Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Zio Putin fa comodo. A chi?


C’è anche a chi Zio Putin fa comodo?

di Antonio Rossello, immagine di Igor Belansky

Con l’organizzazione da parte di Mosca di referendum locali e di una parziale mobilitazione, accompagnata da minacce nucleari, Vladimir Putin continua la sua corsa a perdifiato verso l’Ucraina. Ma c’è pure il mistero del sabotaggio dei gasdotti che portano metano alla Germania. La guerra in Ucraina andava bene per spiegare l’aumento dei prezzi, come da mesi nel caso del gas, ma diventa quasi un imbarazzo quando essi scendono, come ultimamente avviene per il petrolio. Quindi, anche nella narrazione dominante circa la crescente e galoppante inflazione odierna c’è qualcosa che non torna. È la bieca altalena che, grazie ai torpidi umori di Zio Putin, arricchisce pochi grandi speculatori e impoverisce le fasce della società e i Paesi più deboli.

Che Putin non iniziasse una guerra con l’Ucraina, visti i rischi alti, visto che aveva da perdere più che da guadagnare, era opinione diffusa in Europa prima del conflitto. Ma è capitato. Che Putin non lanciasse la mobilitazione, visto che soltanto l’idea avrebbe potuto provocare un forte malcontento nella società russa, si era altrettanto creduto. Eppure l’ha fatto. Che Putin non prema mai il pulsante per scatenare una guerra nucleare, perché questo non avrebbe un effetto significativo contro l’esercito ucraino, permetterebbe ulteriori forniture di potenti armi a lungo raggio al nemico giurato e si alienerebbe il sostegno di paesi vicini come Cina ed India… ora lo speriamo.

A complicare questo clima incerto, confuso, sospeso ci si è poi messo il metano che gorgoglia dai fondali del Baltico. Per la chimica, è un idrocarburo semplice (alcano) formato da un atomo di carbonio e quattro di idrogeno; la sua formula chimica è CH4, e si trova in natura sotto forma di gas. Così capiamo perché, bolle su bolle, si possa essere formata la grande chiazza che risalta cromaticamente sul pelo dell’acqua. Quindi, la nuvola gassosa senza precedenti su Norvegia e Svezia. È un fenomeno fisico dietro al quale evidentemente si nasconde la mano dell’uomo. Da giorni tra i paesi europei è sempre più diffusa l’idea che le perdite di gas russo dai gasdotti Nord Stream 1 e 2, avvenute all’inizio di questa settimana, siano il risultato di un sabotaggio compiuto dalla Russia. E, invece, se fossero stati gli USA ad avere la responsabilità di questo atto distruttivo? Si cominciano pertanto a fare le stime delle conseguenze, senza dubbio complesse, riconducibili a geopolitica,  finanza, ambiente e quant’altro… Intanto, i mercati vanno su e giù come una trottola impazzita seguendo simili eventi.

La rappresentazione che Igor Belansky fa dell’accaduto è veramente paradossale, e forse mira a smorzare i toni allarmati fino all’inverosimile che ci restituisce il mainstream. Vedremo quanto ancora dureranno le perdite, che sono state identificate grazie ad alcuni cali di pressione. Di fatto, i tubi non pompavano il gas, pur essendone pieni, e l’unica spiegazione plausibile da subito è stata che fossero stati danneggiati. Alle fughe sono poi seguite alcune esplosioni subacquee, con un ribollire di gas sulla superficie del Mar Baltico. Secondo alcune ipotesi, le esplosioni sembrerebbero essere state causate da esplosivi piazzati da un sommergibile o sganciati da un aereo o da un’imbarcazione attrezzata allo scopo, non certo la barchetta a vela nell’immagine.
Ebbene, nonostante non ci siano prove, l’Europa crede quasi ciecamente che sia stato il regime russo a sabotare i gasdotti, per continuare a usare le proprie forniture di energia come strumento per fare pressioni sui governi occidentali. Tutto ciò come se, considerata la probabile irreparabilità dei guasti, perdere una fonte di grandi ricavi fosse per Mosca una bazzecola; come se tutto ciò non dovesse portare vantaggio a chi – non facciamo nomi… -vende via nave gas naturale liquefatto da trasformare in rigassificatori attuali o, con evidenti miraggi di nuovi e fruttuosi business, da costruire… Per cui, Nord Stream, a chi conviene il boicottaggio del gasdotto? La mistificazione russa contro l’Occidente o viceversa?
Sul caso si è comunque iniziato a indagare. Nel frattempo, alcuni paesi europei, tra cui l’Italia, hanno rafforzato militarmente le protezioni attorno ai propri gasdotti per il timore di altre operazioni simili, dacché ulteriori affari per chi si occupa di security.  Ordunque, l’effervescenza delle bolle che affiorano fra i morosi fa il paio con l’effervescenza di situazioni che sfuggono, per la propria imprevedibilità, ad ogni seria capacità di analisi da parte di osservatori attenti e competenti. E qui tralasciamo coloro che abbiamo imparato a distinguere come affabulatori, malgrado le tanto sbandierate esperienze.
Possiamo dire che il futuro non è scritto in anticipo e il peggio non è mai certo.
Chi manovra i giochi? Chi ha da vincere o da perdere in questa torbida crisi,  che distrugge  vite, risorse e capitali, attraverso le logiche di quella che gli esperti ci hanno fatto conoscere come guerra ibrida? E c’è sicuramente chi ha da guadagnare, ma non sarà chi ora sta leggendo. Di, conseguenza va ricordato il caso che certamente in Italia ha avuto più risonanza, cioè quello della cosiddetta borsa di Amsterdam del gas, il TTF (Title Transfer Facility), che è stata pure accusata da membri dell’esecutivo di essere oggetto di speculazione.
Ad ogni modo il prezzo del gas si è alzato anche sfruttando l’occasione di un attacco perpetrato in danno a due gasdotti non erano in funzione. Il Nord Stream 1 era stato chiuso dall’azienda energetica statale russa Gazprom lo scorso agosto, dopo mesi in cui aveva funzionato a capacità ridotta, a causa delle tensioni tra Russia e Unione Europea per l’invasione dell’Ucraina. Per le stesse ragioni il Nord Stream 2 non era mai entrato in funzione. Non c’è stata quindi una interruzione di forniture commerciali in corso, dunque ciò è risultato praticamente ininfluente ai fini delle attuali operazioni di rifornimento. Ma ecco che il gas che arriva da altrove, Norvegia, Algeria, Azerbaijan …, è aumentato lo stesso, secondo il bieco spirito della speculazione. Altro che lotta di civiltà.
Lo sappiamo ci sono due sistemi, due visioni del mondo che si sfidano, si oppongono per fini descritti magnificamente da narrative create ad arte. Gli opinionisti occidentali affermano che al Cremlino da lungo vi sia più di un maître à penser a descrivere il confronto tra Russia e Occidente in termini di lotta di civiltà. Sicuramente i discorsi di Putin accusano il famigerato Occidente di ambire ad ultimare un progetto avviato con la caduta dell’URSS, ovvero indebolire in modo permanente, o addirittura, smembrare la Russia. Quindi, essendo sia la fabula che l’intreccio a rendere convincente una narrazione, nella testa di un simile tiranno, le attuali efferatezze sarebbero giustificate su scala storica, alla stregua delle sanguinose conquiste imperiali degli zar russi del passato.
Con questa cinica visione del mondo, la guerra era inevitabile? Nondimeno, Putin ha preferito colpire per primo, come gli ha insegnato la sua infanzia nelle strade di Leningrado, come arguisce chi concepisce la sacralità del potere solo nella misura in cui si confronta con l’esperienza umana. Si sono avverate così condizioni che già dal 2014, con l’invasione della Crimea, si sarebbero potute prevedere, fatti che una classe dirigente europea incapace o miope non ha saputo o voluto prevenire. Vi è poi la leggenda, o meno, degli stretti legami tra l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder e Vladimir Putin, all’epoca allora grandi amici, che avrebbero dettato le politiche, proseguite durante la lunga cancelleria di Angela Merkel, che hanno aperto la via alla ultradecennale dipendenza della Germania dal gas russo. Un cordone ombelicale da terminare al più presto, secondo i benpensanti. E per questo dagli abissi baltici non potrebbe essere giunto da Zio Sam un monito per il futuro ai crucchi?
Ad ogni modo, dall’inizio della guerra, risulta chiaro che il presidente russo non è stato guidato soltanto da un freddo e razionale calcolo di costi e benefici. Può essere davvero un odio viscerale per l’Ucraina, che è diventata la sua ossessione, e per l’Occidente, che si sta rafforzando col tempo? I segnali vengono dal campo. Né il fallimento dell’offensiva su Kiev e la difficoltà di controllare l’intero Donbass dopo sette mesi di guerra, né i morti dei soldati russi (le autorità russe ne riconoscono circa 6.000, mentre gli ucraini li valutano in 55.000), né le sanzioni che pesano sull’economia russa paiono indebolire la volontà dell’ultimo Zar di vincere questa guerra a qualunque costo, imponendo una capitolazione all’Ucraina e infliggendo indirettamente una sconfitta all’Occidente.
Ci sono svariate ragioni per la sua rincorsa a testa bassa. Innanzitutto, la convinzione che la vera posta in gioco in questo confronto con l’Occidente, di cui l’Ucraina è solo una pedina, sia la sua stessa sopravvivenza, intimamente legata al destino della Russia. Ventidue anni di governo incontrastato hanno convinto Putin della sua missione nella storia russa: ripristinare la grandezza del Paese, rafforzare la sua posizione nel mondo di fronte all’ostile dominio americano e persino rovesciare questo dominio.
Ma, fuori dal mito, e avvicinandoci ai nostri destini, Putin riesce forse ancor più a scuotere le nostre tasche che ormai piangono miseria. Se apre o chiude i rubinetti del gas fa molto comodo ai signori che devono speculare. E se li chiude da noi si fermerà tutto, altro che austerity, carestia, tensioni sociale e via dicendo. È ora che la gente capisca, guardando oltre le mille bolle blu del Baltico che purtroppo non sono acqua minerale, che non sono una canzone di Mina, ma una fonte energetica che viene strumentalmente impiegata, per tutt’altri scopi rispetto a quelli che naturalmente dovrebbe avere. Putin e, speculatori permettendo, ce la caveremo?
Antonio Rossello

«Essere liberi è cosa da nulla: divenirlo è cosa celeste». (Johann Gottlieb Fichte)


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A. Rossello

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