Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

Settimanale d’informazione senza pubblicità, indipendente e non a scopo di lucro Tel. 350.1018572 blog@trucioli.it

La denuncia. ‘La medicina di base anche in Liguria verso la scomparsa’. Intervista al dr. Renato Giusto segretario regionale S.M.I


‘La medicina di base anche in Liguria verso la scomparsa’. La denuncia è del dr. Renato Giusto, segretario regionale del Sindacato Medici Italiani, con l’intervista a trucioli.it. I medici di medicina generale sono giunti al punto di proclamare uno sciopero! E Toti, per tutta risposta, investe nella sanità 189 milioni grazie ai fondi del Pnrr


di 
Gianfranco Barcella

Il dr. Renato Giusto, consigliere comunale, già presidente del Consiglio comunale di Savona, ex presidente dell’Ordine dei medici della provincia di Savona e segretario regionale del Sindacato Medici Italiani

“A due anni dal primo caso di Covid 19 a Codogno il Senato ha bloccato nella legge di bilancio e poi in sede di conversione del decreto-legge221/21-proroga stato di emergenza e contenimento epidemia Covid-19, il ristoro economico da elargire alle famiglie dei medici di famiglia, morti in servizio perché infettati dal virus nefasto. Errare è umano ma perseverare è diabolico…”

Tutti i personaggi più importanti, a partire dal Papa ad arrivare al Ministro della Sanità hanno elogiato pubblicamente il ruolo svolto dai medici e da tutti gli Operatori della Sanità durante la pandemia. Alcuni li hanno definiti eroi! E il Senato della Repubblica Italiana ha bloccato in modo plateale i contributi economici minimi che erano stati previsti per essere consegnati ai familiari dei Medici che sono morti, immolando la propria vita all’assistenza medica degli Italiani, affetti da covid 19.

Questi medici dopo aver patito difficoltà operative, indicazioni burocratiche contraddittorie, in vita, sono stati sviliti anche post – mortem proprio da coloro che avevano riconosciuto, in loro, la tempra meritoria dell’eroe. Dispiace che non si siano trovati i fondi per dare un ristoro anche simbolico oltre che economico alle famiglie di questi colleghi, medici di famiglia liberi professionisti, specialisti ambulatoriali e odontoiatri.

Ci sono famiglie che, in molti casi insieme alla perdita umana, sono rimaste prive dell’unica fonte di sostentamento e alle quali sono negati gli indennizzi Inail. I medici che hanno perso la vita soprattutto nelle prime fasi della pandemia, quando hanno combattuto a mani nude contro il virus, in un contesto in cui mancavano mascherine, guanti ed i i più elementari dispositivi di protezione, l’ hanno fatto per i loro pazienti e per il loro Paese che ha riservato loro un diniego vergognoso, per tutta risposta. Per amore di verità il subemendamento 2.1500/32, dopo aver incassato il parere contrario della Commissione Bilancio, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, è stato, durante la discussione in aula, ritirato e riformulato come ordine del giorno, accolto dal Governo. Ora si è deciso che le famiglie di centinaia di professionisti, immolati per il bene pubblico, riceveranno alcune migliaia di euro. E speriamo che almeno sia così! Ricordiamo per tutti il dott. Roberto Stella, medico di base di Varese, il primo a perire per causa di servizio”

“Potenziare la medicina di base in Liguria e la telemedicina è ormai improcrastinabile. Siamo in arretrato rispetto ai livelli nazionali. Purtroppo abbiamo un assessore alla Sanità alla Regione Liguria, part time…”

La medicina di famiglia sta andando verso la scomparsa! A livello nazionale è stata firmata solo dalla Fimmg (il sindacato maggioritario della medicina generale) la nuova convenzione per la medicina generale. Questo nuovo accordo nazionale pecca veramente ed incredibilmente nell’aumentare l’impegno burocratico che andrebbe diminuito ed addirittura abolito. Inoltre obbliga i Medici di Famiglia a svolgere altri impegni come quello di operare anche negli Ospedali di Comunità, nella Guardia Medica per realizzare una continuità assistenziale che appare ancora come una pura utopia.

Ancora, non si possono certo lodare certi politici che hanno tagliato, da anni, i bilanci della Sanità e coloro che hanno disorientato i medici di famiglia con le loro analisi contraddittorie del fenomeno Covid 19, mettendo in discussione anche l’opportunità di curare da subito, al domicilio, al manifestarsi dei primi sintomi dell’infezione virale, i propri pazienti, come avevano fatto da sempre.

A proposito di telemedicina in Liguria il 27 Giugno 2021 si è presentato in pompa magna un progetto di telemedicina, un prototipo della gestione unitaria di diverse funzioni di medicina a distanza oggi disponibili: televisività, teleconsulto, telemonitoraggi, teleriabilitazione, sensoristica avanzata domiciliare, sistema multiparametrico di monitoraggio per attività esterne e ambientali e tante altre possibili attività di gestione a distanza, dal coordinamento della presa in carico delle persone e delle comunità fino alla raccolta di dati a fini di studio.

In particolare la sensoristica avanzata domiciliare sarebbe stata molto utile per i malati di covid paucisintomatici, rimasti al loro domicilio, e accuditi da una semplice telefonata, quando andava bene. Cito per contro ciò che è accaduto in molte strutture sanitarie della ASL di Foggia, chiamata a rispondere all’impegno di fronteggiare contemporaneamente l’emergenza sanitaria Covid-19 e di garantire l’assistenza per altre patologie.

In termini rapidissimi il <progetto Diomede>, nato per la digitalizzazione della presa in carico di specifiche cronicità (es. scompenso cardiaco, diabete, ipertensione) e la loro assistenza anche da remoto, è stato ammpliato e riconfigurato per rispondere anche all’esigenza di monitaraggio dei pazienti Covid , ottimizzando le risorse disponibili e limitando gli accessi fisici alle strutture sanitarie”.

A livello nazionale si è programmato un piano per monitorale la situazione dei malati che sono stati affetti dal Covid 19 per valutare le patologie a medio e lungo termine, lasciate da questo virus ancora in gran parte misterioso. A livello locale stiamo lavorando in tal senso?

Con il termine di Long Covid si descrive l’insieme di segni e di sintomi che continuano o si sviluppano dopo un episodio di Covid-19 acuto e che perdurano oltre le quattro settimane dall’inizio della malattia, senza una diagnosi alternativa. Secondo uno studio svolto in Svizzera (Nehme et al. 2020) circa un paziente su tre continua ad avere sintomi dopo più di sei settimane mentre lo studio italiano di Carfi e colleghi (2020) ha messo in ha messo in luce che il 55% dei pazienti aveva tre o più sintomi sessanta giorni dopo l’inizio del 19.. Le conseguenze riportate in letteratura e sul campo, sono a livello sistemico e riguardano l’apparato polmonare in primis e poi quello cardiologico, renale, epatico, neurologico con percentuali oscillanti tra il 5 e il 50 % a seconda delle ricerche e del range di sintomi e gravità intercettate.

Sono inoltre presenti con minore frequenza ma ugualmente ricorrenti, dolori articolari e muscolari o cefalee. Fra i sintomi riscontrati vi sono affaticamento, difficoltà respiratorie ma sono riportati anche disagio toracico, tosse, anosmia sindrome sicca, rinite, disgeusia, inappetenza, vertigini, alopecia e sudorazioni frequenti.

Non si devono dimenticare anche ansia e depressione (nel 23% dei pazienti secondo uno studio cinese), disturbo post – traumatico da stress, insonnia e problemi cognitivi quali difficoltà di memoria e scarsa concentrazione(<la cosiddsetta brain fog>),

A fronte della complessità di questa sindrome, l’approccio olistico della medicina integrata può essere d’aiuto. Per questo gli ambulatori pubblici di MC, del sistema sanitario regionale toscano, coordinati dal Centro Regionale Toscano per la medicina integrata, hanno svolto un lavoro di studio delle esperienze internazionali sull’utilizzo delle medicine complementari nelle varie fasi del Long Covid per contribuire a rafforzare il sistema immunitario e ripristinare l’equilibrio e l’omeostasi dei vari organi e apparati.

In Toscana, l’integrazione fra medicina ufficiale e medicine complementari è una realtà del servizio sanitario regionale fin dagli Anni ‘Novanta. Sono 76 gli ambulatori presenti in tutte le Aziende Sanitarie, dove gli operatori si prendono cura con un approccio integrato e multidisciplinare, della salute. In Liguria siamo rimasti un poco indietro, a tal proposito! E’ molto grave, inoltre, che il diritto alla salute, non solo come cura delle malattie, ma come benessere della persona sia riconosciuto in modo differente a seconda della collocazione regionale del paziente!

Oggi, si parla con insistenza della <medicina di iniziativa> (si tratta di un contatto costante tra medico di base e paziente per monitorare l’evoluzione delle sue patologie croniche). A che punto siamo da noi in Liguria?

Quando circa quaranta anni fa partecipai alla creazione della SMIG (Società Italiana di Medicina Generale), la società scientifica dei medici di medicina generale insieme all’ illustre Prof. Aldo Pagni di Firenze, le direttive su cui si basava la SIMG erano: il medico deve saper fare, saper essere! E c’erano già in campo alcune novità quali la Medicina di Iniziativa versus la Medicina di Aspettativa ovvero si pensava che il medico avrebbe dovuto impegnarsi non solo a curare il paziente che si reca dal medico ma anche a prendere l’iniziativa di cercare tra i suoi pazienti quelli affetti da patologie, che se curate subito, quasi in modo preventivo, avrebbero potuto guarire senza giungere alla cronicizzazione. Deve però esserci la volontà politica di non voler sempre tentare di inventare norme di legge che mirano solo al risparmio economico in campo sanitario, addirittura dando alla fine dell’anno, incentivi- premio ai dirigenti amministrativi delle Asl che operano bene. Il cammino da fare in tal senso, da noi in Liguria, è ancora lungo.

“Sono previste azioni di rivendicazione da parte dei medici di base?”

“Gli altri sindacati come lo SMI (Il Sindacato Medici Italiani non hanno firmato l’assurda nuova convenzione che porterà all’estinzione la Medicina Nazionale di Base. Inoltre è stato indetto uno sciopero dei medici di famiglia per sensibilizzare il potere politico e l’opinione pubblica sulla situazione della sanità nazionale che tutela sempre meno il diritto alla salute dei meno abbienti, un diritto tutelato e garantito dalla Costituzione. Il ridimensionamento degli organici e il taglio delle risorse economiche non ha permesso di affrontare certamente al meglio anche tutte le problematiche, create dal Covid 19. In occasione della pandemia si è potuto toccare con mano il danno perpetuato dai politici incompetenti che continuano a peggiorare la situazione della sanità pubblica. E’ inutile negarlo: cresce il disagio dei camici bianchi sul territorio ed ora si concretizza in una prima protesta pubblica. Il malessere della categoria è palpabile, occore ribadirlo! Patisce carichi di lavoro insostenibili, mancanza di tutele, burocrazia aberrante e il rischio di mancato indennizzo alle famiglie dei colleghi, deceduti per Covid. E’ stato come uno schiaffo, inferto loro dallo Stato. Il S.M.I (sindacato Medici Italiani) e il SIMET (Sindacato Italiano Medici del Territorio) hanno pertanto indetto lo sciopero per tutti i medici dell’area convenzionata, con la chiusura degli ambulatori per i primi due giorni del mese di Marzo.

E’ stata anche organizzata una manifestazione a Roma per il 2 Marzo, alle ore 9, dinanzi al Ministero della Salute. Lo sciopero riguarda circa quattromila medici di base. E’ necessaria però una mobilitazione più ampia! La proposta è quella di utilizzare il Pnrr per costruire sui territori delle comunità di cura, superando la frammentazione della medicina generale, servizi di salute bio-psico-sociali, integrati con gli enti locali e con la scuola. Serve insomma ricomporre la filiera formativa e contrattuale, integrando le cure territoriali. Il nodo da sciogliere però, resta quello della connessione tra medici di famiglia e Case di comunità.

E Toti per tutta risposta mette in campo per la sanità pubblica un piano di investimenti da 189 milioni di euro, ottenuti grazie ai fondi del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr).

Si potrà ridisegnare la sanità ligure grazie a 33 case di comunità, 11 ospedali di comunità e 16 centrali operative che saranno realizzati nei prossimi anni in Liguria. Quello della sanità era uno dei capitoli di spesa più attesi, visto il livello delle prestazioni offerte, non sempre adeguato alle esigenze dei pazienti.

Le case e gli ospedali di comunità sono strutture di cure intermedie, a metà tra il ricovero ospedaliero, destinato al paziente acuto e le cure territoriali. A illustrare nel dettaglio il piano, inviato a Roma, è stato proprio il Presidente della Regione e Assessore alla Sanità, Giovanni Toti, in commissione salute. Erano presenti anche il coordinatore della struttura di missione Giuseppe Profiti, il direttore generale di Alisa Filippo Ansaldi e il direttore del dipartimento Salute, Francesco Quaglia, Parte delle risorse saranno destinate a interventi di adeguamento alle normative antisismiche, alla digitalizzazione e all’acquisto di nuovi macchinari e attrezzature.

“E’ la prima definizione del Pnrr per quanto riguarda la modernizzazione della rete territoriale di presa in carico dei cittadini, ha spiegato Toti”. Sulle localizzazioni, Profiti ha aggiunto che nella stesura del piano “si è tenuto conto dell’analisi dei fabbisogni, dei bacini di utenza con le caratteristiche anagrafiche, oltre che dell’esigenza di recuperare strutture del patrimonio edilizio esistente”.

In particolare, nel Ponente Ligure sono previsti i seguenti interventi, suddivisi per ASL. Nelle Aziende Locali di Imperia e Savona, ci saranno 11 case di comunità: nell’area del parco ferroviario di Ventimiglia, nel nuovo Palasalute di Sanremo, alla stazione di Arma di Taggia, al Palasalute di Imperia , nell’ex caserma Manfredi di Pieve di Teco, nell’ospedale di Albenga, nella sede del distretto di finale Ligure, nell’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, in quello di Cairo, nella sede del distretto di Savona e a Vado Ligure, in via alla Costa. Tre gli ospedali di comunità che verranno realizzati nei nosocomi di Imperia, Albenga e Cairo.

Cinque le centrali operative territoriali nelle due province del Ponente: nell’ex archivio di Bussana, a Sanremo; nell’ex poliambulatorio di via Calderina ad Imperia, all’interno del Santa Corona e del San Giuseppe e nella sede del distretto Asl2 di via Collodi, a Savona città.

Gianfranco  Barcella

 

 


Avatar

G.F. Barcella

Torna in alto