Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Il medico e docente: L’homme machine


 “Fattori che favoriscono l’insorgere di malattie: l’indigenza, la solitudine, la marginalità sociale e la precarietà lavorativa, l’insufficiente scolarità…evitabili l’80% delle malattie”: è quanto affermato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel lontano 2006. Da allora poco o nulla è cambiato, ma, in compenso, fra le nostre popolazioni circola indisturbata l’idea che i processi patologici individuali e di comunità possano essere domati da farmaci e tecnologie sofisticate e robotizzate.

di Francesco Domenico Capizzi * 

Risale a pochi giorni (l’8 giugno scorso) la notizia, riassunta in  vistosi titoli, su grandi giornali e mezzi d’informazione pubblici e privati, di un intervento chirurgico record…una prima mondiale senza precedenti…un team di urologi e cardiochirurghi ha rimosso un tumore al rene, che infiltrava la vena renale e la cava, esteso fino al cuore e lungo oltre 20 centimetri, su una paziente di 83 anni, cardiopatica, attraverso una chirurgia senza cicatrici, cioè senza aprire addome e torace…il tutto grazie all’uso combinato di un robot e di una cannula aspira-tumore inserita da una vena del collo… si tratta della prima volta al Mondo che si tenta un intervento del genere, come ha precisato la stessa azienda ospedaliera in un comunicato diffuso online (https://tg24.sky.it/salute-e-benessere/2021/06/08/intervento-record-tumore-rened).

Un comunicato, a parte i discutibili presupposti scientifici e pertinenze di principio, che decanta i progressi come una marcia progressiva e irrefrenabile verso la vittoria sulle malattie in un Mondo dove, a parte la pandemia da Coronavirus di cui si continua a domandarne l’incipit (peraltro ben noto: disboscamenti selvaggi e inquinamenti ambientali), sembrano ormai sconfitte le sue origini e gli exitus conseguenti. Nella realtà quotidiana, al contrario, le persone si ammalano e periscono poiché le cause patogene mantengono inalterata, meglio accentuata, la loro violenza. È l’ambiente stesso in cui viviamo che si ammala, è già ammalato gravemente e fa ammalare le persone per il modo storpiato di produrre e di consumare, finora ben ignorato dai poteri politico-finanziari (http://www.energiaperlitalia.it; European Cancer and Enveronmental Research Institute).

Nel medesimo tempo la rilevanza della notizia sulla primazia mondiale, issata e dispiegata come bandiera ai venti delle celebrità superumane, forse involontariamente, rischia di distrarre l’opinione pubblica e le stesse Istituzioni centrali e regionali dalla verità dei fatti clinico-biologici (http://www.smips.org): un tumore deve essere considerato alla stregua di una malattia d’organismo, non solo d’organo. In questo assunto risiede la ragione fondamentale della possibile, a volte prevedibile, inefficacia dell’azione chirurgica, la più potente fra gli arsenali clinici di cui la Medicina dispone nella lotta contro il cancro, troppo spesso frantumati dall’invisibile (nel caso specifico molto ben visibile) iceberg biologico-neoplastico.

Le comunicazioni mediatiche sensazionalistiche ormai si succedono quotidianamente mentre colpiscono per il trionfalismo distorsivo di realtà e prospettive cliniche dei malati fino a formulare programmi (definiti) strategici aziendali per la chirurgica robotica. C’è da chiedersi se l’accento corretto va posto, a parte la persona e il bene comune, su azienda o chirurgia. In effetti le vie d’accesso mininvasive, laparo-toraco-scopiche e/o robotiche, producono risultati eccellenti nella patologia non neoplastica, migliorativi nel settore onco­logico per quanto attiene la così detta malattia postoperatoria e la convalescenza, ma risultano pressoché inefficaci sul tempo libero da tumore.

Ancora una volta l’azione medica, e la sua organizzazione data, conferma, sul piano deontologico e clinico, il suo straordinario impegno sull’evento patologico, ma mostra indifferenza e solitudine di fronte alle connessioni esistenti fra le grandi classi di malattie e i fattori patogenetici riconducibili all’ambiente e alle condizioni dell’esistenza umana, in crescendo esponenziale subordinata all’espansione economico-produttiva e ad esigenze di consumi travolgenti ed estenuanti, al punto da ergersi centrali negli assetti politico-istituzionali rispetto al diritto fondamentale della tutela della salute come bene supremo.

L’esercizio della Chirurgia, fra arte e carisma, geometrie anatomiche e calcoli topografici-bio-matematici, molteplici tecnologie che generano tecnologie e innovazioni tecniche, continua a rivelarsi svincolata da culture e processi scientifici incentrati sulla persona mentre si prospetta il rischio che nella nostra cultura riprendano fiato le concezioni dell’essere umano tipo lo“ homme machine” ( J.O. de La Mettrie, 1747) e sociali di tipo lombrosiano e darwiniano essendo disegnata, e percepita come esaustiva, la coltre tecnologica distesa, al di là delle intenzioni personali ed organizzative, sulle origini delle grandi classi di malattie: riverberi di Scuola positiva, mai accantonate, su corrispondenze antropometriche e deviazioni sociali, atavismi e  stigmate patogene di provenienza genetica, in larga parte sconfessate dall’epigenetica (European Cancer and Enviromental Research Institute), che si congiungono all’idea di malattia legata alla fatale drammatica casualità.

Francesco Domenico Capizzi*

Già docente di Chirurgia Generale nell’Università di Bologna e direttore di Chirurgia generale negli Ospedali Bellaria e Maggiore di Bologna

 


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