Europa e ripartenza. Intervista a Mirko De Carli, coordinatore del Popolo della Famiglia per l’alta Italia.
di Gianluca Valpondi
Stiamo forse finalmente pian piano per uscire da un tunnel di due mesi, ma nel tunnel si è lavorato, e alacremente, per “il dopo”, vero Mirko? Crisi da Covid-19: occasione per una nuova alleanza tra Paesi europei e, in Italia, tra Stato e cittadini?
Credo che stiamo gettando le basi per una ipotesi di fase 2. Ancora i dati, soprattutto per quanto riguarda l’Italia, delle curve epidemiologiche non consentono se non un piano di – graduale e differenziata per territori regionali – riapertura delle dinamiche di vita lavorativa e sociale secondo quello che possiamo immaginare come rientro a una sorta di vita gradualmente normale. È chiaro che bisogna comunque lavorare tempestivamente per cercare di creare le condizioni di una possibile conciliazione tra le dinamiche di vita lavorativo-sociale e la convivenza col virus. In questo il ruolo dell’Europa è decisivo. Ogni singolo Stato da solo non ce la può fare, non ha né la forza né gli strumenti per farcela. L’Italia lo dimostra: il Def che ha annunciato e presentato il ministro Gualtieri conferma dei dati di economia e di finanza pubblica davvero preoccupanti sia in termini di rapporto deficit/pil che viaggerà oltre il 10%, sia di indebitamento pubblico un 155% e oltre del debito pubblico in rapporto al Pil, avremo una disoccupazione che supererà l’11%, un calo di spesa per famiglia di oltre il 7%; quindi dati difficili che se non siamo dentro un contesto e una cornice di salvaguardia europea non sarebbero sostenibili. Credo che quindi l’Europa nella fase di emergenza abbia adottato misure in ritardo, forse ridotte nei volumi, ma importanti e significative in termini di solidarietà. In primis il quantitative easing predisposto dalla Banca centrale europea che ha permesso di acquistare tutti i titoli di Stato che sul mercato non trovavano ricollocazione e di garantire la spesa in deficit dei singoli Stati colpiti maggiormente dal Covid-19; il Sure, che ha dato un primo slancio per poter contribuire al pagamento delle casse integrazioni, in particolare quelle in deroga, per tutti i lavoratori e le aziende che non potevano lavorare in questo periodo di stato di emergenza nazionale; i fondi della Banca europea degli investimenti per le spese emergenziali che ha dovuto sostenere lo Stato con la decretazione fatta con i Dpcm in buona parte; e soprattutto quello che è conseguito anche alla ipotesi concreta ora in fase di elaborazione del Recovery fund, cioè di un fondo per la ricostruzione, che prevederà emissione di titoli di debito europei e la predisposizione quasi sicura di questi fondi ai singoli Stati a fondo perduto. Credo che l’Europa abbia colto con fatica, con tanti errori e limiti, attraverso anche il pressing fatto dall’imprenditoria e dagli industriali tedeschi ad Angela Merkel, un’opportunità di poter ricostruire il progetto europeo partendo finalmente da un ruolo della politica in termini di economia e non di una finanza che governava l’economia e governava quindi la politica: c’è stato un ribaltamento; la politica è tornata a guidare i processi, lentamente e gradualmente, attraverso le leve economiche, senza farsi guidare dalla finanza nel fare questo.
A quanto ammonta il risparmio privato degli italiani, contando anche gli immobili? Cosa ci si potrebbe fare? Come si potrebbe investire in un’ottica di sano senso patriottico e di sana sinergia privato/pubblico e solidarietà/sussidiarietà?
Gli italiani sono tra gli Stati più virtuosi in termini di risparmio privato e in termini anche di livello di debito privato. Siamo il secondo Paese al mondo come debito pubblico, il primo in Europa, ma come debito privato siamo tra i più bassi al mondo e abbiamo il più alto tasso di risparmio e di case di proprietà. In Italia viaggiamo, con dati più recenti, a un oltre 80% degli italiani che sono detentori di una casa di proprietà. Questo dato è un dato importante anche se si è visto sgretolarsi e sgretolare con il passare soprattutto delle crisi e delle recessioni perduranti nel contesto europeo. Abbiamo visto soprattutto dopo la crisi dei debiti sovrani del 2008, dovuta alla crisi delle banche commerciali americane, un crollo significativo sia del livello di risparmi degli italiani, per cui si è detto più volte che è entrato in crisi il sistema del ceto medio italiano, e anche, oltre alla riduzione dei risparmi, la riduzione di quello che era il livello di capacità di acquisire case di proprietà soprattutto nelle nuove generazioni, e si è innalzato sensibilmente di conseguenza il tasso di debito privato, che sta raggiungendo gradualmente livelli più simili a quelli di Paesi del mondo anglosassone. Questo è un dato preoccupante su cui occorre interrogarsi; non c’è più quella eccellenza italiana che avevamo fino a 10/15 anni fa – causa appunto di una situazione di continua e perdurante recessione e stagnazione economica, di riforme che non si sono fatte per rilanciare il mercato dell’economia e del lavoro – e oggi con la pandemia ovviamente si è dato un colpo forse letale a tutto questo. Occorre quindi rilanciare come ho detto una nuova logica di welfare mix, cioè di uno Stato che ritorna protagonista attraverso interventi pubblici nel settore economico, capaci di creare strategia e sinergia di sviluppo nazionale su settori strategici – penso a quello delle telecomunicazioni, penso a quello dell’energia, penso a quello della sanità. Dobbiamo riprendere in mano la logica dell’Iri: è stato un grande strumento che ha permesso all’Italia del dopoguerra di poter creare le eccellenze imprenditoriali che oggi conoscono in tutto il mondo e che danno decine di migliaia di posti di lavoro e che sono affermate come i nostri gioielli di famiglia, oggetto di continui tentativi di scalate straniere; penso all’Eni, Finmeccanica, Fincantieri etc…Dobbiamo essere capaci di far sì che lo Stato con intelligenza ritorni a investire, ritorni a creare una cornice-guida nei mercati strategici per lo sviluppo dell’economia del Paese in seno al progetto europeo, e credo che questa strada la possano fare società pubbliche come la Cassa depositi e prestiti, o come anche la Sace, che già in un primo tentativo lo sta svolgendo con fatica e con grandi limiti all’interno del contesto del cosiddetto Decreto liquidità; questa sarebbe una nuova logica di solidarietà e sussidiarietà praticata nell’economia reale.
Banca pubblica che obbedisce ad uno Stato orientato al bene comune: roba da dimenticare?
Mah…credo che non è che è roba da dimenticare; dovremmo trasformare la Bce. L’obiettivo nel medio periodo è quello di trasformare la Bce in una effettiva e reale Banca centrale, che non ha solo lo scopo di calmierare i prezzi, come oggi è la sua funzione da statuto prevista, ma dovrebbe avere lo scopo di intervenire nella gestione dei flussi economici dei paesi membri dell’Unione europea, cercando di favorire lo sviluppo, di favorire la piena occupazione, di favorire la tenuta reddituale dei cittadini europei, e quindi avere tutte le funzioni che una tipica banca centrale come la Fed, la Federal reserve in America svolge, quindi stampare moneta e via discorrendo. È chiaro che questo è difficile perché la Germania in primis ha la preoccupazione di evitare un incremento inflazionistico nel continente, per cui abbiamo vissuto decenni di deflazione; ma credo che dopo questa crisi questo tema sicuramente si potrà aprire. La Germania intelligentemente ha una banca pubblica a propria disposizione, con la quale ha erogato somme e gli è stato possibile intervenire con sostegni diretti a fondo perduto alle imprese e alle famiglie in questo periodo di grave crisi dovuta alla pandemia da Covid-19; l’Italia purtroppo non ce l’ha e questo è un grosso problema. Sicuramente, se persisterà questa limitazione nell’azione della Banca centrale europea, uno strumento da valutare è quello di una banca pubblica nazionale che possa svolgere la funzione che svolge la banca pubblica nazionale tedesca, ad integrazione della funzione di tutela e salvaguardia del debito pubblico e del debito sovrano della Bce.
Alleanza tra capitale e lavoro: ancora utopia? Oggi?
Non credo sia un’utopia, credo che sia una meta a cui tendere. Non dobbiamo oggi pensare che gli obiettivi ideali che ci muovono possano essere raggiunti nel breve periodo; già era difficile in situazioni economiche più stabili e più positive rispetto a quelle attuali, oggi è ancora più difficile. Oggi dobbiamo ragionare in termini di emergenza e dobbiamo cercare di darci degli obiettivi che possono trovare in una solidarietà praticata attraverso l’applicazione del principio di sussidiarietà, cioè di uno Stato che favorisce il contributo del privato sociale nell’espletamento delle sue funzioni, un percorso ragionevole da attuare. È chiaro che l’unione tra capitale e lavoro si può realizzare attraverso l’obiettivo della piena occupazione, e quindi è fondamentale oggi arrivare a trovare un’alleanza tra Stato e impresa che possa far capire quanto sia necessario e bisognoso tutelare i posti di lavoro. Il padre di Adriano Olivetti ebbe a dire al figlio Adriano quando gli lasciò in mano le proprie aziende “fai tutto quello che vuoi, ma non fare debiti con le banche e non licenziare nessuno, perché per queste famiglie che abbiamo assunto nel corso degli anni questo lavoro è fondamentale”. Ecco, questa lezione del padre Camillo Olivetti al figlio Adriano credo che possa essere oggi una lezione fondamentale per questa ricostruzione che dobbiamo realizzare. Oggi l’obiettivo dev’essere ridurre sensibilmente il dato riscontrato nel Def appena varato dal governo – che la crisi porterà la disoccupazione all’11,6%. Dobbiamo abbattere questo dato velocemente attraverso politiche reali a sostegno della famiglia e della piena occupazione, che purtroppo sono latitanti in un Def che riteniamo inadeguato.
Cos’è questa faccenda della Bad Bank europea? Parrebbe buona cosa…
Mah, è una proposta che è stata avanzata anche da Deutsche Bank, la principale banca tedesca, attraverso la quale fare convogliare presso un unico istituto bancario tutti i titoli tossici presenti sul mercato. È un’idea tesa a fare quello che un po’ si è fatto quando lo Stato voleva privatizzare alcune aziende pubbliche in difficoltà finanziaria – pensiamo ad Alitalia, quando la bad company è stata messa da parte ed è rimasta a carico dello Stato, con tutti i debiti e tutte le posizioni finanziarie negative, e sono stati ceduti solo i rami attivi della società ai privati: non abbiamo visto grandi frutti però da tutto questo, visto che poi siam stati costretti alla rinazionalizzazione avvenuta sotto pandemia da Covid da parte del governo Conte. Detto questo, naturalmente questo progetto non troverà strada in questo periodo; credo che sia stato un tentativo più che altro fatto da alcuni istituti di credito di grosso spessore a livello europeo per cercare di liberarsi dei titoli tossici che hanno in pancia e che ancora oggi non sanno come fare a gestirli; penso che non troverà attuazione perché ora la priorità credo che sia quella di immettere liquidità nel mercato, quindi questa soluzione non credo che si concretizzerà.
Serve un piano speciale e molto ben fatto e integrato e di alto livello per il settore turistico italiano, anche da presentare in Europa? Andare, anche, verso il fare dell’Italia una sorta di “tempio dell’Occidente” (dell’Occidente buono, si capisce, cioè universalmente aperto; cattolicamente), per citare l’amico Sergio Bevilacqua?
Sì, concordo. Concordo che da sola l’Italia non ce la può fare a rilanciare il settore turistico, che è una delle aree produttive del Pil italiano, soprattutto visto che siamo il Paese con migliaia di chilometri di costa marittima. Credo che oggi dobbiamo cercare di far sì che, sì, il governo favorisca il turismo domestico, nostrano, e quindi che gli italiani quest’anno, per come sarà possibile naturalmente, possano passare le vacanze in Italia, ma credo che il problema non si ponga, perché non credo che ci saranno grandi condizioni per andare in vacanza; ma detto questo, ci vuole un piano pluriennale – su cui anche Franceschini, ministro della cultura, si è espresso – entro il quale appunto si possa convenire a facilitazioni, agevolazioni, bonus per favorire il turismo nostrano. È chiaro che però va fatta un’azione anche a livello europeo; bisognerebbe far sì che l’Italia possa essere insieme ad altri Stati del Mediterraneo, un punto di eccellenza per le vacanze estive, attraverso le quali proprio favorire quindi con politiche di incentivazione fiscale, di sviluppo e di rilancio, il fatto che si possa diventare un’hub, quello dell’Europa mediterranea, turistico, aperto a livello globale. Quindi l’Europa dovrebbe presentarsi come soggetto unitario a livello globale cercando di far sì che tutto il mondo, quando si ritornerà alla normalità, possa vedere nel Mediterraneo europeo un punto di eccellenza del turismo internazionale, marittimo e artistico. Detto questo, oggi le misure da prendere subito nel breve sono quelle di favorire, incentivare la liquidità compensativa per gli imprenditori del settore turistico che quest’anno avranno danni ingenti ai loro bilanci e per farli sopravvivere e favorire per come possibile e attraverso sistemi di protezione ragionevoli, di buon senso – non certo le cabine in plexiglass in spiaggia – la fruibilità dei nostri siti turistici attraverso appunto un vantaggio da offrire agli italiani per poter andare in vacanza, almeno dopo…come anche un gesto di premio, di riconoscimento per le fatiche fatte durante questo periodo di isolamento forzato.
Camere di commercio, commercialisti, consulenti del lavoro, sindacati, volontariato…come interfacciarsi (sostituirsi magari a volte?) alla pubblica amministrazione nella gestione territoriale della ripartenza/ricostruzione del Paese?
Su questo credo che occorra fare una grandissima riflessione. Occorre una nuova democrazia, andrà ricostruito tutto l’impianto democratico del Paese, che sia capace principalmente di garantire, tutelare l’accesso e la fruibilità ai servizi pubblici in maniera efficace, trasparente e poco onerosa. Quindi la burocrazia non potrà più incappare negli errori che abbiamo visto durante la pandemia, come i ritardi nell’accesso al sito dell’Inps per l’ottenimento dei bonus; mi fa piacere aver sentito da Conte l’intenzione di concedere un bonus di 800 € ancora ai lavoratori a partita Iva solamente con un clic e non più con la domanda da presentare un’altra volta. Dovremo creare strumenti il più rapidi e il più trasparenti, il più immediati possibili. Questa sarà la sfida della democrazia del futuro, e quindi saranno chiamati tutti, sia i consulenti commercialisti, tributaristi e consulenti del lavoro, e dall’altra parte la pubblica amministrazione con le sue strutture. Va fatto un grande patto sociale tra questi soggetti, che devono cercare di far sì che l’imprenditore, nuovo o già presente su piazza da anni, possa trovare un alleato nella gestione del rapporto con gli enti pubblici anziché un ostacolo, e in questo sicuramente l’applicazione sana del principio di sussidiarietà orizzontale e verticale è necessario e fondamentale. Dobbiamo partire con la fiducia, quello che dico da tempo, facciamo partire gli imprenditori, e poi i controlli burocratici li facciamo a 365 giorni dalla partenza dell’attività; diamogli un anno di tempo, diamogli fiducia, e poi dopo che partiamo con i controlli rigore totale e severità decisa nelle sanzioni nel caso in cui non si rispettino gli obblighi presi.
Coltivare l’amicizia italo-tedesca (ma anche italo-olandese…): come, in sostanza?
Non dobbiamo mai dimenticarci come è nato il progetto europeo e come si è sviluppato il continente europeo. La conflittualità franco-tedesca è sempre stata oggetto dei grandi slanci positivi – vedi il progetto europeo del dopoguerra – ma anche di grandi problemi che hanno generato i conflitti mondiali, il primo e il secondo conflitto. Dobbiamo tener conto di questo. Oggi è fondamentale che l’Italia si ponga dentro un equilibrio che favorisca un dialogo fattivo fra queste due potenze; e l’Italia può svolgere quel ruolo che la storia, in particolare con Alcide De Gasperi, ma anche con altri grandi statisti, che hanno segnato il percorso politico italiano, le ha potuto dare. Dobbiamo cercare di unire gli interessi. Come ho dichiarato recentemente, l’interesse della nazione tedesca in questo momento di rilanciare il progetto europeo è collegato necessariamente ai bisogni economici e politici interni della maggioranza di governo che guida Angela Merkel e del tessuto industriale tedesco. Sfruttiamo questa opportunità per costruire un nuovo progetto politico veramente democratico e veramente sussidiario e veramente sovrano, dove siano i cittadini a decidere chi va nei ruoli decisionali e apicali dell’Unione europea e non più i capi di Stato e di governo; creiamo un sistema attraverso cui si possa far sì che si crei una politica economica reale e unitaria a livello europeo.
È una sfida grande per arrivare a quella che De Gasperi chiamava la patria Europa, e non può che passare da un’amicizia italo-tedesca, ma direi ancora di più, un’amicizia italo-franco-tedesca; quest’asse che ha generato il primo nucleo di Paesi che costituirono la Comunità economica europea del carbone e dell’acciaio insieme a pochi altri Stati, credo che sia la base fondamentale (sull’Olanda non mi esprimo, perché l’Olanda non è un Paese produttivo, ma è un Paese attrattivo di capitali finanziari attraverso la gestione che ha quasi da “Stato-paradiso fiscale”, e quindi non voglio esprimermi su questo, perché non rappresenta uno Stato capace di produrre prodotto interno lordo come la Francia e come la Germania); quindi principalmente deve passare da un trilaterale efficace Francia-Germania-italia, con un’Italia che possa fare da capofila – come intelligentemente Conte ha fatto – con altri Stati (come è stato il caso della lettera dei 9, portata all’attenzione europea per l’ottenimento del Recovery fund), che può secondo me cercare di allargarsi con un’azione intelligente, pacata e moderata, anche a tanti Stati dell’est Europa, che se non siamo capaci di coinvolgere in maniera intelligente nella ricostruzione politica, democratica del progetto europeo, rischieranno poi col passare del tempo di andare troppo sotto l’orbita della Russia di Putin, che diventa più attrattiva per investimenti e anche per una gestione del potere più autoritaria che certi capi di Stato e di governo dell’est Europa guardano con maggior interesse, purtroppo.
Dobbiamo in questo senso cercare appunto di creare dei meccanismi per renderli più protagonisti e credo che l’Italia possa, con la sua grande capacità storica di essere un ponte tra culture, come l’ha fatto nel Mediterraneo e lo dovrà tornare a fare, può farlo tra est e ovest d’Europa; l’abbiamo fatto nei rapporti tra Russia e America, credo che si possa cominciare a farlo tra est ed ovest d’Europa. Ricordiamoci che l’ingresso dei Paesi dell’est Europa è stato fatto da una commissione europea presieduta da Romano Prodi, cioè un italiano; non entro nel merito di un giudizio su quella commissione, sulla figura di Romano Prodi, che non mi compete in questo momento e se in futuro mi sarà chiesto lo darò, come già più volte l’ho dato, ma voglio semplicemente dire che siamo capaci di questo e dobbiamo cominciare e continuare a farlo.
Gianluca Valpondi