Care Amiche e Amici, sicuramente qualcuno dirà che Paolo prete è “bastian contraio”. Pazienza, mettiamo in saccoccia anche questa. La verità è che con la Newsletter ho chiesto ai SANTORPETINI di Genova, di esprimere la loro opinione sulla decisione se aprire o no la chiesa da oggi (18-05-2020) in avanti. Io ho detto la mia: per me è no.
di Paolo Farinella, prete
All’unanimità (non mi sono messo a contarle perché mi pare ridicolo), tutte le risposte, tranne due – per altro implicite – hanno espresso parere negativo: ASPETTIAMO SETTEMBRE E POI VALUTIAMO.
Alcuni, saggi, non verrebbero di suo per prudenza. Anche diversi “foresti” sono dello stesso parere. Per me celebrare la Messa in questo modo è uno scempio, un ritorno alla Chiesa presocratica, senza nemmeno Socrate. Preferisco la cicuta.
Un parroco a Genova ha detto che si organizza per “dire 7 messe tra sabato e domeniche“. A parte il fatto che il Diritto Canonico glielo vieta, anche applicando il criterio dell’Epicheia, rinasce con orgoglio la “Messa della Mutua”.
Ho visto alcune scene oggi al Tg e sono state sufficienti a confermare che la scelta dei Santorpetini è la più corretta e adeguata: una chiesa enorme da non meno di 300 persone con 10 ca. persone dentro. No! Non possumus.
Un altro prete ha detto che dà la comunione con le pinze, forse in base al detto degli antichi “prendere la comunione con le pinze” (communionem accipere fòrcipe). Mi domando se non siamo diventati sacrileghi, ben sapendo di esserlo: le pinze sono depilatorie o filateliche? Le conserveranno nel tabernacolo per sempre? Per chi è fermo al concilio di Trento, questi sì che sono problemi! Oibò!!!
La configurazione spaziale di San Torpete non è in grado di garantire una forma minima di sicurezza e siccome non ci corre dietro nessuno e non vogliamo fare correre rischi inutili ad alcuno, SAN TORPETE RESTA CHIUSO.
Tutte le ragioni le abbiamo dette nella precedente Newsletter che allego di nuovo a questa conclusiva [basta cliccare in fondo alla pagina il bottone “APRIRE LE CHIESE” che rimanda al mio sito].
Continuiamo con la registrazione audio del commento alle letture come alimento di conoscenza delle Scritture. So che molti le scaricano, ma sono certo che il lunedì pomeriggio, il mio amico Alfonso Vacondio di Corlo di Formiggine (in forma anonima), che oggi, 18/05/2020, compie 86 anni, le ascolta con religiosa compunzione: un Santorpetino modello che ha già vinto il premio fedeltà. Vince N. 100 gocce di pregiatisismo Aceto Balsamico Modenese che fa lui stesso (così risparmiamo noi sul prezzo del regalo), sotto vigile controllo dei 22 nipoti. AUGURI NONNO ALFONSO, SENZA METTERE LIMITI ALLA PROVVIDENZA.
Restiamo in attesa che l’ubriacatura da astinenza improvvisa passi e quando la comunità potrà essere vera e non fittizia, allora faremo festa e imbandiremo la mensa con Donna Sapienza dei Proverbi 9,1-5: “«Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato… andate diritti per la via dell’intelligenza».
Ecco l’intelliganza, appunto. Se il mio primo invito, oltre la superficialità euforica, era rivolto alla riflessione, ora il secondo è rivolto all’intelligenza. Se aprissimo a queste condizioni, rinnegheremmo tutto quello che abbiamo vissuto e sperimentato in questi 13 anni di vita comune e di sperimentazione comunitaria.
Aveva ragione Totò in «Totò e la dolce vita» (1961): «Nella vita e nella morte ci sono le cose vere e le cose supposte: le cose vere mettiamole da parte, ma le supposte? Le supposte dove le mettiamo…?». Ah! Saperlo! Ai posteri l’ardua sentenza. Noi ci asteniamo!
Paolo Farinella, prete
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DAL SITO ‘APRIRE LE CHIESE’
APRIRE LE CHIESE, MA L’EUCARISTIA DOV’È?
di Paolo Farinella, prete
La Cei e il Governo hanno firmato l’accordo per la riapertura delle chiese da lunedì 18/5, ne deriva che San Torpete potrebbe aprire domenica 24/05, ma sarà così? Il card. Bagnasco per Genova ha dato disposizioni non complete, almeno così mi pare.
Riflessioni spirituali
Non esiste il diritto di «dire Messa» o di «prendere Messa». L’Eucaristia non è né un’opinione né una pillola per togliere il dolore dell’obbligo del precetto, perché, come dice il mio amico Umberto di Formiggine (MO): «Molti cattolici hanno il vizio di andare a Messa». L’Eucaristia (non l’ostia) definisce la Chiesa e l’idea ecclesiale sottostante la diatriba CEI/Governo è ancora quella del concilio di Trento: casta clericale, senza popolo, che si esaurisce nel «rituale» pomposo e sbrigativo del rito del solo «sacerdote», sistema scelto «contro Lutero», non per ragioni teologiche. Ho avuto la pena di «assistere» a Messe da 10 minuti, da 23 minuti, da mezz’ora vespri compresi. Speravamo che il Vaticano II avesse fatto un passo avanti… verso le origini, verso l’Ekklesìa del «mistero pasquale», sacramento per Tertulliano (sec. II/III) «dell’intima unione del genere umano con Dio» (LG 1). Abbiamo sperato invano come i discepoli di Emmaus?…
2. Ricordano i vescovi e gli habitués della «Messa» il n. 21 della «Dei Verbum»?«La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli».S e Parola e Pane costituiscono il Corpo, non significa che la Parola è sacramento della Presenza reale, almeno allo stesso modo del Pane? Aver ridotto tutto all’ostiae quindi alla«comunione» è sminuire la pienezza del «mistero pasquale» a livello ritualistico, cioè clericale.Il giansenismo è vivo.
3. La concessione universalistica di celebrare «secondo il rito» tridentino, data da Benedetto XVI, non solo è una sconfessione del Vaticano II, ma una scismatica regressione:dalla«partecipazione» piena, corale ed ekklesiale della «duplice mensa» di «Parola e Pane» dell’Eucaristia del Popolo di Dio al passivo«dire o ascoltare o prendere messa», quasi servirsi di una merce in un emporio. Un abisso di differenza.
4. Il precetto così amato dai vescovi, non esaurisce la Chiesa che si nutre del Pane, ma anche di fraternità, ma anche di Parola di Dio, intesa come «Sacramento», che non è l’ostia nel tabernacolo, ma l’Eucaristia celebrata dalla Santa Assemblea riunita in Sinassi, in Assemblea, in Popolo radunato.
5. Nell’Eucaristia, infatti, l’Assemblea Santa fa due volte la comunione: la 1avoltaalla mensa della Parola con le orecchie, ascoltando/ricevendo il «Lògos», cioè il progetto di alleanza donato nella profezia «oggi»e la 2 a volta con la bocca, mangiando «il Lògos fatto/spezzato carne/fragilità», perché il Popolo Santo porti i «frammenti di Cristo», presente nella Parola/Pane, nel cuore del mondo «che Dio ha tanto amato».
6. Da mezzo secolo avremmo dovuto interiorizzare questa visione antica, invece ci siamo attorcigliati alla Messa devozionale, ridotta a show da streaming, mettendo in evidenza la Messa come affare del solo prete, che la svento la come bandiera di lotta (lefebvriani)e di reazione(tradizionalisti per forza d’inerzia)per i quali la Messa e«rito esclusivo» del «sacerdote», mentre la presenza passiva della massa (non popolo)non è necessaria, ma obbligatoria per «non commettere peccato», un adempimento giuridico/morale:la massa ha il dovere della Messa, non il diritto di celebrare e vivere il sacramento dell’Eucaristia.
7. Soccorrono gli Ebrei. Il Talmùd: «Chi studia la Toràh è come se offrisse lui stesso un olocausto, un’offerta, una espiazione, un sacrificio di espiazione»(Tb Menahòt110a). Se il«Lògos» è centralità salvifica, studiare la Parola, cioè la Persona del Lògos, non dovrebbe essere equiparato alla celebrazione eucaristica,se pure Gv l’equipara alla lavanda dei piedi, cioè all’Agàpē? La Mishnàh evidenzia la centralità dello studio della Parola nella vita quotidiana con la lista dei 613 precetti e comandamenti, concludendo: «ma lo studio della Toràh vale tutti questi precetti» (Pèah1,1; bShabat127a). Lo sa Gesù quando in Mt 22,40 riduce tutti i 613 precetti all’Agàpē di Dio e del prossimo. Il Midràsh Sifré Dt § 41, commentando Gen 2,15 «perché lavorasse e custodisse il giardino» dice che lì si parla dello studio della Toràh.
8. L’Eucaristia ha le «sue leggi»che non possono essere adattate «alle normative provvisorie dello Stato», sebbene controfirmate dalla CEI. In questo frangente pandemico, quasi tutti i vescovi hanno incentivato «la Messa del solo prete» (v. il maldestro documento dei Vescovi Umbri, scaduto teologicamente, lontano dal concilio Vaticano II,che pur è il «massimo magistero solenne nella Chiesa cattolica» (teologia dogmatica tradizionale). A essi ha risposto da par suo il teologo Andrea Grillo che approfondisce oltre l’episodico. Per soddisfare il precetto, basta «dire una Messa»in cui ognuno presente e isolato«prega il proprio dio». Celebrare senza coinvolgimento dei corpi l’evento che celebra il corpo per eccellenza, cioè la condivisione visibile nella «frazione della Parola e del Pane» è una deformazione sostanziale.Pura astrazione giansenista.
9. Poiché è impossibile garantire la natura propria dell’Eucaristia, non è meglio, con dolore,rinunciarvi essendoci il rischio calcolato di potere «contagiare per la morte», non per la vita i corpi dei partecipanti? Non è meglio digiunare in comunione con tutti coloro che non mangiano perché senza pane, disattendendo la stessa preghiera del Signore: «dacci oggi il nostro pane quotidiano»?
Ogni giorno muoiono 700 bambini per mancanza di acqua potabile; centinaia di migliaia d’immigrati sono vittime e schiavi del caporalato, ma non disdegniamo di comprare i prodotti che essi producono per noi da schiavi e seviziati come bestie senza dignità, ma non possiamo «non andare a Messa». Una Messa che diventa veleno. Milioni di profughi alle frontiere di nazioni «cristiane/cattoliche», che recitano Rosari e mostrano Madonne contro gl’invasori, senza rendersi conto che stanno spuntando in faccia a Dio e alla Madonna, profughi di mestiere.
Quanti Popoli di Dio sono senza Eucaristia non solo per mesi, ma per anni (v. l’Amazzonia per fare un nome ormai conosciuto e oggetto di un Sinodo). Se è più importante il celibato del prete (?) dell’Eucaristia, di cosa stiamo vaneggiando? È meglio digiunare finché non ci sarà pane per tutti, perché solo allora potremmo ritornare a essere Eucaristia per essere adatti a spezzare la Parola/Pane per tutte le genti (cf Isa 2,1-5). Se Giovanni può sostituire l’Eucaristia con la lavanda dei piedi e quindi con il servizio, memori dell’esempio eucaristico che migliaia di infermieri, medici, assistenti, volontari della CRI e altri, credenti e non credenti, hanno dato con abnegazione e spirito di amore sconfinato, non potremmo in tempo di pandemia, di necessità e d’impossibilità celebrativa, dedicarci alla condivisione dell’Agàpē come vertice e fondamento di tutta la vita cristiana? Non è forse vero che «rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e l’Agàpē. Ma la più grande di tutte è l’Agàpē» (1Cor 13,13). Considerazioni pratiche: Costi – A queste ragioni di natura spirituale, si aggiungono ragioni pratiche che rendono impossibile l’apertura delle chiese alle condizioni concordate da CEIe Governo(n. 2.1 del decreto).
Parlo per me.
1. Se la chiesa di San Torpete in Genova deve mantenere le distanze prescritte, può accogliere ogni volta 20/25 persone: bisogna fare turni d almeno 4 gruppi al mese, un gruppo per ogni domenica.
2.I San Torpetini non sono giovanissimi, ma solidi in età e grazia; tranne uno, tutti provengono da altri quartieri di Genova e fuori città con mezzi pubblici o auto proprie, con tutti i rischi annessi.
3.Le norme del Governo condivise con la CEI, obbligano a fare la sanificazione della chiesa e degli ambienti adiacenti«dopo ogni celebrazione».Significa un 1° intervento radicale e n. 4 interventi mensili. I costi (Iva compresa) sono € 270,00per il 1° intervento radicale una volta al mese e € 245,00per n. 4 sanificazioni mensili. Totale € 512,000al mese. Da metà maggio a dicembre2020 (ma si andrà oltre) servono € 3.850,00 (non sono calcolate le spese dei 2 dispenser automatici già ordinati,luce, riscaldamento, lavanderia, stampati domenicali, ecc.).
4. In San Torpete le entrate ordinarie mensili sono: € 600,00(offerte della domenica)+ € 420,00che alcuni partecipanti versano direttamente ogni mese sul conto bancario della Parrocchia per un totale arrotondato di € 1.020,00 mensili.
5. Avevo pure pensato di celebrare anche il pomeriggio di sabato per fare n. 2 turni settimanali, così da portare la partecipazione a 2 volte alla settimana, ma significherebbe aumentare le spese a € 760,00 al mese, per cui da maggio a dicembre 2020 occorrono € 4.510,00.Domenica scorsa diedi cifre più alte.
Ho suggerito alla ditta di fare un contratto quadro per tutte le parrocchie, via Curia, con doppio vantaggio: lavoro assicurato e diffuso e costi molto contenuti e accessibili.Come amministratore devo fare i conti,perché la gestione di un monumento storico e architettonico è costosa, molto costosa. Sullo sfondo in tempo di coronavirus, l’Associazione Ludovica Robotti-San Torpete e la Parrocchia, pur chiuse, a nome di tutti, continuano a lavare i piedi di chi ha bisogno, sull’esempio del Signore, supportando drammi di famiglie con bambini, adolescenti, disoccupati e anziani senza mezzi e spesso alla fame,cercando di fare il massimo. Questa è la precedenza. In poco più di due mesi, sono stati fatti n. 53 bonifici, senza contare gli aiuti dati manualmente a chi non aveva altra possibilità. Non possiamo prenderci cura dell’Eucaristia, senza prima avere sfamato,curato e protetto quello stesso Gesù che ci ordina nel suo Vangelo: «Avevo fame… avevo sete… ero forestiero…». Le pietre non mangiano, le persone sì, per questo ogni soluzione deve essere congrua e proporzionata ai tempi e alle circostanze.Durante la pandemia, abbiamo continuato la registrazione audio della Liturgia della Parola, all’inizio su richiesta di ipovedenti, poi per i tanti che l’ascoltano. Il prete non può celebrare da solo senza il suo Popolo, perché «è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio» (Eb 5,1). Immerso nel suo popolo, n condivide la vita in tempo di vacche grasse e di vacche magre. Se il popolo digiuna, il prete digiuna perché non è privilegiato, ma ministro che si consuma nell’esemplarità del «martirio-testimonianza».
Secondo il Targùma Ct 2,8 prima che un diritto nostro,l’Eucaristia è il bisogno di Dio di vedere il volto e di udire la voce della Santa Assemblea, quando prega. Parteciparvi non è adempiere un precetto da codice penale, ma rispondere al bisogno di Dio di sperimentare la vita in comunione col suo Popolo. In questo modo celebriamo la profezia della Parola che si attua«ora e qui» per portarla nel mondo come «pane spezzato», cioè pronto per essere condiviso con l’Umanità, sigillo dell’immagine del Padre del Signore Gesù. Il resto è pula che il vento disperde.
ASPETTO SUGGERIMENTI DAI SANTORPETINI. HO PRONTO UN ELENCO DI PARTECIPANTI ABITUALI, DIVISI IN4 TURNI
MA A IMPERIA IL SECOLO XIX RACCONTA
LE LACRIME DI GIOIA NEL RICEVERE L’OSTIA DAL SACERDOTE