Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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‘La mia opera di tre anni di solitudine tra poesie e prose’. Educare alla legalità con l’illegalità nei templi della cultura. Il caso arresti all’Università di Genova


Conferenza di giovedì 20 ottobre 2022 in Sala Rossini a Savona. Ringrazio innanzitutto il notaio Enzo Motta presidente del sodalizio siculo – ligure e la dott.ssa Anna Maroscia, presidente della sezione savonese della Società Dante Alighieri. Loro hanno voluto e organizzato l’incontro che ho atteso da tre anni per i motivi che tutti conosciamo.

di   Gianfranco Barcella

In questo intervallo di vita <prudente> ho continuato a produrre opere letterarie o presunte tali e non merito alcuna gratitudine. “Per delicatezza ho solo perduto la mia vita” -come affermava Rimbaud– ma io stavo meglio quando scrivevo e pertanto non è stato del tutto inutile. Come diceva Sartre: “L’uomo è una passione inutile” ma qui il discorso ci porterebbe lontano.

L’ultimo incontro con gli amici del sodalizio è stato per presentare il mio libro di versi dal titolo: “L’ISOLA DEL CONDANNATO” per celebrare così i quarantanni trascorsi dalla mia iscrizione. Il titolo, nella sua simbologia, contiene un riferimento anche alla meravigliosa terra di Sicilia che molte volte condanna i suoi figli, senza colpe, all’esilio così come il nostro mondo, isola nell’universo, che infligge per legge di natura, la pena di morte e pertanto l’esilio perenne delle sue creature, per l’unico delitto <non imputabile loro>,  d’essere nate. E poi è giunto il volumetto di liriche dal titolo: “IL LABIRINTO DI LUCE” per celebrare la bellezza del mio cammino di vita con gli appartenenti al sodalizio e dimostrare la mia profonda gratitudine per la loro opera. Applicherei al sodalizio questo pensiero, tratto dal Convivio di Dante:” V’è posto per tutti al banchetto della conoscenza”. Ha compiuto infatti un’opera mirabile di promozione e di divulgazione culturale in una <città triste> come Savona, definita così, proprio da un ex assessore alla Cultura.  Ma andiamo con ordine! Lasceremo “Il labirinto di luce”, come dulcis in fundo.

Inizierei la trattazione parlando del volume dedicato al professor Renzo Mantero, un uomo che avrebbe potuto far suo, il motto di Giuseppe Ungaretti: “Un libro sempre aperto, una valigia sempre pronta”.  L’ho conosciuto, intervistandolo per una rivista, edita della Provincia di Savona, intitolata: “Le Pietre e il Mare”. Mi aveva affascinato la sua personalità che incarnava il mito dell’Ulisse dantesco:”Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtude e canoscenza”. Tutta l’esistenza di “U professù” come veniva chiamato confidenzialmente dai savonesi, è stata dedicata a migliorare la sorte del mondo e per questo gradirei che questo testo, scritto in collaborazione con il prof. Mario Igor Rossello, suo primo discepolo, fosse divulgato tra i ragazzi affinché possano incontrare un modello di vita positivo. Tutti ricordano le giornate di inaugurazione dei Corsi di Chirurgia della mano, per i giovani medici specializzandi, dal maestro Renzo Mantero voluti e diretti con il suo grande carisma intellettuale e morale. Coinvolgevano tutta la città soprattutto con la sua lectio magistralis nella quale coniugava sempre la cultura umanistica con quella scientifica.

Per questo, a mio avviso, merita anche l’appellativo di <uomo rinascimentale>. “Un buon medico-  ripeteva- deve integrare la conoscenza scientifica con quella umanistica per poter curare il paziente come persona”. Dopo una laurea  in Medicina e Chirurgia conseguita all’Università degli studi di Genova nel 1954 e divenuto poi Chirurgo Generale ottenendo la specializzazione nel 1959, ha preso  inoltre il diploma di specialità in Ortopedia e Traumatologia nel 1962. Non posso non ricordare in proposito ciò che affermava Aristotele: “Tutti gli uomini desiderano sapere”, ma in Mantero c’era un ansia di conoscenza, non comune. Soprattutto aveva anche <l’abito dell’arte> sempre cucito addosso, profeta moderno della mano, primo ponte dell’intelligenza verso la vita, a partire dall’epoca del pollice opponibile. I paleontologi hanno acclarato infatti che l’uomo da quando ha raggiunto la postura eretta e ha liberato le mani dalla funzione motoria, proprio attraverso gli arti superiori ha sviluppato le opere dell’ingegno e le facoltà cognitive. Non a caso il prof Mantero  era solito ripetere con mirabile sintesi: “Le mani sono state la nostra intelligenza primordiale”. Citava sovente anche Neruda, in proposito: “Tutti eravamo nati da una donna e da un uomo/Tutti avevamo fame e denti/A noi tutti crebbero le mani e gli occhi per lavorare e desiderare ciò che esiste”(versi tratti dalla lirica: “La nave”). U prufessù  ha dedicato tutta la sua vita ad operare la mano ma forse sarebbe meglio dire così: ad operare per la mano. Non a caso la parola Kheirurgòs deriva dall’etimo greco (colui che opera con la mano).

Renzo Mantero è nato a Porto Venere l’11 febbraio 1930. “Mio padre desiderava che diventassi capitano di lungo corso- mi ha confidato- Il mio destino era quello di solcare gli oceani per seguire la rotta, tracciata dalla tradizione di famiglia. Così anch’io scelsi il mare e frequentai per tre anni l’Istituto Nautico .Un  brutto giorno, un destino totalmente diverso, bussò alla mia porta. Era il tempo dell’ultima guerra. Era il tempo dell’ultima guerra mondiale. Durante un bombardamento a La Spezia, non riuscii a raggiungere in tempo un rifugio e riparai nel primo portone utile, per avere una minima protezione. La casa crollò e rimasi prigioniero sotto le macerie, per fortuna incolume. Sentivo intorno urla disumane finché mi raggiunse una voce rassicurante :<C’è qualcuno, lì sotto?> Ebbi la prontezza di orientare i soccorritori che mi liberarono dai calcinacci. Dovetti calpestare  un tappeto di cadaveri, vittime di una sorte ben più crudele di quella che era toccata a me, e riuscii a riprendere la strada di casa. Fui colpito in particolare dal cadavere di una donna con i visceri che traboccavano dalla pelle ed aveva la borsetta, posata su uno squarcio sanguinante. Quella visione orribile ma non solo mi aveva turbato. Durante il cammino di ritorno verso Porto Venere, un tragitto di 13 chilometri, ebbi modo di ripensare più volte a quello che avevo visto, mentre dal petto mi sgorgava il desiderio di poter fare qualcosa per lenire le atroci sofferenze del mio prossimo.

In proposito, viste le cronache di guerra di oggi comincio a dubitare della veridicità della frase: <Historia magistra vitae>, tratta dal De Oratore di Cicerone. Dovevo acquisire le competenze necessarie per prendermi cura dei malati – ha proseguito il chirurgo- ed iniziai da subito a documentarmi. Appena giunto a casa andai a cercare un libro di anatomia per artisti nello studio del nonno che faceva il restauratore ed amava profondamente l’arte. Incominciai  così a conoscere il corpo umano in ogni dettaglio per poter operare ed iniziai proprio attraverso l’arte, il mio percorso per diventare chirurgo. Quando confidai a mio padre la mia scelta di vita, ricevetti una risposta degna di un vero educatore:<Ti ho forse ordinato io, di andare per mare?> A ventiquattro anni ero medico e assistente di un chirurgo, specializzato in chirurgia infantile, ma mi attendeva il servizio militare a Firenze. Sotto le armi ottenni il grado di sottotenente medico.

Con una lettera di raccomandazione del nonno, mi fu concesso anche il permesso di seguire le lezioni d’Arte all’Accademia di Belle Arti e lì incontrai i grandi maestri quali Pietro Annigoni e lo storico dell’arte Carlo Ludovico Ragghianti con il quale strinsi amicizia e che divenne un mio paziente. Il caso volle che completassi il servizio militare a Savona. Smessa la divisa militare ho cominciato a frequentare come volontario il reparto di chirurgia generale dell’ospedale San Paolo, tentando sbarcare il lunario come medico generico. Come si suol dire <facevo le notti> al Pronto soccorso, sostituendo i medici più attempati. Quell’ impegnativo tirocinio in una palestra sempre affollata di nuovi malati con le più sparute patologie mi invogliarono ad apprendere sempre di più. Terminata  la specializzazione in Chirurgia Generale, partecipai ad un concorso pubblico e fui assunto prima come incaricato e poi come assistente di Chirurgia Generale nel reparto diretto dal celebre prof. Scalfi. Erano gli anni 1957 e 1958”.

Da lì prende il volo la  carriera di Renzo Mantero. Cercò altre vie per perfezionare la sua preparazione in Traumatologia all’ospedale Rizzoli di Bologna. Così apprese terapie nuove tranne quelle idonee a sanare i traumi occorsi alle mani perché venivano trattati in modo marginale. E proprio lì scorse un manifesto che parlava di un corso di aggiornamento traumatologico e di ortopedia pediatrica, tenuto a Parigi da uno dei medici più accreditati.

Nella capitale francese si inaugurava l’Histitute Francais de la Main, diretto dal prof Bichat, illuminato terapeuta. Giunto nella Ville Lumiere una mattina scorse un giovane collega, di pochi anni più anziano di lui che stava operando una mano con il solo ausilio di un’infermiera. Fu letteralmente affascinato dall’eleganza dei modi di quel medico e fu la folgorazione che lo portò a pubblicare oltre 120 lavori scientifici, ad inventare nuove tecniche operatorie e strumenti chirurgici per intervenire sulla mano; cito solo alcune patologie trattate: la pollicizzazione, la terapia degli arti imputati, il tunnel carpale, la chirurgia della mano reumatica, le terapie del morbo di Dupuytren. Costantemente si recava a Nanterre dove operava il più grande specialista europeo della Chirurgia della Mano Monsieur Marc Iselin e si aggiornava senza posa anche se non fu facile farsi accettare dai cugini francesi. Per  i suoi legami con il mondo dell’arte, rimando al testo . Cito solo l’analisi delle mani nei musicisti e delle mani degli apostoli nel Cenacolo.

Due aneddoti per terminare la trattazione: uno riguarda proprio il notaio Motta che è citato per ben due volte nel testo: il nostro presidente soffriva di un dolore alla spalla e si recò dal prof. Mantero per avere un conforto terapeutico. Guarì e non pagò alcunché ma continuò il Suo rapporto d’amicizia con <u prufessù>. Partecipò alla stesura dello statuto della Fondazione della Chirurgia della Mano anche se l’atto costitutivo fu ufficializzato dal notaio Gambetta. Un giorno accompagnavo i miei allievi alla visita del Museo Sandro Pertini sul Priamar. Passando per via Untoria avevo per mano un ragazzo che soffriva di trisomia del 21 e necessitava di maggiori attenzioni da parte mia. L’insegnante di sostegno non era ancora disponibile! Usciva dal suo studio il prof Mantero. Si rivolse subito verso il fanciullo e gli fece una carezza sulla guancia. Poi mi sussurrò: “Sono certo che questo sarà il suo alunno migliore”. E si allontanò. Aveva visto giusto anche nella <disciplina umanitaria>: mai ho più ho avuto un allievo di tale sensibilità e simpatia, esemplare nel suo impegno scolastico.

Il presidente Sergio Mattarella

CITTADINANZA E COSTITUZIONE. PER UNA CULTURA DELLA LEGALITA’ è un testo che ho dedicato ai miei allievi come lezione di congedo, consapevole che la scuola, come ha detto di recente un illustre figlio della nobile terra di Sicilia, il presidente Mattarella “Non debba formare solo la classe dirigente ma tutti i cittadini, consapevoli dei loro diritti e doveri, sanciti dalla Carta Costituzionale”. Non dimentico i due milioni e mezzo di giovani che non studiano e non lavorano i quali vivono in un limbo molto pericoloso. Come ha affermato Liliana Segre nel discorso di insediamento del nuovo Senato della Repubblica occorre pensare di attuarla prima che di riformarla. Cito solo l’art.37 che statuisce il diritto alla salute come fondamentale e garantito anche ai meno abbienti. Per quanto riguarda l’ambito politico  rilevo solo, per carità di patria, che di recente sono stati azzerati i vertici politico amministrativi della Basilicata; in campo nazionale pare che si impieghino 120 miliardi di euro all’anno per tangenti! E a 110 miliardi annuali ammonta l’evasione fiscale. Con il debito pubblico che abbiamo è un lusso che non possiamo più permetterci! Purtroppo si è confusa la democrazia  con la possibilità per tutti di appropriarsi indebitamente del denaro pubblico. E poi la corruzione è anche un furto di democrazia! Alcuni  hanno un’idea un po’ troppo personale del concetto di legalità, altri si sono votati alla rassegnazione. Ma la legalità resta una valore fondamentale nella società civile.

Educare alla legalità è importante, specie per quanto riguarda le nuove generazioni. E’ evidente  come questo compito così delicato spetti alle due principali agenzie educative: la famiglia e la scuola  che devono formare sempre più una coscienza legale tra i giovani. L’Educazione Civica è stato inserita  come insegnamento trasversale perché tutte le discipline ineriscono alla cultura della legalità, secondo il legislatore, ma  i professori deputati all’insegnamento delle varie discipline  sono ancorati a programmi ben definiti che concedono  poco tempo per gli insegnamenti interdisciplinari. Ed ogni giorno di più si formano bande di minori  con carattere di improvvisazione e quelle legate alla criminalità organizzata e pertanto più strutturate.

Purtroppo l’illegalità è entrata anche nei templi dell’educazione e della cultura. Un professore di Diritto Costituzionale all’Università di Genova è stato di recente posto agli arresti domiciliari e proprio di recente un altro insegnante ora dirigente scolastico vendeva per 35 euro le risposte esatte agli studenti di Economia oppure compilava loro le tesi, naturalmente tutto in nero. Altro che: sub lege, libertas! Sironi nel 1922 fece un disegno a penna, intitolato ‘L’Italia tra i due ladroni’. L’Italia è raffigurata come la donna turitta come simboleggia la madre Patria e da qui deriva il senso di fratellanza che ci deve unire.

Ometto di parlare del comportamento delle compagnie telefoniche! Provate a iscrivervi al registro delle opposizioni e continuerete ad essere importunati a tutte le ore da lor signori…E non ci scordiamo la legge sulle autorità di bacino, che con il trascorrere del tempo, ha perso di valenza giuridica; non esiste ancora un piano organico per la tutela del territorio con l’80% dei fiumi a rischio esondazioni. E’ uno dei casi in cui la politica dello Stato Centrale decide di non decidere!

E ci sono cittadini italiani che devono apporre la marca da bollo per la richiesta di risarcimento danni da alluvioni e attendono ancora i soldi da otto anni ! Studiatevi <il caso Sarno> che è emblematico, in proposito! Il mio testo sulla legalità incomincia la trattazione con i principi costituzionali, poi cita i testimoni della legalità, i baluardi della legalità, le minacce alla legalità, la violenza di genere ed i fenomeni del bullismo e del cyberbullismo, unitamente agli altri principali reati compiuti dai minorenni, inconsapevoli delle conseguenze del loro agire, e infine la funzione del Tribunale dei minorenni che giustamente predilige l’aspetto redentrice della pena  rispetto a quello punitivo. Cito ancora una volta il Presidente Mattarella: “Senza lasciarci vincere dallo scoraggiamento, insieme, continuiamo ad impegnarci per costruire un paese migliore”.” E Dante ci ricorda nel Paradiso Canto V“ Se mala cupidigia, altro vi guida, uomini siate e non pecore matte”.

Pensiamo che  la nostra vita comincia a finire quando stiamo zitti di fronte alle cose che contano e M.L King ci ricorda: “Può darsi che non siate responsabili per la situazioni in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla!”  Non posso non citare ancora un siciliano, don Luigi Sturzo in un discorso pronunciato al Senato il 27 giugno del 1957 a proposito della Costituzione: “La Costituzione è il fondamento della Repubblica. Se cade dal cuore del popolo , se non è rispettata dalle autorità politiche, se non è difesa dal Governo e dal Parlamento, se è manomessa dai partiti, verrà a mancare il terreno sul quale sono fabbricate le  nostre Istituzioni e ancorate le nostre libertà”.

Brevemente  cito ancora il romanzo in forma diaristica dal titolo: DIARIO DI UN UOMO CHE AMA LA VITAMemorie  di un guarito dal covid . Narra la vicenda di un medico pediatra che in tarda età  guarisce dal covid 19 dopo una lunga degenza in ospedale . Grazie alle cure amorevoli dei medici e degli infermieri viene strappato dalla morte. Nella lunga e solitaria degenza ha tempo di fare alcune considerazioni filosofiche riporta una volta guarito, nel diario. Fino a quell’esperienza aveva dedicato la sua esistenza alla cura della vita sin dalla più tenera età, fedele solo ai dettami della scienza. E si ritrova con la morte  sempre accanto e non accetta di arrendersi ai suoi voleri  dispotici, capace in un attimo di annullare la sua coscienza , i suoi ricordi, le sue speranze di futuro seppur minime, perché ottantenne. Non disprezza la morte perché non merita neppure il suo disprezzo ma nel suo calvario ospedaliero affronta per la prima volta il problema di Dio, il quale se esiste <è sive natura> come affermato da Spinoza. Infatti un Dio che si manifesta come amore infinito  non può permettere alla Natura di soggiogare  in modo così brutale le sue creature. Intanto la sua esistenza ha perduto la sua dimensione onirica e si è impaludata in un sensus finis. E Dio, <il problema dei problemi> stenta ad essere risolto. Come medico  però deve ammettere che anche la scienza non è adeguata a risolvere  il suo  dramma, quello della morte ed anche il suo nichilismo.  Ripeteva sovente a se stesso una frase di Spinoza. Le cause finali della nostra esistenza non sono che finzioni dell’uomo.  Solo nelle illusioni possiamo trovare consolazioni. Leopardi aveva capito tutto, ma un giorno di primavera pensa di rivolgersi per la prima volta nella sua vita alla Madonna di Misericordia colei che ha sanato la carne sofferente dell’umanità con il suo umile sì a Dio. E ha provato il dolore sommo per la morte del figlio ai piedi della Croce (Sabat mater dolorosa). Pur non riconoscendo un nesso di causalità mi resta un dubbio che gli macera lo spirito quando mi suoi polmoni riprendono a respirare in autonomia e dopo moltissimi anni riprende a pregare.  Sant’Agostino diceva la preghiera e è la forza dell’uomo e la debolezza di Dio.  In forma romanzata ho narrato una vicenda che mi ha visto protagonista. Devo confessare che ho provato una profonda commozione anni indietro  trovandomi nella piazza del duomo di Messina all’ora del mezzogiorno. Un ruggito roboante ha lacerato l’aria e la mia anima, che si è aperta all’ascolto dell’Ave Maria di Schubert, proveniente dagli altoparlanti del campanile della  Chiesa. E mi sono asciugato una lacrima sulle guance. Ed anche il volto burbero della Natura, a primavera, mi ha sorriso! Tutto non mi è parso più vittima del mutamento totalmente arbitrario del caso.

La raccolta METAVERSI, uscita di recente è stata dedicata a mia moglie che il covid 19 ha provato a portarmi via.  La dedica recita così: “Solo perché lei è, io sono e sarò” . La poesia scritta per la compagna della mia vita s’intitola IL TUO PASSO: “Quando sento il tuo passo accanto al mio/esisto in una terra si cielo/dove tutto è verità e vita/. Mai mi sono perduto al tuo braccio/nel fosco della notte infinita/.  Petrarca aveva detto molto meglio: chiare e fresche et dolci acque ove le belle membra pose colei che sola a ne par donna.

E ritorniamo ancora una volta in Sicilia con Franco Battiato perchè sei un essere speciale ed io avrò cura di te. Si ripropone il tema dell’amore donativo verso l’unico e solo oggetto d’amore. Il titolo Metaversi credo sia di stretta attualità visto che stiamo vivendo in un mondo in cui le rivoluzioni sono diventate invisibili, digitali, quantistiche ma non per questo meno efficaci. Il mondo reale si è dotato di un suo doppio che abbiamo chiamato Metaverso ed in questo sito emergono nuovi modi liquidi, e inquieti, di stare insieme tra presenze complesse e distanze volute o obbligate. E’ inquietante se si pensa che  forse le intelligenze artificiali potranno diventare senzienti. Tutto questo viene chiamato realtà aumentata o magari diminuita a cui i cieli stellati  fanno non solo da sfondo, ma da ambiente  vivo e reattivo. I nostri corpi stanno diventando della stessa materia delle stelle non grazie ai sogni ma grazie ad un avatar che nell’induismo significava  la discesa e l’incarnazione di una divinità.

Il notaio Enzo Motta

E’ inquietante! Io preferisco ancora rifugiarmi in quel verso poetico capace di svelare il sorriso e la lacrima, nascosti in ogni cosa come affermava Pascoli nella poetica del Fanciullino, in quella poesia che vale quando ognuno può ritrovarvi il proprio cuore e impresse anche le proprie piaghe. La vita purtroppo ferisce non solo la nostra carne ma anche i nostri sentimenti così come l’amore d’altronde. Io penso che la salvezza possa essere trovata in quella follia poetica come affermava Martin Hiedegger che nel momento dell’estremo pericolo ha il coraggio di scendere fino in fondo alla nostra oscurità più profonda per ritrovare in esse una nuova luce. Alla poesia è affidata questa metamorfosi che con la sua magia trasforma l’oscurità del negativo in luce di nuova vita. E con la poesia ho voluto esprimere il mio senso di gratitudine per il notaio Enzo Motta ed a tutto il sodalizio, dal titolo: IL LABIRINTO DI LUCE . La lirica per la mia persona ancora irrisolta, è un momento di assoluta verità, un lampo di luce in un mondo buio che è finzione, ipocrisia ed anche ricatto, in cui si è costretti a vivere da <uno, nessuno e centomila>.

Vi invito a leggere la novella di Pirandello dal titolo :”La verità” scritta nella lingua siciliana nel 1912 contenuta nella raccolta “Novelle per un anno”. Il protagonista è Sarù Argentu che vive una vicenda processuale perlomeno curiosa. Ma torniamo al concetto della luce intesa filosoficamente come l’elemento che permette di vedere, di acclarare le forme, di percepire la profondità della realtà. Tuttavia della luce siamo coscienti solo quando  questa è assente poiché  senza di essa non siamo più in grado di vedere. Il problema  si rivela  quando la luce non svela una via d’uscita dai propri luoghi d’ombra. L’essenzialità della luce è riportata da Sant’Agostino nella gnoseologia cristiana per cui la possibilità della conoscenza per l’uomo è dovuta all’illuminazione di Dio, unica fonte di verità. Ma io non sono giunto a tanto. Mi sono limitato a illuminare la bellezza della Sicilia e l’affetto che provo per quella meravigliosa terra. E’ in Sicilia che si trova la chiave di tutto: la purezza dei contorni, la dolcezza di ogni cosa, la cedevole scambievolezza delle tinte, l’unità armonica del cielo con il mare e del mare con la terra. Chi li ha visti una sola volta, li possederà per tutta la vita.

Diceva Federico II di Svevia: “Non invidio a Dio il Paradiso perché sono ben soddisfatto di vivere in Sicilia”. E Pirandello così si esprime in proposito: ” Io sono nato in Sicilia e lì l’uomo nasce isola nell’isola e rimane tale fino alla morte, anche vivendo dall’aspra terra natia, circondata dal mare immenso e geloso. Leonardo Sciascia aggiungeva: “La famiglia è lo Stato del Siciliano”. Ho dedicato ai miei amici siciliani delle modeste elegie, componimenti letterari, improntati a motivi di confessione autobiografica e di sfogo sentimentale.

Maria Cirone Scarfi

Mi perdonerete se so esprimermi solo così! Le dediche sono rivolte al notaio Motta che per me incarna il volto più bello della Sicilia ed  a Maria Cirone Scarfi, a Aurelia Trapani ed a Renato Allegra. Per Heidegger la poesia <fornisce la risposta alla questione dell’essere> che è sempre stata  la domanda prima della filosofia. Ma è anche frutto di follia, di malattia come la perla che nasce dentro la conchiglia, frutto di un’anomalia di Natura. “Nel canto notturno di un pastore errante dell’Asia”, Leopardi si rivolge direttamente alla luna, interrogandola sulle sue vicende private. Non mi pare un atteggiamento da normodotato. E’ per questo che io non amo definirmi un poeta, ma uno che ama la poesia e neppure un filosofo. Continuo solo a pormi delle domande ed a ricercare delle risposte. Tanto meno mi sento un politico perché non ho una visione predittiva della società del futuro. Ho ancora però molte cose da fare però e da imparare; sono certo che una vita sola non mi basterà. C’è qualcuno che può donarmene un’altra?

 Gianfranco Barcella

 

 

 


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G.F. Barcella

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