Tratto del “Sogno di Polifilo”, la Bibbia dei Rosacroce, libro scritto dal domenicano Francesco Colonna in epoca umanista-rinascimentale.
di Michele Allegri
Il Sogno di Polifilo, o Combattimento amoroso di Polifilo in sogno, è un romanzo dell’epoca umanista-rinascimentale scritto nel 1467 dal monaco domenicano Francesco Colonna, signore di Palestrina e stretto collaboratore di papa Borgia. Esso si configura come un’Opera letteraria allegorica e alchemica rosacrociana. La sua prima pubblicazione avvenne nel 1499 per opera del veneziano Aldo Manunzio. Poco dopo il romanzo si diffuse presso le corti europee.
Come asserisce il grande psicanalista C.G. Jung, “Il linguaggio simbolico dell’Alchimia mostra l’affiorare delle strutture profonde e permanenti, archetipe, della psiche umana collettiva”. I testi allegorici e alchemici sono nella visione di Jung una sorta di sogno in cui si manifestano gli archetipi, proprio come il testo che andiamo ad analizzare.
I protagonisti del romanzo sono una coppia antinomica e due amanti, Polifilo e Polia.
Polifilo fa un sogno: per ritrovare Polia scomparsa, giunge in una foresta selvaggia, una sorta di selva oscura popolata da pipistrelli e qui incontra il Dragone che lo inizia e lo porta a compiere un viaggio all’interno delle viscere Terra secondo lo schema dell’acronimo latino rosacrociano V.I.T.R.I.O.L. (visita le viscere della terra e troverai la pietra nascosta). Poi, come nella Commedia dantesca, l’iniziato passa dalla discesa all’ascesa, in questo caso verso una sorta di paradiso terrestre, nel quale Polifilo abiura il cristianesimo considerato una falsa dottrina religiosa e, al cospetto della dea pagana Venere, che rappresenta il veicolo per arrivare alle conoscenze superiori ma anche le forze lunari e terrestri, riceve una sorta di secondo battesimo.
La Venere del racconto del sogno di Polifilo ha appunto connotazioni lunari, una potenza ctonica che la rende simile ad Iside, la dea egizia dell’Oltretomba, Signora della vita e della morte.
Il viaggio di Polifilo ricorda infatti quello di Ulisse nell’Odissea nella quale il pelagio invoca il potere di Iside, “insieme a divinità e demoni del popolo dei morti”.
Dopo che i culti isiaci furono proibiti nella Roma imperiale, proprio a Firenze, in epoca umanistico-rinascimentale, sotto lo sguardo vigile di Cosimo De’ Medici, Marsilio Ficino riscopre il potere alchemico e magico della dea egizia, traducendo le opere di Ermete Trimegisto, in particolare l’Asclepio e Il Pimandro. Negli ambienti rosacrociani del 1400 simboli e temi riferibili all’Antico Egitto, a Iside e all’alchimia verranno ripresi frequentemente, tanto che Campanella, Ficino, Pico della Mirandola, Agrippa, Botticelli, Guercino si ispireranno ad essi nelle loro opere letterarie e artistiche. In particolare Guercino entrerà a far parte del “mondo rosacrociano” dopo aver avuto contatti con il patrizio veneziano Francesco Zorzi, abate francescano, architetto e cabalista, che ebbe un ruolo chiave nello sviluppo dell’alchimia e dell’ermetismo rinascimentale e influenzò la corte inglese.
Proprio nel Regno Unito, come ha ben studiato la prof.ssa Yates, il pensiero rosacrociano fu fautore dell’incontro tra esoterismo e scienza, tra occultismo e razionalismo, così come lo era nell’Antico Egitto. Questo pensiero, alchemico e rosacrociano, infatti, ha influenzato molte branche del sapere, dalla psicologia junghiana all’arte simbolica, passando per il mondo scientifico, in particolare la fisica quantistica. E lo ha fatto dando una grande importanza alla segretezza, cioè alla trasmissione esoterica della dottrina e delle tecniche alchemiche. I testi, come il Sogno di Polifilo, risultano infatti ostici e incomprensibili agli occhi dei profani della dottrina.
In un testo rosacrociano del XV secolo, il Rosarium Philosoficum sta scritto che “soltanto colui che sa come ottenere la pietra filosofale capisce le parole che lo riguardano… là dove abbiamo parlato apertamente, in realtà non abbiamo detto nulla, là invece dove abbiamo scritto o detto in modo cifrato o figurato, abbiamo celato la Verità”.
Questo per dire che il linguaggio rosacrociano è segreto: solo chi intraprende una lunga e tortuosa via iniziatica verso la Conoscenza, potrà magicamente, arrivare all’Illuminazione e alla comprensione.
Essere introdotti nei segreti di un’Arte come quella alchemico-rosacrociana, significa sottoporsi ad un’iniziazione, così come fa Polifilo, uno dei due protagonisti del romanzo. I filosofi e scrittori ermetici del 1400 e 1500, come Francesco Colonna, con i loro messaggi e le immagini simboliche oniriche, intendevano giungere alla Conoscenza attraverso le esperienze sensitive ma non solo. Il padre del pensiero illuminista, il filosofo Emmanuel Kant arriva addirittura a fare una sintesi della ricerca tra sensismo ed approccio metafisico: l’uomo può conoscere l’Assoluto e quindi la Verità, attraverso l’intuizione, in particolare quella artistica. L’intuizione non è affatto un processo logico-razionale, induttivo o deduttivo, in quanto salta questi passaggi logici essendo un’illuminazione immediata, espressione della genialità umana che afferra la Verità con l’intuizione.
Per questo motivo possiamo dire che la ricerca esoterica precede e la scienza segue.
Gli ambiti del pensiero rosacrociano si dirigono quindi verso una triplice direzione: la dimensione pratico-scientifica, quella psicologico-magico-onirica, quella filosofico-spirituale. In tutti e tre i casi, si opera una trasmutazione: della materia, del pensiero e della spiritualità rosacrociana
Chi è amante dei viaggi, potrà sicuramente visitare la chiesa belga di Liegi, quella della Santa Croce. Lì dentro potrà trovare un piccolo mausoleo la cui iscrizione è stata decifrata da Paul Saint-Hilaire in base al Sogno di Polifilo del Colonna. A suo avviso, il marmo nero sarebbe stato tagliato secondo le indicazioni fornite dal Colonna nell’edizione del 1535. Utilizzando questo procedimento l’iscrizione darebbe la parola ROSA collocata proprio sotto la CROCE…
…continua…
Michele Allegri