Quando si vive in un mondo di mediocrità si avverte una grande angoscia quando ci lasciano i Grandi. La scomparsa di Raffaella Carra’ ha confermato queste sensazioni perché dietro all’addio di un personaggio diventato familiare ne notavi la professionalità, la competenza, il misurare le parole ed usare un italiano corretto.
di Willy Olivero
Lei, come tanti Grandi, si è formata in una scuola dove esisteva una parola che, man mano che le vecchie generazioni ci stanno lasciando, non esiste più nel vocabolario: meritocrazia. Una scuola dove per arrivare dovevi sudare, faticare, guadagnarti il pane da solo. E Commissioni severe, composte da persone competenti e del mestiere, ne valutavano il talento.
Non c’erano procuratori, manager e addetti alle pubbliche relazioni, tre categorie che meriterebbero l’estinzione. C’era la classe che il pubblico premiava ricambiandoti con affetto e gratitudine. La classe che aveva Raffa, ma che era unica in Battiato e inimitabile nella Fracci, altri due Grandi che ci hanno lasciato in questo triste periodo.
I Grandi, quelli che vogliamo sempre vedere accanto a noi e ci sarà una ragione se in estate, soltanto perché d’inverno non va in onda, il programma più seguito in TV è quello che seleziona immagini dei decenni passati. A Raiplay hanno rimesso in rete La Cittadella, un grande sceneggiato degli anni 60 con uno strepitoso Alberto Lupo: se siete giovani guardate qualche spezzone e poi paragonatelo alle fiction di oggi.
Tutto era studiato con cura, nei minimi particolari e a proposito di questo farsi qualche domanda se Colombo è il telefilm ancora più amato. Si, forse siamo prigionieri del passato dal quale vogliamo lasciarci travolgere, chiudendo gli occhi. Perché forse, nel vedere un mondo in mano ai mediocri, non ne vale la pena di riaprirli.
Willy Olivero