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C’è una logica indicibile dietro lo scontro tra Russia e Occidente? Sopra la tragedia Ucraina


Un editoriale sopra le pieghe della vicenda ucraina. C’è una logica indicibile dietro lo scontro tra Russia e Occidente?
di Antonio Rossello

Il savonese di Laigueglia Gianluca Savoini (presidente del’associazione Italia-Russia) con il presidente Putin. Una stretta di mano per i fotografi e cameraman. Sono trascorsi oltre due anni e c’era ancora chi ne discute e si pone interrogativi nei rapporti tra la Lega di Slavini e il ‘despota’ russo.

Premessa- A scimmiottare i veri editorialisti (*): «Cosa c’è dietro l’angolo?» Se come boutade pare non fare una piega in un gioco delle parti, nell’assai complicato quadro internazionale trovo ancora di grande attualità la classica domanda che il conduttore Maurizio Costanzo poneva di rito, durante una fortunata trasmissione televisiva di metà anni ’70: «Bontà loro».
Ma, qui, più che ragionare sulle capacità di previsione, occorre rimandare alla necessaria oggettività e sobrietà di giudizio del giornalista professionista o meno, dell’esperto o meno, di chiunque scriva insomma, che alimenta a sua volta il giudizio del lettore. E, bontà di quest’ultimo, mi si spieghi come si fa a morir in guerra col goniometro!
So di non esser solo quando dico che mi piace pensare a tutte queste cose, per quanto possa sembrare uno strano hobby quello di chi, come me, scrive di tutto un po’, ma a mio avviso la logica del Realismo storico, che si fa, va oltre la Storia dei fatti ed eventi, che si dà, nel contesto del presente.
Cosicché, è l’Uomo (o meglio l’Umanità) il soggetto o l’oggetto di questo Realismo storico, in quanto ente che agisce, subisce o osserva «storicamente», attraverso ogni attività, passività o inattività umana collettiva in senso lato, eminentemente storica più che naturale.
In questa realtà logica dove si intersecano la Storia e l’Uomo, proprio come stiamo parlando oggi di ciò che è accaduto nel nostro paese 200 anni fa, parleremo di ciò che è accaduto ieri nella nostra stessa vita e domani nella vita di coloro che ci sono vicini e cari. Buona dunque l’allusione al goniometro, se rapportata alla necessaria premessa di non vincolarsi all’angolo prospettico prevalente e alla presunzione di stare dal lato della verità assoluta, guardando da questa parte di mondo, che rappresenta la nostra comfort zone.
Ed ecco, di seguito, alcune considerazioni sommarie su questioni non certo affrontabili in punta di fioretto, visti la sede e i dovuti limiti di spazio.
Si pone quindi il problema, con Draghi che risponde a Zelensky. Nel qui ed ora, mentre da tre settimane assistiamo a reti unificate agli orrori con cui molte persone ancora muoiono, soffrono e si impoveriscono a causa di una guerra ripugnante, alcune altre invece inseguono gloria e interessi o parlano soltanto di sé stesse. In pieno XXI secolo, tutto ciò pare privo di logica.
E dalla prospettiva di quest’angolo di mondo, restringendo la visuale agli ultimi giorni, dalle risposte di Draghi a Zelensky ho percepito che all’Italia non interessa particolarmente al momento mediare tra i belligeranti.
Veniamo alle circostanze. Lo scorso 22 marzo, il leader ucraino, dopo aver conferito con vari parlamenti stranieri, è stato ascoltato anche da quello italiano e al suo discorso è seguito quello del nostro premier, con tanto di applauso scrosciante dell’Aula. In sintesi, Draghi ha confermato che l’Italia proseguirà ad inviare armi all’Ucraina – letali ma non troppo – e che appoggerà l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea. Le sanzioni poi restano lo strumento principe per far inginocchiare l’economia russa.
Tradotto- Il governo italiano non si spenderà significativamente al fine di trovare una soluzione, tregua o armistizio che sia, utile ad estinguere nel più breve tempo possibile la guerra scatenata da Putin, lasciando che essa vada avanti altri giorni, settimane o mesi, con il suo corollario di morti e sofferenze. Ulteriormente, ciò comporta che l’Italia, l’Unione Europea gli Usa e la Nato non forniranno tutte le proprie armi più potenti all’Ucraina, uno Stato sovrano impegnato in una legittima guerra di difesa contro l’invasore russo; né istituirà una No Fly Zone. La ragione è quella di evitare di scatenare la terza guerra mondiale.

Sostanzialmente, se Putin va condannato – si sottolinea giustamente – per l’atrocità di aver cominciato la guerra, non vi è altrove eccessiva preoccupazione di farla rapidamente finire. Solo qualche timido cenno in tal senso. Lo scenario del campo di battaglia e della geopolitica al contorno Allargando l’angolo di osservazione, è passato circa un mese dall’invasione che fa ora tremare il mondo, ma una soluzione militare o diplomatica della guerra sembra ancora lontana.  Ambigua la neutralità cinese e di un ulteriore esiguo numero di stati. Tra i poco propizi tentativi di mediazione avvenuti, quello turco e quello israeliano.
Dopo quattro settimane, sul campo le forze russe hanno occupato diverse zone a nordest e a sudest, ma l’unica importante città conquistata è Kherson. Sugli altri fronti l’esercito russo ha avuto problemi logistici e militari, che gli hanno impedito di avanzare e conquistare Kiev, Kharkiv, Odessa e Mariupol. Continuano immani distruzioni ma strenua, coraggiosa, è la resistenza ucraina. Stando alle notizie giunte dai vertici UE. G7 e Nato, svolti a Bruxelles il 24 marzo in presenza del Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, per cercare una via d’uscita comune dal labirinto creato dalla guerra in Ucraina, sono emersi due schieramenti: quelli che chiedono un cambio di passo per fermare la Russia, e quelli che si oppongono all’invio di militari. Poi ci sono gli indecisi. Su tutto, l’intimazione al Cremlino di una dead line riguardo all’impiego di armi chimiche… e nucleari.
Considerazioni sulla logica occidentale – Se si considera la concatenazione di decisioni assunte, con differenti risibili sfumature, dai paesi occidentali, pare emergere una scelta condivisa: proseguire la guerra, con il suo corollario di morti, distruzioni e sofferenze per impantanare Putin. Si configura una guerra non nucleare tra Russia e Occidente, che culmina con lo scontro epocale fra due rispettivi sistemi antagonisti: il primo, formalmente un’autocrazia nazionalista, più imperialista e arretrato (con necessità intrinseca di espansione economica, possesso di materie prime, territori e mercati, anche con la guerra più o meno velata); il secondo, formalmente liberal-democratico, più capitalista ed evoluto (votato al possesso del denaro per muovere l’economia). Tale guerra viene combattuta convenzionalmente, per procura occidentale, sul terreno soltanto dall’Ucraina (paese in transizione dal primo e che aspira al secondo dei due sistemi); da ambo i sistemi invece sul mercato globale per mezzo di sanzioni, embarghi e finanza.
Di questa guerra, condotta anche attraverso cyberattacchi, manipolazioni sui social ben oltre i proclami e le minacce sui tradizionali organi di informazione, il popolo ucraino paga le conseguenze fisiche ed economiche, gli altri popoli per ora solo quelle economiche. Ne viene che più la guerra andrà avanti se da un lato più alto sarà il rischio una escalation nucleare, dall’altro maggiore sarà lo spazio affaristico per le speculazioni e per i vari business del riarmo o della futura ricostruzione.
In ultima analisi, la prosecuzione della guerra è evidentemente destinata ad aumentare gli odi tra i popoli e innalzare barriere mai viste, con ricadute in ogni campo tali da sembrare un tuffo nell’oscuro passato. Andando oltre la propaganda, non dicibile nel suo cinismo, la logica che guida i governanti occidentali potrebbe essere la seguente. Putin ha brutalmente aperto le ostilità; ma noi le facciamo durare abbastanza da fargli male, forti dei pretesti offerti dal diritto internazionale e dai crimini di guerra. Le sofferenze che sta pagando in primo luogo il popolo ucraino, come pure quelle che dovranno pagare gli altri popoli, non ci interessano.
Conclusioni – Questa guerra non avrà certamente vincitori e vinti ma solo sconfitti, a partire dal popolo ucraino. Dal punto di vista dei popoli, questa guerra non si può pertanto vincere ma si dovrebbe solo interrompere, arrestare, fermare. Essa presto o tardi finirà, ma le storie di guerra continueranno, con gli stessi personaggi in nuove salse su media, romanzi, documentari, memorie e così via? Secondo il solito vecchio copione: la macchina militare più potente del momento sconfiggerà un nemico che non vorrà nemmeno arrendersi o che non vorrà più combattere; ad ogni nuovo avversario che emergerà dal nulla, il processo ricomincerà con nuovi colpi di scena e ancora altre vittime…
Con la massima apertura visuale, dunque, si evince una generale carenza di attenzione a quel valore essenziale ed esistenziale rappresentato dalla vita dell’Uomo, senza il quale ogni processo storico reale condanna l’Umanità all’autodistruzione e non ad uno sviluppo armonioso.
Concludendo, dovremmo più che mai chiederci: «Come affrontiamo la storia?» La risposta a questa domanda ci porterà a un’altra, ovvero se dovremmo imparare dal passato, o meglio ignorarlo, fingendo che esso possa benissimo rimanere dietro l’angolo.

Antonio Rossello
(*) NdR: non ne vedo qui intorno, ma mi sono espresso al riguardo nell’articolo «L’editoriale fa ancora il giornale?» pubblicato lo scorso gennaio.


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A. Rossello

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