico per avere intanto una fotografia della situazione attuale delle capacità erogative, degli eventuali spazi di potenziamento. Il tutto è stato fatto nell’ottica di garantire da un lato la risposta agli screening per la patologia neoplastica al colon retto, dall’altro i controlli di patologie note, oltre all’emergenza-urgenza in questa disciplina”.

Alisa recentemente ha diffuso un comunicato, vantando un aumento nel corso del 2022 di oltre 140 mila prestazioni sanitarie, rispetto all’anno precedente. Prime visite, interventi,esami diagnostici sono cresciuti per effetto del piano <Restart>. Ma i livelli del 2019, pre – pandemia, devono ancora essere recuperati in alcune discipline. E la carenza di personale del comparto sanitario influisce anche sui tempi. In pratica, le Asl non sono riuscite ad utilizzare parte dei soldi erogati dalla Regione che ha destinati parecchi, come già ribadito, sulle strutture private. L’ultimo maxi appalto di prestazioni, di oltre 6,5 milioni di euro per il 2023, è stato però oggetto di un ricorso al TAR del gruppo Casa della Salute. Secondo gli uffici regionali, però, questo ricorso non dovrebbe sospendere l’assegnazione, avendo come oggetto solo l’accesso agli atti. Intanto i dipartimenti dell’ASL1 lavoreranno in sinergia con quelli dell’ASL2 di Savona per rendere più efficienti i servizi e sopperire alla necessità di personale e soprattutto rispondere prima e  meglio alle richieste dei cittadini. Si comincerà dalle liste dei dipartimenti chirurgici, favorendo anche il lavoro ordinario dei reparti. E si estendono le possibilità di vaccinarsi anche per i bebè al 3° e 5° mese di vita.

Gianfranco Barcella 

SANITA’, OSPEDALE DI ALBENGA: COSTITUITO IL GRUPPO INTERAZIENDALE PER LA GESTIONE A PIENO REGIME. PRESIDENTE TOTI: “CONTINUA IL PROCESSO DI RAFFORZAMENTO”

COMUNICATO STAMPA – GENOVA. La Giunta regionale, su proposta dell’assessore alla Sanità Angelo Gratarola, ha deliberato l’istituzione del comitato interaziendale per la valutazione della fattibilità della proposta di partenariato pubblico privato, con l’utilizzo del project financing, per la gestione a pieno regime dell’ospedale Santa Maria di Misericordia di Albenga.
“Prosegue come previsto il percorso di rafforzamento dell’ospedale di Albenga – dichiarano il Presidente Giovanni Toti e l’assessore alla Sanità Angelo Gratarola – Questo gruppo di lavoro è un ulteriore passaggio per dare risposte sempre più efficaci ed efficienti al territorio ingauno.
Come sottolineato più volte l’ospedale è e rimarrà pubblico, ospiterà un ospedale di Comunità e una Casa di Comunità come previsto dal Pnrr. E’ poi nelle mani del ministero la richiesta già formulata da Regione Liguria per istituire sempre ad Albenga un Punto di Primo Intervento (PPI) con apertura dodici ore al giorno nel periodo da ottobre a maggio e 24 ore al giorno da giugno a settembre”.
A coordinare il Comitato interaziendale, costituto da componenti di Asl 1, Asl 2, Alisa, Dipartimento Salute e Servizi Sociali, Direzione generale finanza, bilancio e Controllo di Regione Liguria, sarà Giorgio Sacco (Dipartimento Salute). Il Comitato dovrà presentare il report sull’attività svolta con relativi risultati entro il 31 marzo 2023. -

 


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G.F. Barcella

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