Più di un anno fa il Comune di Savona propose alla Consulta Culturale Savonese il nome di un esperto per la formazione della commissione per l’attribuzione delle DECO. Proposi per una volta il mio nome, che fu dalla Consulta indicato al Comune. Da allora nulla si è più saputo forse perché l’assessora al Commercio di origine valbormidese non ha mai mangiato la farinata bianca, le fette o non ha mai bevuto un bicchiere di buzzetto o granaccia.
di Danilo Bruno
Cosa sono le DECO? A cosa servono?
Si tratta di una idea proposta anni fa dal famoso enologo, fondatore di Critical Wine: Luigi Veronelli (1926-2004) .
Egli sostanzialmente proponeva che ogni comune facesse una rapida analisi del proprio territorio, cogliendo quali piatti o produzioni agricole originali potessero avvalersi di uno specifico titolo chiamato: “denominazione comunale di origine” sulla base di un apposito regolamento comunale.
Si tratta di una denominazione molto lontana dai regolamenti comunitari, che istituiscono i vari DOC (denominazione di origine controllata), DOCG (denominazione di origine controllata e garantita), IGP (Indicazione di Origine),… sulla base di disciplinari standard più idonei ad una produzione industriale, che punta solo ad una qualità uniforme di un prodotto consentendo perfino la possibilità di contaminazione con altri prodotti qualora quella locale non consenta di poter essere competitiva sul mercato globale.
La DECO invece vive di un rapporto diretto con il territorio poiché i prodotti sono quelli originali del luogo da cui una produzione ha avuto origine e la quantità è regolata esclusivamente dalla produzione effettiva realizzata e da quanto la DECO sia riuscita effettivamente a favorire la conoscenza e la promozione di un prodotto.
La DECO insomma porta su di se la storia e la cultura di un territorio in modo che diventi lo strumento per conoscere luoghi, popoli e culture diverse.
L’idea della denominazione comunale introduce alcuni altri fattori:
a) in primo luogo porta ad una conoscenza dei territori e delle culture ma soprattutto essa può divenire un importante fattore di promozione per una data zona poiché di ciò hanno bisogno soprattutto le aree interne.
Io credo infatti che accanto alla garanzia di servizi adeguati alle esigenze delle persone le aree interne non abbiano bisogno di inutili sussidi ma piuttosto di strumenti di promozione e di diffusione dei prodotti in modo che la presenza delle aziende agricole (e non solo) sia favorita ma anche si riscatti fino in fondo la dignità del lavoro contadino, che diviene fondamentale nella conservazione del suolo e del paesaggio.
Su ciò sarebbe di grande interesse aprire un discorso sulla presenza delle popolazioni migranti e su quale contributo potrebbero dare al ripopolamento delle aree interne e alla loro riscoperta in una fase in cui tutte e tutti dobbiamo assumerci le nostre responsabilità per mutare un sistema socio – economico dello spreco e giungere verso una società frugale e virtuosa.
b) la DECO può condurre anche a favorire iniziative turistico – culturali e sociali di riscoperta delle aree interne e del suo importante patrimonio culturale tramite fiere ,mercati, degustazioni o visite guidate ma anche tramite l’esperienza introdotta in alcune aziende della residenza d’artista dove l’artista ospitato in residenza vive dei prodotti aziendali e soprattutto alla fine terrà una mostra o una performance aperta al pubblico con notevole ricaduta promozionale.
c) Infine la DECO nelle intenzioni di Veronelli e di chi ancora oggi promuove il Critical Wine doveva porsi in continuità con il “prezzo sorgente” e “l’autocertificazione del produttore”. Il primo dovrebbe imporre i costi alla produzione e i vari passaggi per arrivare sulla nostra tavola così forse si potrebbe capire che la politica di strozzinaggio viene praticata dai grandi gruppi commerciali ed industriali mentre il secondo tema consentirebbe al produttore di assumersi la responsabilità dinanzi a terzi di dichiarare cosa c’è, come è stato ottenuto e soprattutto come è stato coltivato un determinato prodotto.
Infine la DECO richiede anche una grande conoscenza del territorio poiché bisognerebbe arrivare anche a distinguere le zone di produzione e le differenti specie del medesimo prodotto in modo da poter far comprendere come una zona possa variare per esposizione solare piuttosto che per composizione del terreno, favorendo una adeguata politica di educazione ambientale.
Mentre scrivevo mi è sorto un dubbio ma non sarà che l’assessora al Commercio leghista ha colto le possibili sinergie culturali e la necessità dell’utilizzo dei lavoratori e delle lavoratrici extracomunitarie e ha pensato bene di mettere le DECO sotto chiave perché sarebbero state troppo distruttive per un programma come quello leghista e per una Giunta savonese, che ha fatto del nulla la propria cifra di azione di governo?
Danilo Bruno