Mi viene in mente di mandare gli auguri di Pasqua a parenti, amici, conoscenti. Poi mi chiedo che cosa gli sto augurando? Se penso al senso giudaico della festività della Pasqua, vedo un collegamento con l’uscita degli ebrei dalla schiavitù in Egitto (passaggio del Mar Rosso); se penso al senso cristiano, vedo il collegamento con la resurrezione del Cristo dalla morte (passaggio dalla sconfitta alla vittoria: “anàstasi” in greco, cioè “ribaltamento”, “rivoluzione” ecc.).
di Luigi Vassallo
Dunque sto augurando un “passaggio”, una “liberazione”, una “resurrezione”, un approdo nuovo dalla precedente condizione di schiavitù (a cui ci si era abituati) e di sconfitta (a cui ci si era rassegnati). Insomma, un augurio non da poco, da non fare a cuor leggero, perché impegnativo per chi lo fa, ma anche per chi lo riceve, anche se, non di rado, l’uno e l’altro pensano di risolverlo in una calorosa stretta di mano o in un bacio sulle guance o in uno scambio di “dolci” regali. I miei auguri, perciò, li trasmetterò attraverso una mia (arrischiata) riflessione sull’Incarnazione, mito o dogma o mistero che sia della fede cristiana.
L’Incarnazione: ponte tra Verità assoluta e verità relative
Il cristianesimo si fonda sull’assunzione di un evento (l’evento dell’Incarnazione) come ponte tra Verità assoluta (quella del piano dell’eternità cioè sub specie aeternitatis) e verità relative (quelle del piano della nostra dimensione temporale cioè sub specie societatis).
Con l’Incarnazione l’ALTERITA’, attraverso la kènosis (cioè attraverso il volontario e gratuito svuotamento della propria assoluta trascendenza) entra nella storia degli uomini, anzi trasforma in storia con una prospettiva di senso la sequenza di eventi alla quale la cultura greca aveva cercato di dare un ordine con la visione ciclica dell’eterno ritorno, presa a prestito dalle fasi della natura. Da questo momento STORIA significa riconoscere alla sequenza passato – presente la possibilità di un futuro che non è più già dato ma che può essere sia imprigionamento nel passato che ritorna sia liberazione nell’apertura a ciò che non c’è ancora ma che possiamo assumere – per fede? – come orizzonte di un pieno inveramento dell’uomo.
Nell’Incarnazione Dio sperimenta l’esserci nel mondo mescolandosi alla storia degli uomini e delle donne, dei quali condivide la quotidianità degli eventi: nascere, crescere, lavorare, mangiare, bere, dormire, sperare, soffrire, fare amicizia, essere tradito da un amico, morire. Gesù nella sua vita terrena, che condivide con uomini e donne della Palestina del suo tempo, sperimenta tutto questo. A sua volta gli uomini e le donne nell’Incarnazione sperimentano l’esserci di Dio nel mondo senza che questo significhi manipolazione della storia umana da parte di Dio o revoca della libertà e della responsabilità degli esseri umani per le loro azioni: Dio non manda le legioni dei suoi angeli a salvare Gesù dalla croce, come pretenderebbe il ladrone crocifisso con Gesù per credergli.
Ripensando l’Incarnazione come ponte tra Verità assoluta e verità relative, ci rendiamo conto dei problemi dottrinari e di agire pratico con i quali le chiese cristiane hanno dovuto misurarsi sin dall’inizio della loro storia:
- Predicare solo ai circoncisi o anche ai non circoncisi?
- Beati i poveri e maledetti i ricchi o Beati i poveri di spirito?
- Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio: ma cos’è di Cesare? e cos’è di Dio?
- Essere nel mondo o essere del mondo: dove sta il confine tra essere nel e essere del? Quando i coloni romani (quelli di un’immagine di Paolo di Tarso) che vivono tra i barbari cessano di essere testimoni viventi di una civiltà altra e cominciano a vivere come i barbari?
- Quando la memoria dell’Incarnazione e dell’Eucarestia cessa di essere inquietante e sovversiva e sbiadisce nel ricordo edulcorato della nascita di un bambino o nella celebrazione rituale e museale di un Fate questo in memoria di me consumato nel gesto sull’altare?
Il problema è: qual è il nocciolo dell’Incarnazione al di là dell’evento storico in cui è stato annunciato e delle confessioni in cui è stato tramandato? La risposta, sempre provvisoria, chiama in causa la libera responsabilità di ognuno di noi.
Luigi Vassallo