Chi ha seguito, da cronista, 54 anni di storia savonese e ligure, alla notizia che era stato trovato un cadavere con due piccoli tagli alla gola, presenza di un fungicida ed erano in corso serrate indagini dei carabinieri, è tornato al quel dicembre del 1980. La morte violenta in una stamberga, sulla litoranea a mare, di Vincenzo Bertolotto, 80 anni, bracciante agricolo. Un delitto rimasto insoluto così come altri 6 su 9 dal 1967 ad oggi. L’ultimo presunto giallo, forse risolto dall’autopsia, riguarda il cadavere e la morte di Bernardo Alfredo Ascoli, 74 anni, un coetaneo; funerali venerdì 29 gennaio nella chiesa di Sant’Eugenio alle 10.
A Peagna, quando veniva in sella alla moto di papà (U Capurale), si giocava insieme nelle due piazzette del paese.
Fino a qualche anno fa lo incontravo al supermercato all’insegna Famila, oggi Mercatò. Sempre solo, a volte misterioso nei suoi pensieri, parlava il nostro dialetto, ma rispondeva e conversava in italiano. Aspetto ascetico. Una persona solitaria del quale da tempo non avevamo più notizie.
Ormai i cerialesi e ancor più i piegnoli non è facile incontrarli in strada, più probabile in chiesa e assai più spesso al camposanto, ultima nostra dimora. La scomparsa tragica e violenta di Alfredo Ascoli, in attesa del responso ufficiale della causa del sua morte, impone alcune considerazioni ed interrogativi, riflessioni.
Si è letto che “viveva in una baracca di regione Prae ai confini con Albenga“(semmai Campochiesa). E ancora: “Qui aveva la residenza“, riporta Il Secolo XIX con una dichiarazione del vice sindaco e fama di storico locale, Luigi Giordano (origini milanesi): “Ascoli, lo conoscevo bene. Non ha mai pensato al suicidio, era una persona attaccata alla vita e anche molto attento alle norme Covid e soprattutto amava vivere; in passato aveva avuto qualche problema cardiaco ed assumeva molte pastiglie e quindi potrebbe essere stato colto da malore cadendo con il coltello in mano”.
Oggi si scopre del probabile suicidio. Alfredo fino a qualche anno fa, incontrandolo, era un cittadino che ci teneva al decoro personale e nell’abbigliamento non era un trasandato, né dedito al bere, tanto meno alla droga. Era certamente un cerialese vecchio stampo che viveva nella solitudine. E ciò che comporta.
L’ex sindaco Giovanni Cerruti, ricorda il ceppo dei ‘Caporali’ che in città hanno ancora parenti: ricorda Alfredo a pitturare vetrine delle serre agricole, lo ricorda dipendente comunale, da pensionato coltivava asparagi e carciofi buonissimi. Un cerialese forse non troppo fortunato, rimasto vittima della solitudine ? Il vice sindaco non ha fatto cenno se, quanto anziano e malato, solo, fosse o meno in qualche modo attenzionato dai servizi sociali. Se si, come c’è da augurarsi, qualcuno saprà dire qualcosa di più. Un suicidio non è mai un gesto d’impeto, improvviso, una reazione violenta, come avviene negli omicidi; chi si suicida cova nel tempo la tremenda decisione, magari la rimanda, rimugina, immagina, sceglie i tempi ed i modi. A volte lascia pure un biglietto. Si poteva fare qualcosa per scongiurare la terribile scelta di Alfredo ? Chi sono le persone che più gli sono rimaste vicino ? Le assistenti sociali cosa sanno ? E quali i rapporti con i parenti ?
Con l’addio ad Alfredo si assottiglia sempre più la schiera cerialese e peagnola dei vecchi tempi. Ormai non ci si riconosce quasi più tra la gente e gli unici punti di aggregazione, prima del Covid, erano la chiesa, le opere parrocchiali, gli incontri, le feste, qualche panchina, il centro anziani. Alfredo si era allontanato da conoscenti ed amici ? Stanco di vivere ? Temeva il peggio ? Chi ha dato per primo l’allarme e perché ?
Preferiamo ricordarlo, da ‘peagnini’, così ci chiamava il compianto parroco don Gerini. Alfredo con quel sorriso garbato, quegli scatti di gioco, le smorfie, quel suo tic con contrazioni rapide, ripetitive e involontarie che segnavano il volto. Ai nostri giorni ormai si può morire, anche se un vice sindaco che tutti conosce, può dichiarare ai media: “Non credo proprio al suicidio, era troppo attaccato alla vita”. Invece ecco il tragico monito. Che dovrebbe essere un chiaro segnale per tutti. Perché pare utile chiederci se siamo sicuri che ognuno di noi non possa sentirsi in colpa di aver lasciato solo Alfredo. (L.C.)
IL DELITTO IMPUNTO DEL BRACCIANTE AGRICOLO DEL DICEMBRE 1980
CERIALE ONORATA DA UN CITTADINO RICCO DI VIRTU’ E UMANITA’
SE N’E’ ANDATO UN PERSONAGGIO CHE HA ‘RACCONTATO’ CON LA MACCHINA FOTOGRAFICA
LA VITA DAL BATTESIMO, ALLA COMUNIONE, ALLA CRESIMA, AL MATRIMONIO, ALLE NOZZE D’ARGENTO E D’ORO
DI ALCUNE MIGLIAIA DI CERIALESI E PEAGNOLI. SEMPRE BEN VOLUTO E STIMATO, COSTRUTTIVO, UOMO DI PACE
ANCHE I COMMERCIANTI L’HANNO RICORDATO CON UN MANIFESTO FUNEBRE
CARO PAPA’ ! LA LETTERA CHE HA SCRITTO IL FIGLIO MARCO, PRIMARIO OSPEDALIERO, GIA’ SINDACO DI TOIRANO, EX PRESIDENTE DELL’AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE. DALLA DC AL PDL.