CENTRALE DI VADO: POTENZIAMENTO E PIANO DELL’ ENERGIA. Proposte per un Modello Strategico di Transizione Ecologica. Su La Stampa del 9 febbraio scorso, Tirreno Power sostiene che in coerenza con il “ piano energia e clima del governo occorrano nuove centrali a gas proprio per poter sviluppare le rinnovabili e chiudere quelle a carbone “.
di Giovanni Maina
La nota risponde agli “ambientalisti che sostengono sia del tutto inutile e impattante realizzare il nuovo Turbogas all’interno della centrale” di ben 800MW, “ricordando (giustamente) che sebbene le centrali a gas spesso sono ferme, queste devono entrare tempestivamente in funzione per coprire la produzione massima di energia che può essere necessaria quando le rinnovabili non possono produrla. Anche in un momento, per un periodo di poche ore in una giornata in cui non c’è il sole e non c’è il vento ma c’è bisogno di molta energia elettrica”. Inoltre è vero che, “in quei momenti che sono molti nel corso di un anno e senza un numero adeguato di centrali o (di potenza) il sistema si fermerebbe e le imprese e i cittadini rimarrebbero senza energia”.
Tuttavia il punto è un altro e concerne il forte aumento di inquinamento ambientale che l’ampliamento richiesto da Tirreno Power produrrebbe in contrasto con le normative UE, ma ancor più aggravando l’equilibrio ambientale già gravemente compromesso.Quindi occorre garantire l’equilibrio energetico del sistema, ma lo si deve fare seguendo la direttiva UE che prescrive l’utilizzo dell’idrogeno, combustibile virtuoso a emissioni Zero.
ANALISI DEL PROBLEMA – Il Piano Nazionale Integrato dell’Energia e il Clima prevede la costruzione di una serie di nuovi impianti a gas naturale della potenza complessiva di 5400 MW entro il 2030. La centrale di Vado è costituita da due gruppi a turbina di 400MW ciascuno, ai quali verrebbe aggiunto un altro gruppo per raddoppiare la potenza, al costo di 300 MLN in 4 anni di lavoro. Estrapolando, per realizzare il piano nazionale si dovrebbero costruire 7 turbogruppi come quello proposto dalla Tirreno Power, spendendo circa 2MLD, consolidando di fatto un sistema basato sul metano il quale invece dovrebbe servire solo per la transizione verso l’energia a emissioni Zero.
Dunque già da oggi l’utilizzo del metano dovrebbe decrescere per minimizzarsi in 2 decenni circa. Di conseguenza secondo questo iter verso l’ idrogeno verde, tanto virtuoso quando indispensabile, il piano Nazionale potrebbe molto più opportunamente, essere realizzato mediante una serie integrata di progetti diversificati ma convergenti per evitare la costruzione di nuovi centrali o gruppi a metano.
PROPOSTE ALTERNATIVE. Possibili e sostenibili-Il primo passo consiste nella Intensificazione Produttiva dell’energia elettrica, utilizzando in tutti gli impianti a gas italiani, una miscela di metano con idrogeno al 30%. Così facendo grazie al potere calorico dell’ idrogeno, maggiore di oltre il doppio rispetto al metano, si otterrebbe un aumento di energia del 50%, utilizzando le già esistenti turbine con semplici adattamenti. Poiché le centrali a gas di Eni (6), Sorgenia (4), Tirreno Power (3), sviluppano la potenza di 8500MW l’aumento dovuto all’idrogeno della miscela sarebbe di oltre 4000MW, molto prima del 2030.
Quindi per raggiungere la quota di sicurezza sarebbe necessario costruire solamente due nuovi turbogruppi come quello previsto dall’ampliamento di Vado, ma rigorosamente del tipo capaci di funzionare con H2 al 100%. Ovviamente in tutte le centrali sarà necessario costruire l’impianto per la produzione e lo stoccaggio del H2 green, prodotto mediante l’elettrolisi dell’ acqua, utilizzando energie sostenibili ( fotovoltaica, eolica, idroelettrica ) opportunamente proporzionate alla situazione logistica locale di ciascuna centrale.
Tuttavia è bene ricordare che, il secondo passo verso la produzione dell’energia elettrica ad emissioni zero, sarà non solo quello di sostituire tutte le attuali turbine, tra il 2030 e il 2050, con quelle funzionanti con l’idrogeno al 100%. Ma occorrerà anche riconvertire tutte le centrali termoelettriche, che producono ancora oggi circa il 60% di elettricità, con impianti non sostenibili a carbone e petrolio. Parallelamente per fermare la corsa all’aumento finora inarrestabile della produzione dell’energia, è indispensabile percorrere anche la via della diminuzione dei consumi, ottimizzando il sistema e utilizzando modalità e tecnologie poco energivore.
IL CASO DELLA DIGITALIZZAZIONE – Questo grande progetto di trasformazione socio-economica della nostra vita, comporta risvolti notevolissimi anche in campo energetico. Da un lato la realizzazione di una “smart grid” che metterà in collegamento tutte le strutture produttive e di utilizzo dell’energia, certamente contribuirà ad ottimizzare in tempo reale, la gestione e la sicurezza del sistema, minimizzando i consumi e la necessità di nuovi impianti produttivi. Dall’altro lato, secondo il tipo di tecnologia 5G utilizzata ci saranno grandi differenze della quantità di energia necessaria e dell’inquinamento ambientale.
Il modello 5G a microonde in corso di rapida realizzazione dalle compagnie della telefonia mobile, richiede una grande quantità di energia somma di due componenti: quella che crea il campo delle onde elettromagnetiche per trasmettere i dati, aggiunta a quella necessaria al raffreddamento degli impianti ( antenne ). Uno studio dell”Agenzia francese Adene ha quantificato che 10 mail assorbono l’energia pari a quella di un auto che percorra 1 Km. In Italia vengono inviati circa 13MLD di mail ogni anno… Il Ministro Cingolani (ambiente – energia), ha dichiarato che 2 mail assorbono circa 100Wh.
Uno studio di RWTH Aachen University sostiene che in Italia il consumo di energia elettrica per la telefonia mobile che oggi vale 2,5TWh/anno, aumenterà di 13 volte entro il 2030. Quindi, a conti fatti, i tre studi in modo concorde indicano che occorreranno in più verosimilmente 5 centrali da 800MW, come quella attuale a gas di Vado. Al costo di 1,5MLD per i soli impianti oltre a quello delle strutture delle nuove centrali altrettanto onerosi. Viceversa, utilizzando la tecnologia 5G LiFi, a segnali di luce, questi costi sarebbero in gran parte risparmiati, data la minima quantità di energia elettrica necessaria. Ovviamente si eviterebbero anche i costi dell’inquinamento derivante, che ammontano per una centrale a gas tipo Vado a ben 28 MLN annui, di cui 8 per danni alla salute e 20 per l’ecosistema, così come calcolati dalla UE.
Nel caso specifico di Vado l’ ampliamento può essere modulato secondo diverse modalità e dimensioni, con gradualità e passi successivi, quasi senza interferire con il normale funzionamento della Centrale. Nel comprensorio savonese, ampliando il modello della Energy Grid del Campus Universitario, la rete digitale computerizzata dell’energia gestirà anche la centrale a metano, gli impianti idroelettrici, le pale eoliche, i pannelli fotovoltaici, le batterie dei mezzi elettrici collegati ai punti di ricarica della centrale e del comprensorio, oltre ai serbatoi di accumulo dell’idrogeno. Il monitoraggio in tempo reale dell’energia disponibile e di quella richiesta dalla rete elettrica industriale, delle abitazioni e dell’illuminazione stradale, consentirà di mantenere in equilibrio il sistema, con una distribuzione istantanea tra tutte le componenti, garantendone la sicurezza nei picchi di domanda, con il minimo di potenza disponibile e un duplice accumulo di energia, oltre a poter anche selezionare quali distacchi anti blackout siano eventualmente da effettuare in extremis.
CONSIDERAZIONI FINALI – La proposta di raddoppio a metano della Centrale di Vado e il Piano Nazionale, al costo di 300MLN per l’impianto più 56MLN annui per danni, sommati ai 2MLD per 7 impianti più 200MLN per danni, costituiscono un paradossale esempio di investimento errato per produrre un aggravamento della situazione ambientale di lunga durata.
Viceversa le corrispondenti proposte alternative basate sull’idrogeno verde, mentre verosimilmente rispondono in modo adeguato alle incombenze ambientali ed economiche del Paese, di fatto costituiscono anche un investimento virtuoso e coerente con le direttive UE, poiché intercettando gli obiettivi del Recovery Plan rivolto alle Nuove Generazioni, produrranno a breve per queste, numerose occasioni di lavoro in nuovi settori, con il più ampio insieme di condizioni per una vivibilità migliore.
Giovanni Maina