Diceva Platone che un buon Maestro è quello capace di scrivere la parola vita, nell’animo dei suoi allievi. In questa veste ancora ricordo con gratitudine, Enrico Bonino poeta e scrittore, nato ad Albisola Marina il 6 dicembre 1922 e morto il 13 luglio 2005.
di Gianfranco Barcella
Timidamente bussai alla porta del suo ufficio alla Camera di Commercio di Savona, oltre quarant’anni fa, con un foglio dattiloscritto in tasca per sottoporlo alla sua attenzione. Era redattore capo di “Savona Economica”, l’organo di stampa dell’ente camerale. Mi accolse con benevola attenzione. L’argomento che avevo trattato lo interessò da subito, perché parlava della <linea ligustica della poesia novecentesca> che ancora molti critici letterari non riconoscevano appieno.
Bonino <ligustico per eccellenza>, plasmato dall’atmosfera culturale ligure del tempo, animatore dei fermenti intellettuali di Albisola, <città delle arti> era lieto che un giovane appena laureato si interessasse della sua “Liguria verde arrampicata sui dirupi/… dove i borghi impregnati di salmastro/frangono l’onde tirrene”.
Così la descriveva nei suoi versi che rivelavano un amore profondo per la sua terra di <mare e frontiera> dove i migliori poeti ed artisti del ‘900 accorrevano per nutrire la loro mente e il loro cuore di bellezza pura, impressa soprattutto nella ceramica d’arte. Si scusò preventivamente del fatto che non avrei avuto un compenso economico per il mio scritto che avrebbe pubblicato a puntate, ma solo un regalo simbolico, offerto dalla Camera di Commercio.
A me toccò una piccola scultura in creta di Eliseo Salino che accolsi come un emolumento favoloso. Mi confessò poi, in altri numerosi incontri, che il profondo amore per i suoi luoghi natii non aveva allentato il legame con il Piemonte, regione di origine della famiglia che rappresentava anche una prima intensa e significativa fonte di ispirazione per la sua opera letteraria.
Gli affetti familiari hanno sempre costituito il secondo fondamentale elemento di ispirazione della sua poetica, nutrita anche di profondi valori spirituali, sospesi tra il senso del trascendente cristiano e gli interrogativi di carattere teologico, suscitati soprattutto dalla lettura dei versi montaliani, che denunciavano <il male di vivere>, dell’uomo novecentesco, perduto tra le strade dell’agnosticismo e del nichilismo.
Bonino può essere definito dunque un ligure con ascendenze piemontesi, ma poeta <ligustico> nel più profondo significato del termine, anche se le <Langhe> selvagge e il dolce <Monferrato> hanno sovente emozionato se non condizionato le sue scelte. Di certo un ruolo fondamentale nella sua formazione fu quello esercitato da Angelo Barile, già presidente democristiano della Giunta Provinciale Savonese, dal 1951 al 1956, uno dei poeti liguri contemporanei più significativi accanto all’amico Camillo Sbarbaro ed al celebratissimo Eugenio Montale.
Fu una figura luminosa non solo nel campo della cultura ligure del ‘900 ma si è distinto per la continua testimonianza di fede anche in campo politico. Nato il 12 giugno 1888 ad Albissola Marina, quest’uomo mite di carattere, dai modi squisitamente gentili, umile nei suoi atteggiamenti quotidiani, fu fermo e coerente fino agli ultimi suoi giorni nel propugnare i più alti valori religiosi nella sua opera di amministratore pubblico come nella spicciola quotidianità.
Ripensando a lui come politico non si può fare a meno di ricordare il motto di S.Agostino: “Non siamo qui per governare, ma per servire!” Angelo Barile, poeta, è sempre rimasto fedele alla sua idea di poesia come “lievito vivo, pura e musicale voce dell’anima”. Per questo motivo, due anni prima della morte, avvenuta nel Maggio del 1967, lamentava il distacco dell’afflato poetico, dal cuore degli uomini, frastornati dal febbrile attivismo e produttivismo che impediscono il raccoglimento, la quiete interiore, indispensabile alla poesia per nascere e per essere intesa. “Tuttavia – concludeva il Nostro- oggi più che mai, fra tanto <orrore e tristezze>” ne abbiamo bisogno, non certo “ome gioco e diletto d’immaginazione e suoni, ma come svelamento di realtà e principio di consolazione, specialmente per noi cristiani , perché, come la bellezza è un’apparizione luminosa della vita, così l’arte, così la poesia è un’apparizione luminosa dello spirito, e l’una e l’altra sono doni di Dio”.
Proprio ad Angelo Barile, il giovane Bonino sottopose le sue prime prove poetiche e ricevette gli stessi consigli che lui ha dispensato a me: “L’arte poetica è una lunga pazienza da coltivare con umiltà! Occorre lasciar riposare soprattutto i versi, vergati di getto, per un certo tempo, per poi rileggerli con occhio distaccato, non lesinando cancellazioni e limature. Scrivere significa leggere e rileggere e poi riscrivere…”
Collaboratore di molti giornali e riviste letterarie, Bonino ha sempre avuto molta cura dei suoi scritti per dare alle stampe versi e prose di pregio. In un lungo arco di tempo è stato inserito in numerose antologie italiane e internazionali tra le quali la <Letteratura Italiana Contemporanea>, diretta e curata da Carlo Bo, Alberto Frattini, Gaetano Mariani e Mario Petrucciani (Ed. Lucarini -Roma 1982); i suoi componimenti sono stati tradotti in diverse lingue, diffusi e apprezzati anche fuori dall’Italia: la lirica La mia terra venne tradotta in catalano da Rafael Alberti.
Ricordo ancora l’emozione che provai, quando il 18 gennaio 1999, mi recai presso la Sala Rossa del Comune di Savona, alla presenza delle massime autorità locali, per assistere alla presentazione del volume di liriche intitolato: “Alle soglie del dubbio”(Canti spirituali) per le edizioni San Marco dei Giustiniani-Genova con disegni di G. Celano Giannici. La prolusione fu tenuta dal prof Alberto Frattini, docente di Storia della Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea alla Seconda Università di Roma-Tor Vergata insieme all’intervento critico del prof. don Antonio Balletto, docente di Filosofia e Teologia Fondamentale.
L’attrice Franca Nuti recitò i versi scritti tra l’ottobre e il dicembre del 1994, quasi sincere e trascinanti preghiere, nutrite da immagini e metafore che colpivano la mente ma soprattutto il cuore. Bonino chiedeva a Dio: “Non ti offende il <patire> dei Creati?” “Hanno straziato i miei sogni”.
Descrisse ancora la sua vita, ricordando i talenti ricevuti da Dio, uno di questi, proprio la poesia ma ribadì con il suo canto poetico: “Hanno soffocato la mia voce,/…chiuso i miei libri.”
Bonino dunque ligustico per eccellenza, ci ha donato le sue liriche, plasmate dall’atmosfera ligure compiendo un percorso esistenziale che si è dipanato tra la libertà, il dolore il senso della morte sempre imperante non trascurando i valori civili della democrazia, della pace e della libertà. Mi piace ricordare che ha collaborato, tra l’altro, alla pubblicazione “1945- 1995 (perché i giovani sappiano) nel 50° anniversario della <Liberazione> a cura degli Enti Albisolesi.
Enrico Bonino non si dimenticò mai infatti di essere stato anche un uomo delle istituzioni. Per le sue competenze di natura amministrativa oltre che nel settore culturale e artistico ha presieduto l’Azienda Autonoma di Soggiorno dei due comuni (Albissola Marina e Albisola Superiore), promuovendo iniziative di rilievo.
Fu amministratore pubblico di Albissola Marina fin dal 1946 e sindaco dal 1968 al 1974. Presidente onorario della Sezione Ligure del Sindacato Libero Scrittori Italiani, fu anche collaboratore artistico della <Sala Teresiana> di Arenzano e ricevette inoltre l’onorificenza di commendatore al merito della Repubblica nel 1982.
Nel 1994 gli è stata conferita la laurea honoris causa in Lettere e Filosofia. In tarda età fu colpito da una grave patologia alle ossa che gli provocò uno stato di preoccupante osteopenia e la totale immobilità per mesi e mesi. Quando andavo a fargli visita per dargli un po’ di conforto mi accoglieva sempre con un sorriso, e soprattutto non mancava mai di ironizzare sul suo stato: “Sono regredito alla condizione dell’ infante e dovrò imparare nuovamente a camminare, riportando indietro le lancette dell’orologio” E ancora: “Non sono sicuro di restare nei testi sacri della Letteratura Italiana ma di certo sono già entrato nei tomi delle Letteratura Medica con la mia rara patologia!”
E il discorso si faceva più intimista. Amava ricordare il suo passato: “Io ho l’amore per la poesia, impresso nel mio codice genetico perché l’ho ereditato dai miei avi. La mia prozia di nome Virginia fu apprezzata poetessa e il bisnonno Bartolomeo, uomo di Lettere era in corrispondenza con Alessandro Manzoni. Io non ho potuto laurearmi, terminati gli studi superiori di Ragioneria a Savona a causa degli eventi bellici e della prematura morte di mio padre Fernando. Vissi a lungo alla macchia durante l’occupazione nazista” .
E ancora soggiungeva sempre con il sorriso sulle labbra: “In questo periodo di profonda sofferenza fisica ho pensato molto ai versi del poeta spagnolo Joan Maragall che si domanda, dato che il mondo è così bello, con questo mare, con questo cielo, il sole che dappertutto brilla, cosa possa darci di più Dio in un’altra vita. Lei prenda appunti perché tra qualche tempo dovrà scrivere la mia biografia!”
Io non sono riuscito a fare tanto e me ne scuso ancora, ma gli ho dedicato una lirica nella mia ultima raccolta poetica, intitolata “Il labirinto di luce” Mi rallegra ancora il fatto che abbia vissuto sempre in un clima familiare, ideale per l’intensità degli affetti che lo caratterizzava. Nella primavera del 1946 sposò Franca Saettone, dalla quale ebbe due figli: Fernando, prematuramente scomparso dopo un intervento chirurgico che pareva aver dato esiti positivi, e Francesca.
Mi resterà sempre nel cuore la commozione che illuminava il suo sguardo quando mi annunciò la nascita del suo nipotino Enrico jr.
Una personalità come Enrico Bonino non deve essere dimenticato: la poetica dell’artista si è sempre immedesimata nella professione di fede dell’uomo e questo aiuta ad intendere le ragioni per cui la sua opera non ha sempre trovato il clima più favorevole per essere accolta e apprezzata in quegli anni Sessanta e Settanta in cui, nel quadro di una cultura contestatrice di segno materialistico e radicale, si affermava nel nostro Parnaso una ricerca di esasperato segno sperimentalistico, volta a rifiutare prima di tutto la civiltà dei valori della tradizione.
Bene ha fatto il comune di Mombaldone, primo comune astigiano a essere inserito nei Borghi più belli d’Italia, a organizzare un convegno sulla vita e l’opera di Enrico Bonino, il quale era molto legato alla terra della Langa Astigiana che aveva dato i natali alla madre Fanny.
Savona lo ricorda ogni anno con un premio di poesia, intitolato al suo nome.
Ginafranco Barcella
LA LIRICA DEDICATA A ENRICO BONINO
NEL LIBRO FRESCO DI STAMPA DEL PROF. BARCELLA:
‘IL LABIRINTO DI LUCE’