Craxi per sempre. Luca Josi, pietrese d’origine, già leader dei giovani socialisti, interviene sull’intervista di Veltroni a Gennaro Acquaviva: “Rispetto alla storia socialista, c’ho capito poco in quel molto di parole sulla drammatica vicenda Moro…. “. L’intervista si chiude con la richiesta di un’autocritica ai socialisti. E allora sì, non auto, ma una critica: il non avere vinto e avere regalato a questo Paese qualcosa di diverso da questa mortifera cultura cattocomunista che ci ha trascinato fin qui…”
Lettera di Luca Josi a Dagospia
Caro Dago,
1991. Bettino Craxi al residence Ripetta a Roma con Luca Josi (nella foto)
Ringraziandoti sempre per la sconclusionata libertà che dal tuo sito hai regalato a questo bizzarro Paese ti chiedo ospitalità per riflettere su un ritratto pubblicato stamane, con grande enfasi, intorno alla figura di Craxi.
Craxi non ha mai letto Dagospia, è mancato pochi mesi prima della sua fondazione, ma sospetto che ne sarebbe stato, insieme a Cossiga, una colonna di scrittura e ispirazione.
Lo strillo di quest’oggi era su uno squarcio mal rimarginato di una ferita della nostra storia: il delitto Moro. Passa il tempo e, via via, anche quel momento andrà a sbiadirsi unendosi a tante epoche che nel club sandwich di una città stratificata nella storia non ha nemmeno spazio sui muri per ricordare tutte le sue età e quindi, per sopravvivenza, le dimentica (o le inscatola in qualche altrove, che poi non saprà più dov’è; a cento metri in linea d’aria da lì, da via Caetani, prima di Moro, assassinarono Giulio Cesare; oggi, quel luogo, non lo ricorda nemmeno una targa o una fermata dell’autobus). Ho simpatia per entrambi i protagonisti della pagina: intervistatore e intervistato.
1998. Bettino Craxi convegno Hammamet con Luca Josi –
Ti scrivo perché, rispetto alla storia socialista, c’ho capito poco in quel molto di parole e ho provato a mettermi nei panni di un giovane lettore – sperando ce ne siano ancora – che di Craxi avrà sentito parlare nel chiacchiericcio come di qualcuno forse capace e di talento, ma responsabile di vari mali del mondo (e si ritrova oggi in un tempo che, ancora una volta, proclamava l’arrivo dell’irrimandabile era dell’onestà e si è impantanata, invece, in una verifica degli scontrini). Potrei scriverti per giorni di quei fatti narrati in ragione di conversazioni solitarie nella sospensione che l’esilio regala (una forma di lockdown con vista sulla memoria spalmato su anni e anni).
1992. Bettino Craxi a Berlino con Luca Josi –
Ho passato più tempo con quell’uomo negli ultimi due lustri della sua vita di tutti coloro che con diverse modalità oggi lo raccontano e da alcuni anni assisto allo strazio delle diverse rielaborazioni del lutto, che vedono riletture di fatti ed eventi messe in scene nelle forme più grottesche e funzionali al proprio sé. Una cosa banale è rotonda che vorrei riportare, anche sulla drammatica vicenda Moro, è questa: noi socialisti eravamo e siamo “Montaliani”; ci definiamo per “cosa non siamo, per cosa non sappiamo”. Sappiamo che le nostre idee sono fallaci, in quanto prodotte da uomini fallaci. Così ogni idea, ogni costruzione ideologica, è corrotta e in logica di ciò appare un assassinio di Stato il condannare la vita di un uomo, Moro, in ragione della tutela di uno Stato che è il parto, la costruzione mentale e formale, di un’idea prodotta e generata da uomini. Erronei.
1991. Bettino Craxi al congresso nazionale si Bologna con Luca Josi –
Ogni cosa deve essere fatta perché lo Stato salvi gli uomini e non viceversa, perché mentre gli uomini sono reali lo Stato è una creazione della loro goffa, imprecisa, razionalità. Se poi si procedesse per questa vertigine di avvitamento ideologico si sarebbe concepito che lo Stato avrebbe dato luogo all’eutanasia di Stato: ovvero la morte di un proprio cittadino per la difesa della sua idea di sé. E lo Stato, l’eutanasia non la riconosce nemmeno alle libertà del cittadino verso la propria vita.
Gennaro Acquaviva e Bettino Craxi –
Tutto qui. C’è chi crede in Dio, chi in se stesso, chi in un rubinetto. Tutti liberi.
Poi nelle sue riflessioni – di Craxi – c’erano infiniti ragionamenti, dicibili e meno,ma che non avendoli resi pubblici lui, con lui devono rimanere.
Continuo, invece, a incontrare persone che lo avrebbero conosciuto “lucido”, mentre nei miei anni sarebbe stato “opaco”. Sarà, boh.
Gennaro Acquaviva e Bettino Craxi –
Alla sua morte è seguita la fase, postuma, degli interpreti; quelli che non c’erano, non hanno ascoltato, visto, letto, trascritto o archiviato, ma a posteriori raccontano. Facendone strazio. L’intervista si chiude con una chiusa confessionale: “Un’autocritica che i socialisti possono fare guardando la loro storia quale è?”.
Mmmhh … ma possibile che ci tocchi pure l’autocritica? Finale? A babbo morto?
Walter Veltroni legge il suo libro con i suoi articoli –
E allora sì, non auto, ma una critica: il non avere vinto e avere regalato a questo Paese qualcosa di diverso da questa mortifera cultura cattocomunista che ci ha trascinato fin qui.
Se il rivoluzionario Gesù, messo in croce e ben inchiodato alle pareti perché non cammini tra noi, fosse davvero in giro, li avrebbe cacciati dal tempio e dal tempo.
1991. Bettino Craxi congresso nazionale Bologna con Luca Josi
1997. Bettino Craxi nella casa Hammamet con Luca Josi –
Gennaro Acquaviva con Giorgio Napolitano 1997 –
Bettino Craxi casa ad Hammamet con Luca Josi – 1997 Bettino Craxi nella casa a Hammamet con Luca Josi –
1992. Bettino Craxi a Berlino con Luca Josi-