Nel savonese le palme sono ancora in pericolo e richiedono cure con la lotta biologica. Gli ultimi studi di Giorgio Gallesio riguardarono proprio le palme, la loro antica presenza in Liguria, gli agenti patogeni.
di Gabriello Castellazzi*
Tutta la Liguria mostra le ferite lasciate dall’attacco del “punteruolo rosso”. Viali e giardini non hanno più l’aspetto di pochi anni fa quando la “Palma delle Canarie” caratterizzava il paesaggio di tutti i centri costieri. In provincia di Savona i “viali a mare” hanno visto profonde trasformazioni dovute agli abbattimenti dei bellissimi alberi. Interventi che hanno richiesto notevoli impegni finanziari tra taglio, rimozione, smaltimento e ripiantumazioni con nuove specie vegetali.
Ma la crisi dovuta alla comparsa del micidiale parassita non è conclusa e dopo gli attacchi alla varietà “canariensis” si registrano preoccupanti infestazioni sugli altri palmizi risparmiati fino ad oggi.
Gli agronomi sono ben consapevoli del problema: se la palma delle Canarie, succosa e ricca di liquidi quindi molto gradita al “punteruolo”, tende a scomparire dall’ambiente, il parassita ancora presente sulle piante malate (foto di oggi) rivolge la sua attenzione ad altre varietà trascurate in un primo tempo, anche a distanza di kilometri.
Infatti nei mesi scorsi, oltre all’ altra specie più gradita ( la “Phoenix dactylifera”) si sono registrate nel savonese pericolose infestazioni sulle palme “Washingtonia”, ritenute molto resistenti, spesso utilizzate per nuove piantumazioni ma che dovranno, d’ora in avanti, essere tenute sotto controllo.
A questo punto non è più tollerabile la presenza, in giardini pubblici e privati, di palme che manifestino la malattia e destinate, se non vengono immediatamente curate, a diventare pericolosi vivai di “punteruoli”.
Da qualche anno i trattamenti effettuati con prodotti fito-sanitari hanno funzionato su tutti i tipi di palma quando queste hanno reagito bene all’iniezione di fitofarmaci nel tronco ( endoterapia), e si sono rispettate alcune regole: zona di intervento omogenea pena l’inefficacia dell’azione; potatura effettuata solo su foglie secche poichè il punteruolo è attirato dalla linfa dolce di un taglio fresco; siano sistemate trappole con “feromoni sessuali” come primo atto di una “lotta biologica” capace di bloccare gli insetti ancora presenti nell’ambiente.
La “lotta biologica” è una modalità di intervento importante perchè neutralizza i parassiti evitando l’uso prolungato di pesticidi tossici: veleni micidiali che introdotti nell’ambiente entrano con facilità nella catena alimentare.
La ricerca scientifica ha già individuato nuovi mezzi capaci di frenare, attraverso metodi naturali, la diffusione dei parassiti : l’ utilizzo di nematodi entomopatogeni e l’uso dell’ azadiractina, una sostanza naturale che oggi viene prodotta anche per sintesi.
Ma in passato quale è stato il comportamento degli agronomi di fronte alle malattie delle palme?
Interessanti notizie le troviamo su di un trattato dell “Accademia dei Georgofili” di Firenze, dove vengono descritte con grande precisione le ultime ricerche dell’agronomo Finalese Giorgio Gallesio, consulente per l’agricoltura di Chabrol de Volvic, Prefetto napoleonico ben noto ai savonesi.
Gli ultimi studi del grande botanico finalese riguardarono proprio le “palme da dattero” che analizzò a Bordighera e Sanremo, tra il 1836 e il 1839 (anno della sua morte). Il suo lavoro inedito ha questa premessa: “ La “Palma” è il gigante degli alberi endogeni, uno dei resti di quel mondo organico misterioso che ha preceduto il mondo attuale”. Gli scritti, mai pubblicati in precedenza, sono registrati come il primo importante studio effettuato su questo vegetale.
La “Phoenix dactylifera” (al contrario della “Phoenix canariensis”) era diffusissima in quel periodo per evidenti interessi economici ( non per i datteri che a queste latitudini non maturano) bensì per il grande uso di foglie verdi e bianche recise, utilizzate in Italia e all’estero nelle cerimonie religiose (le fronde per la Festa ebraica dei Tabernacoli e le foglie intrecciate per la Pasqua cattolica), i “cuori di Palma” come alimento gustoso e di pregio. Gli “Statuti di Sanremo” regolavano da alcuni secoli un commercio che garantiva fonte di reddito per gran parte della popolazione (le palme coltivate erano migliaia).
Cosa riporta il Gallesio sulle malattie di piante che secondo lui potevano essere coltivate in gran numero su tutta la costa ligure?
Scopriamo dai suoi scritti che anche in quel periodo le palme venivano attaccate da un altro “curculionide” (la “Calandra scabra”, di colore nero), simile per forma e stessa famiglia del “punteruolo rosso” proveniente dall’Asia: insetto che duecento anni dopo (nel 2004 la prima segnalazione in Italia) iniziò a distruggere il nostro prezioso patrimonio di palme.
Quel parassita (la calandra nera) si trovò probabilmente di fronte un antagonista naturale che ne limitò la diffusione, infatti non fece molti danni e poi scomparve: il Gallesio non gli diede troppa importanza, interessato ad altri fitofagi che colpivano i preziosi germogli.
E’ auspicabile che anche oggi attraverso la “lotta biologica” si riescano a limitare i danni del “punteruolo” con la scoperta un antagonista naturale in grado di salvare le bellezze del nostro paesaggio.
*Il Portavoce della Federazione dei Verdi della provincia di Savona,
Gabriello Castellazzi