Vorrei ringraziare coloro, e sono tanti ad iniziare dall’amico collega Luciano Corrado, che mi sono stati vicini nei due dolorosissimi lutti che mi hanno gravemente colpito negli ultimi quattro mesi. Ho perso due splendidi genitori o, come li chiamavo io, due compagni di un lungo viaggio.
di Willy Olivero
Mario, mio padre, era una persona brillante e solo la carta d’identità ne tradiva gli anni. Una grande cultura, un amore sconfinato, disinteressato al venale e al tornaconto personale, per lo sport. Una devozione per la famiglia nella quale ho la presunzione di inserire il gatto Ringo. Nei due lutti si è rivelato incredibile premonitore. Molte ore prima dava segni di irrequietezza, non riuscivo più a placarlo. Lui che era sempre affettuoso e tranquillo.
Mia madre era una donna semplice, dedita alla casa, che si teneva informata nonostante, colpa della guerra, non aveva potuto permettersi di studiare. Amava remare e spesso, ancora negli anni 90, prendeva un moscone e andava a fare un tuffo alla Gallinara. Un grande amore per i gatti e gli animali e credo non abbia mai perso una puntata di Geo.
Ora sono rimasto solo in una casa ricca dei loro ricordi. Un alloggio in centro città che, a costo di vivere un giorno a pane ed acqua, non metterò in vendita. Certo, come mi hanno suggerito alcune persone, potrei vendere l’immobile e godermi, con il ricavato, gli anni del tramonto. Ma credo che nella vita non esistono soltanto i soldi ed il desiderio di trascorrere sereni il tempo che ci viene concesso. Credo che esista ancora una parola sempre più desueta ma ancora presente nel dizionario della lingua italiana. Questa parola si chiama gratitudine e viene rivolta nel mio caso a due persone che hanno fatto enormi sacrifici per comprare la casa dove ho l’onore di abitare. Metterla in vendita sarebbe come mettere un vendita la propria anima, la propria coscienza. E tradire due splendide persone che mi proteggono da qualche angolo del cielo e che, nonostante il mio credo laico, sono sicuro di poter rivedere ancora.
Non posso certo dimenticare rabbia e dolore; pensare a tante persone, ci metto mio padre, morte anche perché trascurate nei mesi di marzo e aprile, in quanto tutto doveva essere indirizzato verso il Covid 19. Gente lasciata a morire senza l’assistenza medica di cui avevano bisogno perché – credo di non esagerare- un certo sistema di potere, i media, le case farmaceutiche volevano gonfiare la paura della gente. Adesso che con il sequestro di alcune cartelle cliniche si accerterà cosa sia successo durante la pandemia, speriamo che qualcuno inizi a ragionare e si colpiscano i veri responsabili.
Papà soffriva di artrite reumatoide, una malattia degenerativa. Con l’inizio dell’allarme coronavirus le visite degli specialistici sono state sospese, stesso discorso per il medico di famiglia. Si riusciva, quando si riusciva, a colloqui telefonici. Papà, inoltre, era un soggetto a rischio e devo dire grazie ai volontari della Croce Rossa di Savona che provvedevano a fare acquisti anche in farmacia e comprare il giornale che babbo leggeva abitualmente. A mia volta era un ‘recluso’ e potevo contagiarlo. Una notte si è sentito male, ho chiamato la guardia medica, era un giovedì, qualche giorno prima che mancasse. Era in atto una crisi acuta, mi hanno risposto che se non ha febbre non potevano soccorrerlo. Nonostante tutto fino all’ultima settimana di vita si ‘distraeva’ con la settimana enigmistica, tirava anche tardi. Guardava la Tv. Essendomi trovato in certe condizioni posso dire che il mio caso in famiglia non era un’eccezione. E’ accaduto a tante persone.
Il mio dramma ? Papà si è spento alle 7,45 del mattino. Sono venuti i necrofori e l’hanno portato via in un sacco alle 9,30. Da quel momento ho visto solo la sua bara. La mamma fortunatamente non era resa conto. Da tre mesi la seguivamo con papà, era lei al centro delle nostre preoccupazioni. Papà era quattro anni che non usciva di casa. Impossibile dimenticare l’acutizzarsi dei dolori. E da tre anni era sotto cura costante. Ma con l’acuirsi della patologia lo specialista non faceva altro che indicare di aumentare le dosi di antidolorifici. Nel suo caso il ricovero, mi si diceva, non era praticabile.
Vorrei però finire, diciamo in bellezza, riproponendo le immagini di papà nei giorni ‘gloriosi’ della sua passione per lo sport. Gli anni in cui organizzava la Montecarlo – Alassio che inaugurava la stagione ciclistica internazionale. E’ stato l’anima del Velo Club Alassio. I premi, i riconoscimenti, gli attestati, le ore trascorse con l’indimenticato Nanni De Marco (in realtà già dimenticato dal mondo sportivo, il Coni batta un colpo). Nanni straordinario ed infaticabile organizzatore di eventi, ma anche di iniziative promozionali di cui beneficiava la diffusione dei due quotidiani di cui è stato a lungo collaboratore (oltre che Riviera Notte con il collega Luciano Angelini e Enrico Fabbri): prima Il Secolo XIX – edizione di Savona e poi La Stampa – edizione Liguria. Nanni schietto, franco, esuberante, con un cuore d’oro e non dimenticherò quella sua ‘sfuriata’ con l’amico e ‘potente’ comm. Lelio Speranza. Nanni e Lelio ricchi di meriti e testimonianza vissuta.
Willy Olivero