Da http://www.stagniweb.it/riviera1.htm- La foto aerea di Google Maps, opportunamente evidenziata, permette di cogliere bene quella che è stata la situazione di Diano Marina fino al novembre 2016, e come si è trasformata a dicembre dello stesso anno, con l’apertura della nuova ferrovia a doppio binario, quasi esclusivamente in galleria da Andora a San Lorenzo.
La ferrovia storica (rossa), sostanzialmente immutata dal 1872, dopo aver superato il Capo Cervo lungo il mare (a destra nell’immagine), nella piana di Diano era stata tracciata in posizione lievemente arretrata dalla costa, allora tutta occupata da coltivazioni. I passaggi a livello erano solo quattro: uno, quello più a sinistra, sul tracciato originale dell’Aurelia, e del tutto equivalente al parallelo cavalcavia realizzato negli anni ’50. Gli altri tre effettivamente vincolanti per l’accesso alla parte interna del territorio, in quanto pressoché privi di alternative. Un quinto passaggio a livello, a San Bartolomeo, presso il nucleo di Rovere, era stato sostituito da un cavalcavia già negli anni ’80.
La nuova ferrovia aperta a dicembre 2016 è quasi esclusivamente in galleria (tratteggio rosso) e si trova addirittura al di là dell’autostrada A10. Utilizzando come indicatore di accessibilità la distanza dalla costa, le due stazioni di Diano e Cervo, distanti rispettivamente 300 e 200 m, vengono sostituite dalla nuova stazione di Diano, distante invece 1900 m. Il peggioramento dell’accessibilità ci pare innegabile, tenendo anche conto che la larga maggioranza di questa distanza non si svolge in ambito urbano, ma su una strada di campagna, assai poco proponibile come percorso pedonale.
Il Piano Regolatore non attuato – Ma che cosa era stato realmente pianificato, prima di iniziare a costruire la nuova ferrovia? Per scoprirlo, ci viene in soccorso il Piano Regolatore ancora oggi appeso nella posizione indicata dal classico “Noi siamo qui” (credo che l’utilizzare una pianta di piano regolatore per questo scopo sia un caso più unico che raro!). Purtroppo il Piano è senza data, ma mostra due infrastrutture assai significative: una circonvallazione stradale, che avrebbe permesso di bypassare tutta la tratta centrale dell’Aurelia, e un tracciato ferroviario nuovo, adiacente alla circonvallazione: “ovviamente” nulla di tutto ciò è stato realizzato nei decenni successivi.
La circonvallazione si allacciava all’Aurelia a levante, scavalcando la ferrovia storica, ma poteva proseguire anche all’interno in direzione di San Bartolomeo, verosimilmente coordinandosi con un tracciato analogo in quest’ultimo comune. A ponente la circonvallazione si sarebbe ricongiunta all‘Aurelia prima del bivio per la “statale 449″. Quest’ultima è un altro esempio singolare di strada fallita: avrebbe dovuto sostituire l’Aurelia, mantenendosi a livello del mare ed evitando quindi le rampe di Capo Berta. A differenza della circonvallazione di Diano, la statale 449 venne interamente realizzata e rimase appunto classificata per anni come strada statale, nonostante la brevissima estensione, appena 4 km. Non ho mai capito se venne inizialmente aperta al traffico, ma, se lo fu, fu per brevissimo periodo (verosimilmente nei primi anni ’60), dopo di che rimase chiusa per decenni, a causa dei movimenti franosi della montagna sovrastante. Del resto, se nel 1872, con le tecniche dell’epoca, si ritenne indispensabile scavare una galleria ferroviaria di ben 2,4 km, un motivo ci sarà stato… Infine, a partire dal 1995, la statale 449 è stata aperta come collegamento ciclopedonale tra Diano e Oneglia, e come tale è oggi intensamente utilizzato, pur sempre con la spada di Damocle delle frane.
Il Piano Regolatore (part.)- Lo zoom nella zona centrale evidenzia i tracciati della circonvallazione e dell’ipotetica ferrovia. La circonvallazione, per ricavare il proprio spazio, sfruttava tra l’altro la fascia di rispetto del cimitero (l’area non edificabile, indicata da una retinatura più scura intorno al cimitero sulla sinistra). La stazione ferroviaria sarebbe stata verosimilmente localizzata in alto a destra, dato che la legenda individua quel tipo di retino come “zona di servizi in progetto“. Sia il terreno per la circonvallazione, sia quello per la ferrovia non erano comunque interamente liberi, come testimoniano i vari rettangoli (edifici) che si incontrano sul loro cammino; tuttavia l’approvazione del Piano Regolatore comporta ovviamente il divieto a realizzare ulteriori edifici là dove il Piano dispone un utilizzo pubblico. Infine si nota anche la previsione di un ponte sul torrente San Pietro, a monte della ferrovia storica, anch’esso mai realizzato (vedremo fra un momento con quale “opera” si passi il torrente nell’anno 2016).
Ortofoto con Piano Regolatore- Con un rapido lavoro digitale, possiamo sovrapporre le previsioni del Piano Regolatore all’ortofoto. In questo modo si apprezza ancora meglio come avrebbe potuto risultare utile la circonvallazione, specie se fosse stata prolungata anche a San Bartolomeo e fino alle porte di Cervo, in modo da sgravare tutta la tratta urbana dell’Aurelia, congestionatissima d’estate. Ma soprattutto, per i nostri interessi, è importante notare la distanza dal mare dell’ipotetica stazione del Piano: appena 750 m, poco più del doppio della stazione storica ma enormemente meno dei 1900 m della nuova stazione reale. La ferrovia indicata dal Piano avrebbe avuto una fruibilità del tutto accettabile, molto simile a quella delle nuove stazioni del raddoppio Voltri-Savona del 1968-77. Ma nulla di tutto ciò si è tradotto in realtà.
L’area della stazione non realizzata – Che cosa è rimasto oggi di quel Piano Regolatore? Questo è pressoché l’unico punto chiaramente riconoscibile, dove ferrovia e circonvallazione avrebbero dovuto correre parallele, osservato guardando verso ovest (dall’intersezione con la strada provinciale per Diano Castello). Che cosa è diventato? Ma certo: un parcheggio, quasi il “destino ultimo” di tutte le incompiute di questo paese… In realtà, confrontando le palazzine sulla sinistra con la pianta del Piano, sembra che lo spiazzo attuale corrisponda solo al tracciato della circonvallazione, mentre la ferrovia avrebbe dovuto passare al posto delle villette a destra, probabilmente costruite nel frattempo, forse quando l’ipotesi della ferrovia si era fatta remota.
L’area della stazione non realizzata – Nella direzione opposta, cioè guardando a levante, un desolato moncherino di strada, chiuso da una barriera di cemento, è quanto resta del progetto della circonvallazione. L’area della stazione corrisponderebbe agli alberi sulla sinistra, e, osservando l’ortofoto di Google, sembra ancora libera, ormai inutilmente, forse perché era già allora un terreno demaniale. L’incolto abbandonato è dunque l’altro destino ultimo delle opere fallite?
Il sottopasso attuale- Se quello che “doveva essere fatto” – e come tale era stato pianificato – non ha visto la luce, ci si potrebbe domandare che cosa invece è stato fatto, a livello di gestione urbanistica della città. Il problema di Diano e di tanti altri luoghi simili sta tutto lì: non è stato fatto quasi nulla. La sgradevolezza di un luogo, quello che nel linguaggio comune si chiama solitamente cementificazione selvaggia o scempio ambientale, si misura proprio nel rapporto tra lo spazio privato e lo spazio pubblico, nella capacità dell’amministrazione pubblica di contrapporre i propri spazi a quelli lasciati al privato. Una ferrovia messa “al posto giusto” o una circonvallazione utile sono esempi di spazio pubblico corretto, ma lo sono anche un parco urbano, un viale alberato, un’area per bambini, un tessuto viario coerente con l’edificato.
Questo, sulla sponda sinistra del Torrente S.Pietro, è l’unico sottopasso ferroviario esistente a Diano, una minuscola strada a senso unico alternato, dove persino un’auto deve transitare con attenzione. Nell’autunno 2016 proprio questo sottopasso ha avuto ampi onori di cronaca, perché questo è anche l’unico accesso alla nuova stazione ferroviaria(!). Probabilmente, con la dismissione della ferrovia storica, si risolverà il problema demolendo il rilevato e ampliando quindi la strada, ma come è possibile che si sia arrivati al 2016 senza riuscire a realizzare una viabilità alternativa, pedonale o veicolare, che potesse coesistere con la ferrovia storica?
Il “guado”- Non si pensi però che la ferrovia sia l’unica cosa irrisolta di questi luoghi. Avevamo visto che il Piano Regolatore prevedeva un nuovo ponte sul torrente S.Pietro, a monte della ferrovia, poi non realizzato. Come si passa allora il torrente oggi? Semplice, con questo guado: una cosa che, a meno di un kilometro dal lungomare di Diano, non appare esagerato definire da terzo mondo. Quando si ripete ostinatamente che la ferrovia è una barriera per la città, si dovrebbe pensare più onestamente che non la ferrovia, ma l’incapacità di gestione della cosa pubblica è la vera barriera. Non costruire sottopassi utili e lasciar transitare le auto su questo scampolo di tratturo africano sono due facce della stessa medaglia. Fino ad arrivare al punto che una qualunque circonvallazione stradale non sia più nemmeno immaginabile, perché dovrebbe demolire troppi edifici, e l’unica ferrovia possibile sia relegata a due kilometri dalla costa.
S.Bartolomeo, sovrappassi- Il caso di Diano Marina è sicuramente uno dei più critici, perché la ferrovia è stata costruita tutta a piano campagna (ma nel 1872 era appunto campagna, letteralmente!). A Cervo e a San Bartolomeo la ferrovia è sempre risultata più “permeabile”, sfruttando adeguatamente ponti e sottopassi (cfr. la precedente ortofoto). Un esempio intelligente è questo, presso il santuario di Rovere: un sovrappasso pedonale già affiancava il passaggio a livello ubicato sulla via del Santuario (oltre l’immagine, sulla sinistra). Poi si è chiuso il passaggio a livello, riuscendo a ricavare il cavalcavia veicolare visibile a destra in sfondo.
Celle Ligure – E’ interessante concludere con un documento relativo alla tratta Varazze-Savona, il cui raddoppio venne completato nel 1977, insieme alla successiva tratta per Finale. Diversamente dal caso di quest’ultima, che perse le stazioni di Bergeggi, Varigotti e Finalpia, sulla Varazze-Savona le stazioni sono state tutte confermate, in posizione lievemente più arretrata ma del tutto ragionevole. Nell’immagine si vede in primo piano in basso il binario semplice della linea originale, e sullo sfondo a sinistra il tracciato della linea nuova. Il libro da cui è tratta la foto è però del 1964, cioè quasi quindici anni prima dell’inaugurazione del raddoppio! La nuova ferrovia venne infatti ideata addirittura anteguerra, e poi rimase mezza abbozzata per decenni: una situazione certamente scandalosa; ma anche utile, a guardare con il senno di poi, per far sì che la linea inaugurata nel 1977 potesse “ignorare” tutti i vincoli del boom edilizio degli anni ’60. Se il disegno del Piano Regolatore di Diano non fosse rimasto solo sulla carta, oggi ci ritroveremmo con un risultato ben diverso.