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Liguria e Basso Piemonte

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La Cassazione legifera nella raccolta di funghi e tartufi. Più potere ai Parchi


Gli abitanti rurali dei nostri Parchi Nazionali e Regionali sempre più “espropriati” dei propri diritti ?

di Franco Zunino*

La Cassazione in una recente sentenza ha stabilito che nell’ambito dei Parchi la raccolta dei funghi e dei tartufi è soggetta alle leggi dei Parchi e non già a quelle regionali che regolamentano queste pratiche. Non è che sia propriamente una bella notizia per gli abitanti locali (anche se potrebbero esserci crismi di incostituzionalità), in quanto la raccolta dei funghi e tartufi fa parte dei diritti inalienabili di uso civico delle collettività locali, ma anche dei diritti di proprietà terriera.

Certamente la sentenza si presenta giusta per tutti gli altri utenti, ma la Cassazione sembra non aver fatto eccezioni per gli aventi diritti per le ragioni suddette. Certo è che ora, oltre alla caccia, la cui pratica si basa però sul fatto che la selvaggina è res nullius, ovvero in Italia non appartiene a proprietari dei fondi bensì allo Stato, diverso è il discorso per i funghi e tartufi (ma anche altre risorse del cosiddetto sottobosco; perché se la regola vale per i funghi e tartufi è ovvio che la si possa estendere anche agli asparagi selvatici, ai frutti del sottobosco, agli spinaci selvatici e lattughe varie!).

Ecco, quindi, se ancora ce ne fosse bisogno, che questa sentenza è un’allerta a quegli amministratori locali che approvano o, peggio, richiedono, l’inserimento dei loro Comuni nell’ambito di aree protette ai sensi della legge 394/1991. Una nassa sempre più stretta! Dalla quale, appunto, una volta entrati non si esce più, e i diritti persi sono persi per sempre! Purtroppo, questo è quello che succede nella nostra democrazia incompleta, e alla barba della Costituzione più bella del mondo!

LA PESTE SUINA AFRICANA – Come dice il proverbio, la verità finisce sempre per venire a galla. E così sta succedendo per la peste suina africana il cui focolaio è esploso tra Liguria e Piemonte (Savona ed Alessandria) che, peraltro si sta sempre più allargando: ed è ormai trascorso oltre un anno dalla prima segnalazione! Il che la dice lunga sull’inefficienza italiana. Perché? Semplice: al primo allarme si sono scatenati gli animalisti ed anticaccia per la paura che si dovesse (come si sarebbe dovuto!) fare una strage di cinghiali per fermare l’epidemia (come hanno fatto in Ungheria, e con successo!). Ed ecco che hanno proposto il solito palliativo inefficace (praticamente un’esca per i politici!) che caratterizza le soluzione da sempre proposte dagli animalisti pur di non dover uccidere animali: costruire una mega recinzione attorno alla regione infetta. Ovvio che per una tale opera servivano milioni di euro; ed ecco allora che i politici (compresi quelli vicini ai cacciatori!) hanno subito abboccato, perché a sentire parlare di opere, appalti e progetti a loro luccicano sempre gli occhi. Ora, si ripete, a distanza di oltre un anno si scopre che quella recinzione non è servita a nulla, che sono stati soldi buttati al vento (tasche di qualcuno!) milioni di euro, mentre la peste suina è sempre più invadente. Bisognava intervenire subito con abbattimenti massicci e il più rapidamente possibile, a costo di abbattere anche tanti animali sani (che comunque male non avrebbe fatto, visto che i cinghiali vanno ridotti di numero, e drasticamente). Un’altra soluzione poteva essere, quella di spendere soldi a mettere in sicurezza gli allevamenti di suini anziché puntare a mettere in sicurezza i cinghiali! Cosa che non sarebbe stato facile a farsi, ma neppure troppo difficile, e forse si sarebbe anche speso di meno. Ora resta da chiederci: chi smantellerà quell’obbrobrio di inutile recinzione lunga centinaia di chilometri?

Ormai non c’è media che non tratti dell’argomento cinghiali, e quasi tutti fanno scrivere non già gente competente della materia, ma illustri scrittori e uomini di cultura che nulla sanno della fauna selvatica: ovviamente quasi tutti schierati dalla parte degli animalisti e tutti contrari ad ogni forma di abbattimento. Nessuno che si chieda, almeno col beneficio del dubbio: ma questi cinghiali smetteranno mai di crescere? Per non dire poi della colpa della loro crescita, che per loro non è mai quella biologica che non frena alcuna specie (neppure l’uomo!), ma sempre dell’uomo che gli procura cibo nei centri abitati (spazzatura e cassonetti). E invece il problema vero è semplicemente proprio creato dalla biologia: ovvero, i cinghiali sono troppi perché si riproducono più della norma, e perché gli uomini che un tempo li tenevano bassi di numero, oggi non lo fanno più. Neppure i cacciatori. Perché per loro più cinghiali ci sono più ne possono abbattere… e vendere poi la carne alla borsa nera! Ecco, hanno ragione i contadini a lamentarsi, le cui associazioni hanno addirittura richiesto l’intervento dell’esercito per fare quello che i cacciatori non vogliono fare e gli animalisti non vogliono che si faccia. In realtà la cosa più saggia da farsi è di creare una filiera della carne, ovvero autorizzare il commercio della carne di selvaggina, e allora si vedrà come anche i cacciatori torneranno a fare il loro “dovere” (si fa per dire!) e come i cinghiali torneranno presto a popolazioni in equilibrio, per cui non avranno più bisogno di scendere a razzolare nei cassonetti per alimentarsi ma sarà per loro sufficiente il cibo naturale di un tempo.

E i cacciatori cominceranno ad imparare che la caccia deve essere un divertimento non una macelleria per fare cassa. Ovvero, sarà un fare cassa ragionevole come il commerciante che guadagna pagando le tasse dovute e non già costretto a frodare lo Stato col nero. Qualcuno, conoscitore della materia, lo ha anche, vanamente, proposto ad alcune autorità regionali, ma è subito stato tacitato (aveva toccato un tabù!). In America lo fanno da anni, anche negli, per noi, intoccabili Parchi Nazionali e non solo per i loro maiali inselvatichiti, anche e soprattutto per gli amati “Bambi”!

*Franco Zunino (segretario generale AIW)


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