Negli ultimi anni si sono susseguiti alcuni importanti ritrovamenti di età romana nel savonese: la villa di Legino, tutta la complessa struttura archeologica di San Pietro in Carpignano,… mentre rimane quasi un “silenzio tombale” sull’ antico abitato di Vada Sabatia, di cui si trova traccia nella Tabula Peuntigeriana.
di Danilo Bruno
Prende il nome dal suo antico proprietario K. Peuntiger e che costituisce una lunga pergamena divisa in undici segmenti per una lunghezza complessiva di sette metri e una altezza di soli trentaquattro centimetri. In essa l’ abitato appare addirittura cinto da tre torri ad attestarne l’importanza. Di tutto ciò cosa è rimasto?
Ciò che ci piacerebbe chiedere alla Sindaca di Vado Ligure e a tutta la “coalizione di sostenitori devoti della via della seta” ( dal nome dato dalla Repubblica Popolare Cinese alla via di commercio verso Oriente ed in cui rientrerebbe la Piattaforma Maersk) poiché in tutti gli interventi di mitigazione del notevole impatto ambientale della nuova struttura portuale vadese mai si è parlato del recupero e della riapertura del museo archeologico di Vado Ligure?
Se ci rechiamo però a Vado Ligure in Piazza San Giovanni Battista a fianco della Parrocchiale e di fronte al Comune (quindi la Sindaca Monica Giuliano può vederla tutti i giorni) accanto all'”italianissima porta chiusa” si trova una targa ove sopra è scritto “MUSEO ARCHEOLOGICO DON CESARE QUEIROLO”(già residenza dell’arciprete n.d.r.).
A questo punto torniamo alla storia poiché Don Cesare Queirolo fu una importante figura di studioso ed archeologo oltreché parroco di Vado Ligure , che donò alla propria città con atto del 15 settembre 1877 la propria collezione di quadri,la biblioteca ed oggetti di antichità.
Egli purtroppo scomparve a soli 52 anni a il 15 aprile 1878, vittima di una epidemia di tifo. Successivamente dal 1891 iniziarono scavi più sistematici in gran parte condotti nel secolo scorso dal prof. Nino Lamboglia,che portarono negli anni cinquanta alla luce tre grandi case con tabernae, cunicula,…e di cui tuttora una si trova sotto la sede del municipio in Piazza san Giovanni ed è sostanzialmente visibile.
Il materiale ritrovato dal Don Queirolo fu riordinato e catalogato già negli anni 1937-1939 dal prof. Lamboglia , che ne curò pure la parte numistatica con la collaborazione dello storico finalese G.A. Silla.
Nel 1940 il museo fu chiuso per lo scoppio della guerra e fu riaperto solo nel 1954 per breve tempo. Indi nonostante la ricchezza di materiale ritrovato i locali del museo divennero in realtà deposito della Soprintendenza per poi dopo un intervento di ristrutturazione fu ancora una volta riaperto negli anni novanta per poi chiudere definitivamente in attesa di una possibile diversa collocazione.
Nell’attuale sede di Villa Groppallo, a stare al sito comunale, poichè a causa della pandemia non ho potuto verificare di persona dopo la riapertura, sono oggi esposti alcuni reperti marmorei: una pantera datata al I secolo D.C., busti ed alcune delle monete ,che coprono un arco temporale dal III secolo a.C. al V d. C. .
Dopo questo breve excurursus storico sorgono le consuete domande ma al Comune di Vado Ligure e e soprattutto alla Sindaca Monica Giuliano importa qualcosa della storia della propria città e del comprensorio? Perchè tra gli interventi previsti per ridurre l’impatto della piattaforma non si è pensato ad una riappropriazione della propria storia da parte della comunità vadese?
Perché non si ragiona che la storia e la cultura costituiscono l’essenza stessa della comunità e del vivere civile e che proprio in questo grave periodo di pandemia sarebbe stato interessante in prospettiva riprendere il discorso archeologico riaprendo il museo e soprattutto valorizzando la casa romana collocata sotto il palazzo comunale insieme al parco di san Pietro in Carpignano, sito in comune di Quiliano?
Vorrei essere chiaro in conclusione: queste sono semplici domande poste da un cittadino savonese, che non ha timore di dire che è stato un avversario della Piattaforma Maerske che vorrebbe essere smentito nei prossimi anni dai fatti sia sotto il profilo occupazionale che sotto quello ambientale oltre all’erosione costiera e che non sa perché nulla ha letto sulla possibile esposizione della collezione Queirolo e degli altri oggetti e quindi pone alcune domande , sole e semplici domande.