Trucioli

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Giorgia si potrà fidare dei tecnici? Lei è in cima ad una montagna di guai


In cima ad una montagna di guai, Giorgia si potrà fidare di quelle cime di tecnici?

di Antonio Rossello, con immagine di Igor Belansky

Entra nel vivo la partita per la presidenza delle Camere. Primo step che porterà, poi, alla composizione della squadra di governo del centrodestra. Quasi come al sovrano che per sua ambizione e per sua imprudenza si cacciò, all’ombra dell’Olimpo, osando sfidare la potenza degli dei,  (i Grandi della Terra…), in cima ad una montagna di guai (sappiamo quali e come siano troppi da elencare…), nell’allegoria che ci propone Igor Belansky, ecco che cosa sta capitando in questi giorni alla brava, anzi bravissima Giorgia Meloni, che pare voglia a tutti i costi mettersi ai ripari. E ha ben donde di invocare l’aiuto di tecnici, di coloro i quali sono vere e proprie cime in una data disciplina.

Anche metaforicamente, la cima ha sempre un effetto da valutare con attenzione. Una cima in quanto vetta può dare vertigini. Sulla stessa stregua, la cima ripiena alla genovese, non mangiata entro uno stretto numero di giorni dalla preparazione, può provocare disturbi intestinali, fino al limite di episodi diarroici. Ancora peggio, di qualche anno fa la notizia di casi confermati di botulismo alimentare, a seguito di consumo di Cime di Rapa “al naturale! E quali sorprese possono riservare alla nostra quelle “cime” di tecnici? Lo vedremo con un velo di sottile ironia, toccati come siamo individualmente e collettivamente dagli ultimi accadimenti…
Ha nettamente vinto le elezioni politiche del 25 settembre. E chi pensava, o forse sperava, che i Mercati scatenassero contro l’Italia è sicuramente stato deluso. Nei giorni successivi ai risultati, la Borsa di Milano ha seguito gli andamenti di tutte le altre Borse europee. Lo spread non si è impennato, essendo stata probabilmente valutata positivamente l’assenza di incertezza da ingovernabilità: al netto di colpi di testa di qualche leader della coalizione, il Governo che nascerà avrà i numeri e la maggioranza necessari per realizzare il proprio programma. Quindi è stato per il momento sospeso qualsiasi giudizio di merito sullo stesso.
E che hanno detto nel mondo? Come, di solito, accade, in barba alle deprecate ingerenze, che sono tali solo se le fanno gli altri, durante la campagna elettorale e fino alla vigilia del voto, i nostri partner internazionali, l’Ue, la Nato, cioè gli Usa, si sono preoccupati a prescindere dal cambiamento, hanno segnalato i rischi del populismo, degli euroscettici e magari pure di putiniani al governo. Ma, poi, quando s’è votato, tutti si sono convertiti, almeno nel breve termine, alla real politik dell’omaggio al nuovo potente, nel formale rispetto della volontà popolare (e nell’attesa di vedere le prime mosse del lupo, se davvero è brutto come lo si dipinge). Dunque, sono scrosciate le dichiarazioni di disponibilità a lavorare con il suo nuovo governo, fermo restando che l’ultimo era il migliore che ci sia mai stato.

Ed, ancora, fitte telefonate, tra i tanti Volodymyr Zelensky e Benjamin Netanyahu. Viaggi in cantiere che dovrebbero portarla a Varsavia, Kiev e Londra e non solo. Intanto, lei abbozza la sua road map di politica estera, prendendo consapevolezza che, per non restare isolata a Bruxelles, dovrà costruire un rapporto con Emmanuel Macron, l’unico alleato possibile per costringere Berlino a cedere sul price cap, senza strappare con il blocco dei Paesi fondatori.
Sul fronte interno, la sua apertura ai corpi intermedi non è passata inosservata da parte dei sindacati. Dopo una prima reazione del segretario della Cisl e della Uil, ora anche la Cgil si sofferma sul tema della costruzione di un dialogo con il governo che verrà, relegando in secondo piano la chiamata antifascista che aveva lanciato a metà settembre insieme alla convocazione della manifestazione di sabato 8 ottobre. Ulteriormente, il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, durante l’ultima assemblea degli industriali di Varese, non intendendo esprimersi sul risultato elettorale, l’ha salutato augurandosi che la formazione di un governo nei tempi più rapidi possibili. Sperabilmente, un governo con ministri autorevoli, competenti e inappuntabili. Ma attenzione: no a improponibili soluzioni immaginifiche, quali Flat tax e prepensionamenti. Con riferimento a specifici interessi, sono più o meno dello stesso tenore gli avvisi che le stanno pervenendo dalle altre categorie produttive.
Quasi come al sovrano che per sua ambizione e per sua imprudenza si cacciò, all’ombra dell’Olimpo, osando sfidare la potenza degli dei,  (i Grandi della Terra…), in cima ad una montagna di guai (sappiamo quali e come siano troppi da elencare…), nell’allegoria che ci propone Igor Belansky, ecco che cosa sta capitando in questi giorni alla brava, anzi bravissima Giorgia Meloni, che pare voglia a tutti i costi mettersi ai ripari. E ne ha ben donde. Metaforicamente, la cima ha sempre un effetto da valutare con attenzione. Se si tratta di una cima in quanto vetta può dare vertigini. Sulla stessa stregua, la cima ripiena alla genovese, non mangiata entro uno stretto numero di giorni dalla preparazione, può provocare disturbi intestinali, fino al limite di episodi diarroici; ancora peggio, di qualche anno fa la notizia di casi confermati di botulismo alimentare, a seguito di consumo di Cime di Rapa “al naturale”.
Da qui il ritratto corrucciato, preoccupato all’inverosimile, che ne fa il nostro illustratore. A dirla tutta, il modo in cui si è nei giorni scorsi palesata al summit del suo partito ha chiaramente reso percepibile un suo sottofondo di disagio. Lo si è intravisto dalla chiarezza con cui ha confermato che, se nascerà, il suo sarà un governo di forte levatura politica, che significa rafforzato, non indebolito, da alcuni ministri tecnici nei dicasteri chiave. E’ poi venuto il suo avvertimento agli alleati, Lega e Forza Italia, a non voler di scaricare sull’esecutivo i problemi interni derivanti dai rispettivi magri risultati elettorali. E, infine, la sua pretesa di avere le mani più libere possibile, forte di un’investitura popolare perfino inaspettata, a prescindere dal macigno dell’astensionismo.
La posta in gioco è pertanto quella di creare una compagine ministeriale su misura per la prima volta di una donna di destra a Palazzo Chigi. Lo si legge dalle sue varie dichiarazioni. Nessuna vecchia alchimia; altolà al manuale Cencelli; no ad ogni paraculato eccellente; lo sappiano gli alleati. Predica con ambizione un «profilo più alto possibile», sebbene sia ancora tutto da delineare. Usa la tattica di nicchiare di fronte a richieste pressanti di poltrone. Quindi, non ingaggia bracci di ferro con Salvini o Berlusconi, in cerca di buoni piazzamenti per se stessi e fedelissimi.  Il vero assillo, per lei e il suo partito, è quello di una «transizione ordinata», come spesso ultimamente sostiene. Ergo, evitare che l’uscita di scena di Mario Draghi rappresenti un trauma e un pretesto per speculatori finanziari, per quanti scommettono su un’Italia in disarmo. Ebbene, questa è la sua somma paura, aldilà di ogni altra mossa o dissimulazione. Così si spiegano i suoi silenzi, e perfino le sue critiche all’attuazione del Pnrr, con ritardi evidenti e difficili da recuperare, essendo consapevole che saranno una mancanza, che non dipenderà da lei, ma che a lei verrà attribuita anche da chi l’ha determinata.
Dopo aver per un congruo tempo ascoltato, quasi come una scolaretta Supermario ed i suoi, in questo modo da abile scommettitrice forse ha cercato di sostanziare meglio la sua smentita di essere in partenza troppo «draghiana», e anche di mettere le mani avanti di fronte a una partita che si preannuncia estremamente complicata. Secondo lei, è l’eredità di “una situazione difficile”, si troverà in cima alle rogne. Per colpa di chi? Forse non è un riferimento diretto a Draghi. Piuttosto, a qualcuno dei suoi ministri, criticati sottovoce anche nella maggioranza. La colpa è una bella donna, ma nessuno se la prende…
La risposta del premier in carica, lievemente piccata e in qualche modo obbligata, è stata immediata. Anche con la notizia che l’agenzia Moody’s ha minacciato di tagliare il rating italiano a spazzatura se non saranno realizzate le riforme previste, Draghi ha precisato che non vi è alcun ritardo nell’attuazione del Piano, aggiungendo che altrimenti la Commissione europea non verserebbe i soldi. A maggior ragione, difendendo e rivendicando tutti gli obiettivi considerati già raggiunti, il Premier uscente ha espresso un augurio a Meloni suonato a doppio taglio: il prossimo governo sappia dimostrare la stessa forza e efficacia.
Dulcis in fundo, l’ultimo schiaffo di Draghi, che più che il galateo, riguarda la sensibilità politica, si è verificato durante il vertice sul Pnrr tenutosi soltanto con i ministri e i capi-delegazione del governo, escludendo formalmente Fdi, in quanto all’opposizione nella scaduta legislatura, e Forza Italia, che pur uno dei partiti che hanno sostenuto l’attuale esecutivo, non è più rappresentato in esso, visto che i suoi ministri (Brunetta, Carfagna e Gelmini) hanno cambiato casacca.
In quell’incontro, è così venuto a mancare un coinvolgimento simbolico dei rappresentanti di partiti che a breve dovranno prendere il testimone e condurre in porto il Pnrr in un futuro dai toni foschi. I giornali da giorni si riempiono di titoli che parlano della continuità, vera o presunta, tra Draghi e Meloni. Si sprecano tante parole sul rapporto di amorosi sensi tra l’attuale premier e il successore, ma nel momento in cui si sarebbe potuto dare un segno concreto di questo impegno collettivo con un fatto, con un’immagine, c’è stato chi ha preferito trincerarsi dietro una «norma». Per un gioco di convenienze, di fronte alle eventuali perplessità dell’opinione pubblica, i leader hanno poi cercato di smorzare i toni, magari mentre starete leggendo non se ne parlerà più… ma il caso resta, un avvertimento per chi ha occhi per vedere ed orecchi per ascoltare…
Chi governa alla fine si adegua alla prassi politica, ma dietro un’assenza apparente di bon ton istituzionale si cela sempre un calcolo quale che sia. E’ presto per dire se sia stato commesso un errore, a buon senso però pare lo sia. Perché invece di nascondere la polvere sotto il tappeto, sarebbe stato meglio, assai meglio, dare il senso di una compartecipazione sia della maggioranza, sia dell’opposizione del prossimo Parlamento, nello sforzo di rispettare gli impegni presi con l’Europa dall’intero Paese. Quindi, un’occasione perduta che lascia presagire lacerazioni e future polemiche, come spesso accade quando non si media per tirare dritti. Quest’ultimo è un aspetto insito nella povertà di cognizione politica di cui spesso i «tecnici» si macchiano. Si tratta di persone di notevole competenza nei loro settori – di vere e proprie “cime” si potrebbe dire per restare sul tema – ma a volte scarseggiano, appunto, di quella particolare competenza, di quella capacità di ragionare politicamente, fondamentale per chi regge incarichi di governo. Oltre che una questione spinosa per i sociatri, sarà un argomento di riflessione innanzitutto per Giorgia Meloni, che in “cima” a tanti guai dovrà scegliere fino a che punto fidarsi di quelle “cime” di tecnici!
Antonio Rossello
«Essere liberi è cosa da nulla: divenirlo è cosa celeste». (Johann Gottlieb Fichte)


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A. Rossello

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