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Un savonese e la tragedia ‘Marmolada’. Dolomiti le montagne più addomesticate del mondo


Tutti i media giustamente hanno scritto sulla tragedia che ha colpito le Dolomiti con il crollo di una parte del ghiacciaio della Marmolada e delle vite perdute di chi in fondo quella montagna amava o almeno apprezzava.

di Franco Zunino*

Mauro Corona

Ed ovviamente tutti dicono che non doveva succedere e che non succederà più (lo ha anche detto il Presidente del Consiglio!), ma ovvio che siano e sono dichiarazioni di circostanza, perché l’uomo non potrà mai impedire alle forze della natura di fare quello che gli compete. Da che la Terra è stata occupata dall’uomo, queste cose sono sempre successe, dalle alluvioni catastrofiche alle esplosioni dei vulcani, ecc. ecc. E ancora e sempre succederanno. La vera ragione, il vero problema se proprio tale lo vogliamo considerare, non è che il ghiacciaio si sia sfaldato, ma che quelle persone stavano là sotto! E questo fa parte del fato, dell’imprevedibilità o delle ipotesi che certi eventi possono anche succedere, ma mai coinvolgere “noi”! E invece a volte succede. Che poi si vada alla ricerca delle motivazioni ghiacciologiche perché l’evento si è creato, è giusto. Ma tutto qua.

Fondamentalmente se quelle persone non fossero state là sotto, esse sarebbero ancora tra noi. Che senso ha ora chiedersi se e come si poteva evitare la tragedia? Non se lo chiesero gli americani quando altrettante e forse più persone morirono per l’esplosione del vulcano del Mount St. Helens. Eppure, anche loro sapevano che il rischio c’era, ma nonostante questo vollero affrontare il rischio per godere della bellezza dei luoghi e delle emozioni di momenti di solitudine nella natura selvaggia. Sia nell’uno che nell’altro caso non è, quindi, colpa di nessuno. E’ colpa della vita e delle nostre scelte. E, non per nulla, tra i tanti commenti giornalistici, l’unico pertinente è stato quello di Mauro Corona, che, appunto, la montagna la conosce e sa a quali rischi si incorre quando ci si inoltra nei suoi recessi.

Mario Tozzi

In America lo chiamano il diritto al rischio. Questa volta anche il geologo Mario Tozzi, su La Stampa del 4 luglio scorso, ha avuto modo di scrivere una verità (sebbene poi fatta seguire da una non verità!). La prima, è che le Dolomiti sono “le montagne più addomesticate del mondo”. Ed ha detto una grande verità, che è la spiegazione del perché quelle persone stavano là sotto, peraltro con tutti i diritti di starci. La seconda è che “c’è un solo colpevole il cui nome è Homo sapiens”. Ovviamente per buttarla al solito sul cambiamento climatico dando per certo che sia colpa dell’uomo. E se così fosse, avrebbe anche ragione. Peccato che questa certezza non ce l’abbia né lui né gli scienziati che la propagano (basandosi però non tanto su fatti reali quanto su calcoli algoritmici). Che magari è anche la verità. Ma che andrà dimostrata inconfutabilmente. E ritorniamo al fatto che la tragedia è dovuta alla presenza là sotto di quelle persone: esse vi stavano così come stavano immerse nelle foreste quelle che facevano escursioni attorno allo splendido scenario dello Spirit Lake del Mount St. Helens, godendosi la natura selvaggia di quello, allora, splendido luogo.

Oggi quel luogo è un deserto di lava che la vegetazione sta pian piano rioccupando, riiniziando un ciclo che tra qualche centinaia di anni la ritrasformerà nella splendida foresta che era. Lo stesso ciclo che inizierà sulla morena dove il ghiacciaio della Marmolada si è schiantato. C’è quindi un unico modo per evitare che questa tragedia non si ripeta: almeno per ora, chiudere ai turisti (come ha già stabilito il Sindaco di Canazei), quel bacino vallivo.

In America hanno trasformato in Monumento Nazionale il Monte Sant’Elena, e poste regole severe per i visitatori. Mauro Corona critica il numero chiuso, ma è proprio il caso di mettere almeno un numero chiuso ai visitatori, per quelli che, rischio o non rischio, sulla Marmolada vogliono ancora salire (un numero chiuso che in America è regola per molte aree naturali selvagge, sia per rispetto della natura sia per rispetto dei diritti dei visitatori).

Orso marsicano/Parco d’Abruzzo New- Ecco le solite “buone” e brutte notizie diffuse dal Parco d’Abruzzo nel nuovo numero del Rapporto annuale! Gli orsi marsicani sono sempre gli stessi: attorno ai 50 esemplari, ed è così… da decenni! Che sia questa la buona notizia? O che sia che anziché chiamarli “esemplari” ora li chiamano più scientificamente “genotipi” (anche se qualcuno potrebbe chiedersi come mai gli scienziati non parlano come mangiano)? La brutta notizia, che però le autorità nascondono o mistificano, è che questi orsi sono “per la gran parte nei territori esterni al Parco”. Bene, se è così allora sarà certamente una buona notizia per i paesi e gli abitanti del Parco che potranno avanzare richiesta di abrogazione del Parco Nazionale, visto che la motivazioni prima per la sua istituzione fu quella di salvare e tutelare l’Orso marsicano. Ma… se l’orso non c’è più, allora a che serve il Parco? Migliori notizie potranno darsi dopo la lettura del suddetto Rapporto.

Il Parco Nazionale d’Abruzzo sempre più area ricreativa e sempre meno habitat per l’orso. In pratica, mentre da una parte si esalta il fatto che gli orsi vivono ormai “felici” fuori dal Parco, nel Parco, anche lungo sentieri pedestri è praticabile il passaggio in mountain bike (come se non fosse un disturbo!). Questo, almeno, sembra di capire dai nuovi cartelli che il Parco ha fatto installare, con non poche polemiche, anche fuori dal territorio istituzionalmente Parco, ormai sempre più gestito come se fosse Parco: sarà questione di tempo, ma presto vedremo i SIC esterni al Parco trasformati in Parco, grazie a qualche manovra politica di cui noi italiani siamo campioni, visto che non siamo ancora un democrazia compiuta (anzi, proprio quale prova di questa mancanza di democrazia!). Ora, vero che le mountain bike almeno in qualche caso le si possono utilizzare, ma un conto è l’uso sulle strade forestali e bianche, visto che trattasi di un mezzo meccanico (anche a motore, seppure elettrico!), un conto consentirlo lungo i sentieri e, in qualche caso, finanche sui pascoli e fuori sentiero – come risulta dalla cartografia ufficiale! Quindi, non più orsi.

*Franco Zunino (Segretario Generale AIW)

 


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