Paolo Pacini, savonese, laureato a Udine, da 25 anni fa parte dell’Ufficio Beni culturali della diocesi di Savona-Noli, solerte difensore dei manufatti artistici presenti nei sacri edifici, frutto di una fede bimillenaria.
di Gian Luigi Bruzzone
Caro Dottor Pacini ci parli della sua famiglia, se non le dispiace.
Sono nato a Savona come i miei genitori. Mio nonno paterno, al quale ero molto legato, era nativo di Pescia in quel di Pistoia. Per questo motivo da ragazzino, ospitato dal cugino di papà, sono stato più volte ospite a Montecatini Terme, e spostandoci insieme con la bicicletta avevamo visitato alcune città d’arte dei dintorni, come Pistoia e Lucca. Ricordo che entravo in chiesa abbigliato da ciclista, con le scarpette ai piedi che risuonavano nel silenzio, ed ero imbarazzato, nonostante il desiderio di ammirare attentamente l’architettura e le opere d’arte custodite; oltre a riprendere con la fotocamera ciò che più mi colpiva.
E dei suoi studi. La figura e la parola di qualche insegnante avranno lasciato un’orma nel suo animo.
I miei studi sono stati non troppo lineari. Iscritto all’Istituto Tecnico Industriale a Savona, ho concluso quel primo ciclo diplomandomi in Elettrotecnica. La professoressa di lettere e storia, Margherita Pira, per inquadrare in modo completo un nuovo periodo storico, era solita proiettare diapositive con capolavori coevi di architettura, scultura e pittura, portando così alla nostra attenzione confronti e suscitando occasioni di incontro tra arte e letteratura. Spesso, alcune delle riproduzioni io le avevo già viste dal vero nei miei giri in Toscana, così che, piano piano, il mio interesse si è rivolto verso la storia dell’arte. Per questo motivo, dopo la leva, mi sono iscritto all’Università degli Studi di Udine, anche se era molto lontano da casa, dove poi ho conseguito la laurea in Conservazione dei beni culturali.
Com’è nata la passione per l’arte? E, sacra, nella fattispecie?
In Italia ritengo sia difficile non associare forme d’arte antica e moderna al sacro. Immagino che, tra le innumerevoli opere del patrimonio culturale che possono affiorare alla mente di ciascuno di noi, tra le prime ne figurerà qualcuna collegata al tema divino. Anche negli studi universitari di storia dell’architettura, spesso, l’argomento delle lezioni era incentrato su un bene culturale ove la ricerca e la celebrazione del divino ha profuso bellezza. Ripenso ad esempio alle lezioni di storia dell’arte medioevale, dapprima con il professor Fulvio Zuliani, collegate alla ricostruzione della Basilica di San Marco ai tempi del Doge Domenico Contarini, e poi a quelle del professor Paolo Piva, con le sessioni sulle differenti fasi costruttive della Basilica di Aquileia e il suo apparato musivo paleocristiano, scoperto solo all’inizio del secolo scorso. Questi studi mi hanno particolarmente coinvolto portando a suggerire al mio relatore, come argomento di tesi, un progetto di lavoro collegato alla Chiesa di San Paragorio in Noli. Nel frattempo, a seguito dell’intesa tra il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e la Conferenza Episcopale Italiana del 1996, si era resa evidente la necessità di costituire anche presso la Diocesi Savona-Noli di un ufficio Beni Culturali Ecclesiastici, al fine di aiutare gli enti soggetti alla giurisdizione del Vescovo a rapportarsi con le Soprintendenze, oltre che per reperire fondi per i restauri, sia attraverso l’Otto per Mille alla Chiesa Cattolica, sia con la partecipazione a bandi emessi da Fondazioni Bancarie, e/o Enti Pubblici. Ecco, come si è stretto sempre di più il mio rapporto con l’arte sacra.
La Savona della mia infanzia e quella odierna.
Ricordo con nostalgia la vecchia stazione Letimbro che costituiva una quinta per Via Paleocapa; il nonno mi portava a vedere i treni oppure si partiva insieme con la nonna per recarsi a trovare gli zii ad Arenzano. I convogli percorrevano la vecchia ferrata fino a Varazze tra corte gallerie, spiagge e scogliere. Ricordo che nella vecchia stazione mancavano i sottopassaggi; per trovare il convoglio utile alle volte si doveva salire su un treno in sosta e riscendere sul marciapiede opposto. Questa passione si è poi prolungata nell’età adulta. Ricordo anche lo studio della scultrice Renata Cuneo in Piazza Monticello, dove abitavo. Bambino alle elementari, sono stato a trovarla accompagnato da papà per una ricerca che la maestra Maria Milano mi aveva assegnato, sulla fontana dell’uomo e lo squalo in Piazza Marconi. L’insegnante non si aspettava uno svolgimento in forma di intervista con l’artista, sulle difficoltà incontrate per la realizzazione della scultura e sul rinvenimento a Stella Santa Giustina di due grandi massi destinati a formare il basamento naturale del gruppo. Ricordo che la maestra rimase molto sorpresa. Trovo infine la città di oggi poco curata ed attrattiva: scarseggiano i servizi, le indicazioni e una valida mobilità. Peccato perché Savona potrebbe meritare di più, sia in ragione delle opere d’arte che custodisce, alcune di esse anche all’aperto, sia per gli aspetti naturalistici allo stesso modo poco noti, come il bosco della città racchiuso tra le Valli del Letimbro e del Lavanestro, percorso da sentieri mal tenuti e poco battuti.
Da cinque lustri lavora presso l’Ufficio Beni culturali della diocesi sabazia...
Sono soddisfatto del mio impegno, sovente appagante. Riuscire ad ottenere tutte le necessarie autorizzazioni, recuperare i denari mancanti all’ente ecclesiastico per affrontare i restauri, seguire da vicino i lavori in laboratorio o sui ponteggi, così da ammirare il lavoro svolto dagli operatori che pongono in sicurezza un bene culturale, tutto questo comporta senza dubbio grandi soddisfazioni. Anche se riesce a tratti difficile far tornare i conti nella necessità di richiedere mutui o prestiti, gestendo operazioni complesse. Per fortuna, grazie alla valida squadra messa in campo dell’Economo della Diocesi, Lorenzo Prando, si è supportati ora, assai più che rispetto al passato, dal reciproco aiuto tra gli uffici di Curia, cosa che produce risultati ottimi.
L’arte, si può affermare, sboccia con la religione e, come dire, possiede una marcia in più rispetto ad una semplice espressione artistica, figurativa o musicale che sia.
Una profonda emozione produce una stimolazione di corde che possono tradurre, con un dono di abilità, un pensiero elevato tradotto nell’espressione artistica. La bellezza nell’arte e il senso di una sua potenziale sacralità non nascono però unicamente dal dialogo degli artisti con il tema religioso, l’arte non è un fatto confessionale anche se molte sue concezioni vengono ispirate e modellate dai soggetti sacri. Pensiamo alla musica, ad esempio: durante l’ascolto della prima sinfonia di Mahler è possibile sentirsi quasi elevati in uno spazio naturale e sacro al tempo stesso, così come accade anche nell’ascolto di alcuni brani di Debussy. Certamente le opere d’arte, e in specie quelle create per celebrare il rapporto dell’uomo con il divino, esaltano la misteriosa identità tra Dio e Bellezza; e tale concetto, quasi primordiale, ma storicamente di volta in volta determinato, coinvolge e investe anche i molti edifici di culto presenti nella nostra Diocesi.
Il suo impegno è volto essenzialmente alla conservazione ed al restauro del patrimonio culturale ed artistico scaturito dalla fede e formato da generazioni di credenti…
Tale patrimonio materiale è davvero immenso. Per rendersi conto della sua vastità occorrerebbe che ognuno sperimentasse la redazione di un elenco dettagliato di quanto racchiude un solo edificio di culto, insieme alla sacrestia: tele, statue, paramenti, arredi liturgici, ostensori, aspersori, calici, cuscini, tovaglie, porticine di tabernacolo, paliotti, candelieri, candelabri, lampadari, mobilio… ovvero una quantità di oggetti differenti per forma, misura e tecnica esecutiva, tutti soggetti alla tutela della Soprintendenza attraverso il D.Lgs 42/2004, ovvero il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. Conservare questo patrimonio, attraverso operatori qualificati, con le scarse risorse di molti enti ecclesiastici, in particolare del nostro entroterra, è un’impresa davvero ardua per la quale occorrerebbe una perenne e buona sinergia tra Diocesi, Parroco e Fedeli …congiuntura che non sempre è possibile attuare pienamente.
Fedeli di oggi e fedeli di ieri...
In un tempo remoto vi era senz’altro una affiliazione molto sentita alla realtà della propria chiesa, luogo dove venivano scanditi i momenti principali dell’esistenza. Era viva un’attenzione e una cura per il luogo di culto da magnificare attraverso la commissione di opere d’arte, legata all’idea della purificazione dell’anima o alla volontà’ da parte di una comunità o dei singoli di testimoniare il proprio potere e la propria ricchezza. Oggi che quel tempo è passato, invece, occorrerebbe soprattutto una attenzione per la corretta conservazione e manutenzione del patrimonio, cosa che si è andata via via perdendo. Tutti, parroci compresi, per senso di appartenenza dovrebbero investire nella salvaguardia dei beni culturali ecclesiastici, individuando formule idonee di valorizzazione e di nuovo sviluppo attorno ai complessi monumentali: ad esempio riutilizzando il patrimonio immobiliare in disuso.
–Ci racconti di qualche restauro che ha suscitato in lei emozione e soddisfazione.
Oggi è in corso il restauro del prospetto monumentale marmoreo della Cattedrale di Savona, opera di Guglielmo Calderini. Da oltre dieci anni ho cercato il modo di giungere al finanziamento di questo grande lavoro. Finalmente, grazie al ‘bonus facciate’ e con l’aiuto determinante della Fondazione Compagnia di San Paolo di Torino, sono riuscito ad avviare il cantiere. Il marmo si trovava in pessime condizioni di conservazione con cadute di materiali dall’alto, e il rischio per le persone in transito sul sagrato o sulla piazza. Il lavoro, diretto dall’architetto Marco Ricchebono, ha visto l’impegno del gruppo di restauro di Livia Pecchioli che ha dapprima pulito le superfici asportando anche le croste nere con impacchi e bisturi per poi passare ai consolidamenti della pietra. Salendo sui ponteggi ho potuto constatare la piena ripresa delle sculture ed i consolidamenti statici attuati sulle porzioni plastiche, con la consulenza dell’ingegnere Livio Giraudo, in particolare sul gruppo dell’Assunta di Giovanni Antonio Cybei, che era scivolato in basso di alcuni millimetri rispetto alla sua posizione originaria. Anche nel settore delle opere mobili sono stati moltissimi gli interventi a cui ho contribuito attraverso la ricerca dei fondi. Penso alla tavola quattrocentesca di Defendente Ferrari in Sant’Andrea a Savona con la Madonna del Buon Consiglio e il committente, che Massimo Bartoletti – funzionario della Soprintendenza che tanto ha contribuito allo studio e alla conservazione del nostro patrimonio storico-artistico – ha individuato nella figura di Raffaele Paternoster.
Tra i momenti significativi del mio lavoro, vorrei anche ricordare il supporto fornito alle confraternite quando è stata recuperata gran parte dei fondi per il restauro del gruppo scultoreo di Anton Maria Maragliano dell’Orazione nell’Orto dei Getsemani, dall’oratorio dei Santi Giovanni Battista Evangelista e Petronilla in Savona; gruppo che fa parte della Processione del Venerdì Santo e che è stato esposto a Palazzo Reale a Genova nella grande mostra “Lo spettacolo della scultura in legno” dedicata al Maragliano tra il 2018 e il 2019.
Un incontro memorabile.
Di sicuro quello con Papa Benedetto XVI, in visita a Savona. In un momento di incontro fugace presso la nostra Cattedrale ho illustrato a S.S. le caratteristiche della mia occupazione presso la Diocesi e mi sono permesso di invitarlo a visitare il coro rinascimentale del Duomo, commissionato da Papa Giulio II. Ho ricevuto in risposta un sorriso ed ho immaginato che pensasse: “verrei volentieri ma…”.
Che pensa della situazione artistica (diciamo) nella diocesi savonese?
Ricordo – Professore – come alcuni anni fa lei avesse segnalato l’insorgenza di muffe sulla tela conservata nella Parrocchiale di Celle Ligure raffigurante la Madonna del Carmine, opera del 1665 di Giovanni Bernardo Carbone. Il suo avvertimento aveva permesso di evitare ulteriori danni grazie al pronto intervento di un operatore qualificato. Per poter salvaguardare il patrimonio culturale ecclesiastico occorrerebbe che in ogni realtà parrocchiale vi fossero persone preparate a mettere in pratica i principi elementari di una buona manutenzione, anche con piccoli accorgimenti, come quello da lei attuato. Viceversa, nella maggior parte dei casi, mancano quelle pratiche diffuse di una vigile attenzione sui beni che permettono di ridurre i costi di interventi di maggiore entità, e che permettono di tramandare in sicurezza la bellezza delle nostre chiese.
Un disegno che amerebbe veder concretizzato.
Riportare la Cattedrale dell’Assunta di Savona ad uno splendore oramai trascorso, e che questo possa essere di esempio per tutte le chiese della Diocesi. Ricordo che ne è stato già restaurato il tetto, la lanterna della cupola, e a breve lo sarà definitivamente il prospetto marmoreo; poi, sarà la volta del campanile. Anche l’interno della Cattedrale necessita di importanti interventi, per salvaguardare gli affreschi delle cappelle con le pitture di Giovanni Baglione, Flaminio Allegrini, Bernardo Castello e Giovanni Agostino Ratti, dopo avere attuato le verifiche del caso dei serramenti.
Un suggerimento, un auspicio...
Vorrei rivolgermi ai Parrocchiani, ai Confratelli e ai Parroci. Se si ha a cuore il patrimonio di architettura e d’arte delle nostre chiese e degli spazi ove vive la comunità con i giovani – fabbricati sempre in attesa di manutenzione e restauro – consiglio di investire nella redazione di un progetto da affidare ad un tecnico qualificato, così da ottenere il nulla-osta per i lavori da parte della Soprintendenza. Gli elaborati prodotti, comprendenti il computo delle voci di intervento, potranno essere utilizzati dall’Ufficio Diocesano Beni Culturali per partecipare con successo a bandi di contribuzione che spesso in passato sono andati deserti. La medesima modalità, più semplificata, può essere attuata per il restauro dei beni culturali mobili.
Oggi…
Questa esigenza di progettazione deve essere promossa “oggi”, perché il restauro di un edificio monumentale vincolato non è una procedura che si risolve in qualche mese, soprattutto se non si hanno le risorse per portarlo a compimento. Come Diocesi possiamo utilizzare i fondi dell’Otto per mille alla Chiesa Cattolica, ma anche per questa via sono necessari i progetti. Ed è bene rammentare la necessità che i fedeli continuino a sottoscrivere tale destinazione alla Chiesa Cattolica, per poter usufruire di parte di quei fondi per il restauro delle nostre chiese e per i fabbricati delle opere parrocchiali.
Vi è il grosso rischio che non vi potranno essere più risorse per conservare il patrimonio lasciatoci in eredità dai nostri antenati, con il rischio di perdere così il contatto con la bellezza, con il sacro, la continuità di quei luoghi ove continuiamo a celebrare passaggi importanti della vita della nostra comunità.
-Che cos’è per lei la felicità?
Ritengo sia poter realizzare quello che più ci dà piacere e ci allieta, nello svago, perseguendo un giusto equilibrio in relazione al lavoro, che deve e può appagare, ed essere remunerato in modo equo.
Grazie, caro Dottore, per aver accolto le mie domande. Le auguro quanto desidera.
Gian Luigi Bruzzone