In un momento in cui si comincia finalmente a guardare alle cd. “bombe di Savona” del 1974-75 con un occhio rivolto all’analisi storica e non solo all’agiografia, va salutata con piacere l’uscita, per i tipi di ArabAFenice, di “I misteri delle bombe nere”, il nuovo libro di Maurizio Picozzi, per lungo tempo magistrato del tribunale di Savona.
A due anni di distanza da “Uomini o mantidi?” – il volume sulla vicenda di Cesare Brin e di Gigliola Guerinoni (che fa capolino anche in questa storia) – l’autore affronta ora il tema delle dodici esplosioni che colpirono Savona e il suo circondario dal 30 aprile ’74 al 26 maggio ’75, con il tagico epilogo di due morti e una quindicina di feriti.
Il nostro, va detto subito, ha buoni titoli per farlo: fu infatti Picozzi – giunto a Palazzo Santa Chiara nell’ottobre dell’86, undici anni dopo l’ultima bomba e una lunga serie di giudici istruttori e pubblici ministeri transitati più o meno inutilmente attraverso l’inchiesta – a recarsi per primo in Portogallo e in Spagna per interrogare Carlos Alberto De Carvalho e Francisco Royuela (due protagonisti della cd. “pista spagnola”) e a raccogliere nell’aprile dell’88 la deposizione di Nelly Bonifacino e Andrea Pescio sui veri esecutori degli attentati, inaugurando suo malgrado un capitolo doloroso e funesto di questa storia.
A distanza di trent’anni dall’ultimo decreto di archiviazione Picozzi per la prima volta racconta come andarono veramente le cose, e quale fu l’esito sorprendente e amaro della vicenda giudiziaria.
Il libro non manca di un’analisi e di un inquadramento storico degli eventi (nell’ambito della quale trovano la loro collocazione Junio Valerio Borghese, Elio Massagrande, Edgardo Sogno, Sergio Calore e molti altri protagonisti di quella “partita truccata” che fu la strategia della tensione) ma è soprattutto un appassionante romanzo-inchiesta in cui un giudice (dietro il quale si scorge agevolmente l’autore) tenta finalmente di dipanare sul serio la matassa aggrovigliata delle bombe e si ritrova immerso, pagina dopo pagina, nei misteri, nei depistaggi, nelle coperture e nelle vergogne di un’indagine che, a suo dire, non è andata verso la verità.
Il lettore si trova così, quasi in una sorta di instant movie, alle prese con innocui impiegati che si scoprono meno inoffensivi di quel che sembra, “nazisti da operetta” che da operetta in realtà non sono, sigle terroristiche dai confini nebulosi, duri e puri eversori dell’ordine democratico che si rivelano essere informatori della polizia, sparizioni di passaporti e di documenti decisivi all’interno della Procura della Repubblica di allora, indagatori disinformati che qualcosa sanno, stanze d’interrogatorio dai muri di carta velina, preti falangisti carcerieri di giovani ostaggi e molto altro ancora.
Il tutto documentato da atti giudiziari e da un’analisi dei materiali che solo un esperto di tecniche investigative poteva condurre. Con una straziante e malinconica “inversione dei ruoli” tra accusati e accusatori e con un retrogusto amaro che, alla fine, questa storia si porta con sé; e, aggiungiamo noi, con qualche interrogativo non banale sulle virtù della nostra bella democrazia quando questa viene messa alla prova della storia.
Il libro verrà presentato sabato 17 luglio, con inizio alle ore 21 in Piazza del Talian ad Albisola Superiore, con il patrocinio del Comune. Con l’autore dialogherà Massimo Macciò, autore nel 2019 di “Una storia di paese – Le bombe di Savona 1974-‘75” sullo stesso tema.
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LA PREFAZIONE E’ DI GIOVANNI RUSSO SPENA, 75 ANNI, politico e accademico italiano, a lungo militante nei partiti della sinistra radicale che esordisce: “E’ splendido il romanzo/inchiesta di Maurizio Picozzi, valente magistrato. Partendo da uno dei tanti episodi di stragismo, apparentemente minore (quasi mai nelle ricostruzioni mediatiche sugli anni delle bombe viene citato il ‘caso Savona’ da Tv e giornali ndt), l’Autore traccia una vera narrazione storica….un segmento rilevante della ‘autobiografia di una nazione’. Gli anni di piombo, stragismo impunito, strategia della tensione….Vi è un lunghissimo filo che ritroviamo in tutte le stragi e gli atti di terrore (comprese le ‘bombe nere’ di Savona) che impedisce che si giunga alla verità, politica e giurisdizionale: è il depistaggio attuato da segmenti del potere collocati nel ruolo dello Stato….Mi piace qui ricordare l’acuta osservazione dello storico De Lucis, grande studioso dei servizi segreti nazionali ed internazionali: ” La magistratura è stata sistematicamente sabotata dalla polizia, dall’Ufficio Affari Riservati e da pezzi di servizi che non erano deviati, ma rispondevano al alleanze internazionali e ad ordini provenienti da catena di comando parallelo…Nonostante il lavoro della Commissione Anselmi, noi ancora non sappiamo cosa fosse realmente la P2, quali poteri politici, economici, finanziari utilizzassero quella struttura.
IL LIBRO DI PICOZZI: 269 PAGINE. SUDDIVISO IN 9 CAPITOLI. L’ULTIMO COMPRENDE: NUOVE SCOPERTE, ULTIME CONFERME, RECUPERO DELLA MEMORIA.
Emerge su tutti un ‘personaggio chiave’, Fabrizio Terracciano che uno stimato avvocato del foro locale ricordava bene che in città era chiamato ‘il nazista’ e veniva reputato un soggetto pericoloso.Un passato di paracadutista della Folgore; la partecipazione alla sezione savonese dei paracadutisti ex Folgore, fondata nel 1963 nella palestra gestita da suo padre, il quale era un gran maestro aggiunto di un rito massonico, il cui gran maestro era stato, come lui, ufficiale dei reparti speciali della R.S.I….Analogo percorso aveva seguito Pollero, di tre anni più grande di lui (di Fabrizio), restando nella sezione fino al ’67, manifestando ideologie di destra, carattere irruento e rigido, tanto da essere chiamato ‘u rubiu’ (rovere). Pollero era stato chiamato al corso di Livorno dal ’64 al ’65 nel quale aveva come compagni d’armi altri due savonesi, mentre Terracciano aveva frequentato il corso del ’66. Anno in cui nella caserma di Livorno figurava come ufficiale Elio Massagrande (faceva parte di Ordine Nuovo fu un gruppo politico di estrema destra extraparlamentare nato nel dicembre 1969 e lo scioglimento ufficiale a opera del ministro dell’interno Paolo Emilio Taviani).
Un altro legale di Savona, scrive ancora Picozzi nel libro, ricorda che Fabrizio Terracciano era chiamato con due sinonimi: ‘il mercenario’ o piuttosto il ‘legionario’. A Savona a metà degli anni ’80 non aveva occupazione stabile, viveva a casa della madre, svolgeva lavori di guardiaspalle ed autista di professionisti. Sul finire del decennio aveva gestito un bar in centro. Un altro avvocato che l’aveva conosciuto nel 1984 ricorda che Fabrizio frequentava spesso un ragazzo di Varazze che lavorava come casellante autostradale. Anche il varazzino manifestava le stesse idee di destra estrema ed attivista del Msi. Insieme fecero un viaggio in Africa alla ricerca di diamanti e di pelli di coccodrillo….Il contatto, di per se neutro, poteva indurre a suggestioni sul fatto che l’unica bomba esplosa nel centro di un’altra città ligure, oltre a Savona, era stata proprio quella di Varazze….Un attentato più atipico dei 12 , con un inspiegabile movente contro la stazione dei carabinieri di un piccolo centro turistico….La bomba esplose il 23 novembre del ’74 alle 0,55, dopo essere stata collocata nei pressi del pilone di un altissimo viadotto dell’autostrada Ge – SV, posto di fronte alla stazione dei carabinieri. L’episodio fu casualmente l’unico delle 12 esplosioni in cui vi era stato un testimone quasi oculare. Una donna si trovava nei pressi del torrente Teiro, affacciata alla finestra in attesa dell’arrivo del marito. E pochi minuti prima dell’esplosione aveva visto transitare prima la sola Fiat 600 che sin era fermata e l’autista (un giovane di 25 -30 anni, presumibilmente il ladro della vettura) ne era uscito tornando a piedi verso il mare. Dopo poco si era fermata una Renault 4 ed il giovane dell 600 aveva ritirato un pacco consegnatoli dagli occupanti della Renault. Poi questi aveva ripreso la marcia con la 600 diretta verso la stazione dei carabinieri, da cui la donna aveva avvertito, dopo poco, il forte boato. La Renault aveva seguito la 600 ad una certa distanza, recuperando prima dell’esplosione il complice che aveva innescato la bomba all’interno della Fiat, in modo da allontanarsi insieme.
Terracciano possedeva dal luglio ’74 una Renault 12 di colore arancio, secondo l’informativa dell’Antiterrorismo ligure del 7 dicembre ’74, oltre ad una vecchissima Renault 14 marrone venduta nel 1987 ad un legale suo amico.
Fabrizio, si legge ancora, “godeva di numerose amicizie importanti. In particolare nell’ambiente della Questura di Savona si confermava che egli fosse amico del primo sottufficiale delegato a ritirargli il passaporto…
ULTIME CONFERME – MANCAVA L’ULTIMA CONFERMA: QUELLA DELLA PERSONA CHE AVEVA SOSTANZIALMENTE RIAPERTO ED INDIRIZZATO DEFINITIVAMENTE L’INDAGINE CON LA SUA DEPOSIZIONE SCONVOLGENTE.
L’amica non conosceva Terracciano, ma Nelly le aveva confidato di conoscere ‘cose gravi’….L’amica (mai interrogata) aveva anche che era stata trovata droga in caso di Nelly Bonifacino, ma era convinta che non fosse loro, soprattutto perché Andrea Pescio era un ‘bambinone’, ‘il gigante buono’ ed amava i bambini….L’ultimo giudice istruttore a quel punto aveva sentito la necessità, prima di concludere le sue ricerche, di risentire dopo tanti anni la signora Nelly, cioè l’unica sopravvissuta della triste storia. …Sottolineava che in questi anni aveva cercato di cancellare ogni ricordo di quel brutto periodo (lei tra le ‘vittime’ dell’operato di Terracciano). Nelly ribadiva di non sapere nulla di tutto quello che aveva già detto in tempi remoti, che però confermava: ” le ho detto tutto quello che sapevo, caro giudice…e mi è costato carissimo”.
“Per lei – conclude il libro di Picozzi – quelli erano ricordi troppo dolorosi, che aveva cancellato del tutto: tanto più che aveva rivisto suo figlio quando aveva raggiunto l’età di 30 anni. Insomma, i lunghi anni trascorsi, le penose vicende umane ed i pericoli corsi non avevano intaccato i suoi ricordi, né le sue convinzioni”.
Il libro si conclude con una ‘Postfazione’ del giornalista savonese Marcello Zinola. L’ultima pagina è riservata ai ‘ringraziamenti’.
QUEI DUE GIORNI PARTICOLARI –
ARTICOLO SCRITTO DA LUCIANO CORRADO SU TRUCIOLI SAVONESI NEL 2005
Il periodico “L’Uovo di Colombo” ha dedicato due pagine e la fotografia col cane. Titolo:
Savonese, ex ufficiale della Folgore
Vice presidente nella Repubblica Domenicana
E’ Fabrizio Terracciano con esperienze in Katanga, Etiopia, Eritrea. Il suo passato
Fabrizio Terracciano | Savona – I miracoli di internet. Navigando ecco la scoperta di un personaggio che molti savonesi ricordano. Magari anche con qualche frequentazione molto significativa per la storia della città dal 1974 ad oggi. Ora Fabrizio Terracciano, auspicando che possa scrivere qualche interessante articolo, anche su Trucioli Savonesi, vive nella Repubblica Domenicana, a Puerto Plata.
E’ autorevole vice presidente del “Movimento Italiani Residenti”. |
Un organo di informazione locale “L’Uovo di Colombo” (vedi… link poi rimosso) gli ha dedicato un lungo articolo in lingua spagnola, ricordando il glorioso e brillante passato quale “ufficiale paracadutista della Folgore”. E le sue esperienze “eroiche” in Africa, dal Katanga, all’Etiopia, all’Eritrea.
Sul forum del “Partito degli italiani all’estero”, il 2 giugno scorso, ancora una citazione di merito e d’onore di Fabrizio Terracciano.
A questo punto non resta che augurarci di avere un intervista con l’”illustre concittadino” vice presidente che magari, da fedele cittadino savonese, ogni tanto darà un’occhiata a Trucioli Savonesi. Gli facciamo i migliori auguri e non dimentichi chi è rimasto in Patria.
Se non ci vuole telefonare, può almeno darci un suo recapito. Lo contatteremo via internet. Grazie della collaborazione. Luciano Corrado