Tutti sulla stessa barca ? Non è del tutto vero. L’introduzione scritta alla Liturgia della parola di Domenica 5a Quaresima del 29-03-2020. Ci ritroviamo di nuovo, attraverso la nostra immaginazione, insieme per meditare insieme sulla Parola di oggi quanto mai, come sempre, pertinente: si parla di sepolcri che si apronoe di risurrezione di Lazzaro.
di Paolo Farinella, prete
Vi porto i saluti di Giorgio e la moglie Maria, lui 95 anni e lei 89, da lui assistita che vivono in California. Una coppia che ha del miracoloso. Giorgio si occupa di tutto in casa e sta diventando quasi cieco. Vediamo dunque che quando le cose non vanno bene, occorre sempre guardarsi indietro e vedere che vi è sempre qualcuno che sta peggio di noi. Poi ci siamo scritti con Nicola, anch’egli degli Usa che da gran simpatico, parafrasando undetto popolare sulla famiglia Barberini i quali saccheggiando le antichità di Roma per fare i mecenati, portarono a termine il sacco di Roma, iniziato dai barbari.
Disse di loro il popolo: «Quod non fecerunt barbari, fecerunt barberini». Nicola, memore del mio desiderio più volte espresso di chiudere le chiese per almeno 20 anni per fallimento e ricostruzione, chiosa: «Quod non fecitFarinella, fecit Covid-Decimus-nonus».
È vero le chiese sono chiuse, ma dilaga la religiosità a buon prezzo che rasenta il magico. Non era questa la mia idea, ma la conseguenza di una scelta consapevole con lo sguardo rivolto al futuro. Ho visto il Papa nella spettrale piazza San Pietro. Mi pare che la sua intenzione sia quella di non dividere la Chiesa in gruppi e fazioni, per cui per i tradizionalisti sfoggia l’Ostensorio con l’ostia consacrata che per gli anti-conciliari è «l’unica eucaristia», la sola; dall’altra con quelle parole «nuove» rivolte al vuoto e quindi a nessuno e a tutti, immaginati e forse desiderati, incoraggia a non perdere la fiducia in sé e nella forza delle cose che se ascoltate dànno la spinta perché ciascuno compia il proprio compito, in questo momento di una tragedia che si estende sempre più non tanto per l’aumento dei morti, che è inevitabile, ma perché viviamo in un mondo in cui il Popolo è orfano di padri e leader.
Il Papa sa di essere considerato affidabile e credibile dalla maggior parte dei credenti, ma chi lo contesta fa molto più rumore, per questo credo ha usato il doppio registro della tradizione e della forza della Parola. Ecco le sue parole a commento del racconto evangelico della «tempesta sedata» (Mc 4,35-41),che devono essere sottolineate perché raddrizzano tutto quello che di storto abbiamo visto in questi giorni e continuiamo a vedere: «Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remareinsieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti… anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme… [Gesù]nonostante il trambusto, dorme…; svegliato, dopo aver calmato il vento e le acque, si rivolge ai discepoli in tono di rimprovero: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (v.40).
La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità.
Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli.Il Signore ci interpella e, in mezzo alla nostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare.
Il Signore si risveglia per risvegliare e ravvivare la nostra fede pasquale…In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi. Il Signore ci interpella dalla sua croce a ritrovare la vita che ci attende, a guardare verso coloro che ci reclamano, a rafforzare, riconoscere e incentivare la grazia che ci abita. Non spegniamo la fiammella smorta (cfrIs42,3), che mai si ammala, e lasciamo che riaccenda la speranza. Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare. Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità,e di solidarietà…Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza(Papa Francesco, Piazza San Pietro, 27-03-2020, ore 18,00).
Quell’immagine di un uomo solo sperduto nell’immensità della piazza è l’icona di noi oggi, soli dentro un immenso carcere di condannati a stare reclusi con situazioni che si aggraveranno di giorno in giorno. Le parole del Papa «Il Signore c’interpella… c’invita a risvegliare e attivare la solidarietà… a ritrovare la vita che ci attende… abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente…», ecco, sono parole di fede adulta, senza alcuna manipolazione della situazione o della creduloneria magica di chi pensa che Dio sia un giochino a gettoni, a comando. Penso che a molti che l’hanno ascoltato, quelle parole hanno fatto molto bene perché ci rimanda alle nostre decisioni, alle nostre scelte, al nostro impegno che derivano anche dalla nostra visione di fede che non è alienazione.
In questo momento, noi dell’Associazione Ludovica obotti -San Torpete conosciamo persone che non possono fare la spesa per sé e figli; iniziano furti e aggressioni ai supermercati. Il sistema sociale non può reggere a lungo se non intervengono subito soluzioni generalizzate e universali per tutti. In questo momento, pur con tutti i suoi difetti, benedetto il reddito di cittadinanza, che dovrebbe essere esteso a tutti, senza troppi calcoli. Con la Robotti stiamo aiutando le famiglie più disastrate, con malati e alla fame, garantendo almeno fino a luglio un minimo di sopravvivenza, accreditando loro via internet un piccolo o medio contributo mensile: persone licenziate, abbiamo scoperto una persona vicino a noi, lavoratore in nero, ma con finto contratto in tasca a tutela dello sfruttatore. Non gli spetta nessuna previdenza perché inesistente. Ce ne siamo fatti carico subito, fino a luglio. Quando gliel’ho comunicato, si è messo a piangere perché non aveva chiesto nulla. Con Nicoletta, Silvana, Paolo Orsolino e gli altri,facendo il punto della situazione e abbiamo deciso di intervenire, anche se fisicamente siamo chiusi. Sono preoccupato e mi chiedo fino a quanto potremo resistere in questo modo. La Cei ha dato ulteriori finanziamenti alle Caritas diocesane e ai centri di ascolto perché i poveri sono del tutto abbandonati anche perché non hanno nemmeno la voce per farsi ascoltare.Ieri sera abbiamo bonifici e accrediti per € 6.300,00 in una botta sola, cui altre seguiranno, fino a esaurimento di tutto.
COVID- 19 ED IL SISTEMA DI UN’ECONOMIA D’ELITE – Penso che il Covid-19 abbia tolto il velo a tutti i nervi scoperti di un sistema marcio, di un’economia d’élite, di un sistema in funzione di privilegiati, effimero e senza consistenza. Chi parlava di crescita e grandi opere, cioè di ulteriore sfruttamento della terra, già rantolante, è stato travolto da un virus che proprio perché invisibile genera morti su morti. Anche su questo occorre ridimensionarci.È impressionante come noi tutti siamo atterriti dai bollettini dei morti che salgono come scoiattoli sugli alberi.I morti sono quasi diecimila e noi, giustamente restiamo impressionati dai camion militari che portano via le bare per il tutto esaurito nei cimiteri e adiacenze.
Siamo colpiti a morte dall’angoscia delle famiglie che non possono nemmeno salutare i loro cari, aggiungendo dramma a dramma, disperazione a morte. Eppure, tutta questa disperazione è anche il sintomo di una parziale visione della vita e della Storia. Nello stesso momento in cui in Lombardia si fa la conta dei morti che sale, nello stesso istante, nel mondo 700 bambini muoiono al giorno per l’acqua inquinata o per mancanza di essa. Fanno circa 5.000 a settimana; 35.000 al mese e 240.000 all’anno, senza contare i morti tra i migranti ai bordi dell’Europa, ormai un immenso campo di concentramento, senza contare le vittime della guerra in Siria. Inoltre 250 milioni di persone muoiono per denutrizione ogni anno nel mondo che il nostro benessere ha creato e che oggi respinge.
Quante centinaia di migliaia di persone sono nei lager libici e turchi o greci in attesa di esercitare il loro diritto alla vita, esattamente come noi? Ecco ha ragione il Papa: «Siamo sulla stessa barca»o ci salviamo insieme o periremo da soli, occidentali e senza difesa verso un virus che pare si stia accanendo con i Paesi che hanno fatto della crescita a oltranza il loro Dio fasullo e provvisorio, illusorio e meschino.«Siamo sulla stessa barca» significa che dobbiamo essere pronti alla rivoluzione radicale, se è vero, come dice Fratel Arturo Paoli che l’Eucaristia è un atto di guerriglia, una incursione, una rivoluzione che destabilizza ogni sistema fondato sull’ingiustizia e sui privilegi. L’Eucaristia è Parola e Pane.
La Parola si lancia a chi vuole accoglierla, ma quando diventa Pane per essere spezzato, non lo si spezza per conservarlo nel cassetto, ma per porgerlo –porgerlo, non lanciarlo –a un altro, a un’altra e poi di seguito fino ad arrivare a tutti. Noi cattolici abbiamo perduto il senso eucaristico del mondo, l’altare unico e solo su cui possiamo, dobbiamo celebrare il Mistero del «Dio-con-noi» che si mette nelle nostre mani per essere condiviso, mangiato, assimilato, trasformato in vita che a sua volta genera altra vita e altra Parola-Pane.
Abbiamo un compito unico e straordinario nel mondo in cui viviamo e possiamo condizionarlo e costringerlo al cambiamento con le nostre scelte personali, con le nostre priorità, con i nostri gesti, con la nostra presenza senza secondi fini, ma consegnata con una professione di «amore a perdere». Non siamo in guerra, siamo in un mondo storto che abbiamo contribuito a rendere più storto, accontentandoci di una religiosità alla camomilla profumata senza coinvolgimento e senza responsabilità. A voi, Santorpetini, non posso non dire che è venuto il tempo, ed è questo, in cui il Signore ci chiama a essere autentici, veri, coerenti e credenti, facendo il voto di fraternità universale, bandendo da noi ogni forma di razzismo o di avversione paurosa verso i neri, i gialli, i grigi, gli zebrati, perché è questa l’ora in cui possiamo, dobbiamo scoprire che Dio è uno solo e tutte le donne e gli uomini del mondo e dell’universo, se vi fossero altri mondo abitati, tutti sono figli dell’unico Dio che può essere Padre, solo se noi lo riconosciamo da figli e quindi da fratelli e sorelle. Non a parole, ma con i fatti e i gesti.
Dovremmo sentirci orgogliosi di essere stati prescelti ad essere credenti in Gesù e nel suo Padre che può diventare Padre Nostro, se abbiamo la coscienza di essere il segno della dispersione che converge verso un punto unico dell’universo per radunare in solo luogo invisibile, ma reale tutte le specie viventi, non solo la specie umana, ma anche quella animale, quella vegetale e quella pure minerale che è parte integrante universale e tutti hanno diritti ed esigono rispetto. Noi credenti, in specie cattolici, dovremmo essere la coscienza vigile di questo universale organismo vivente, la coscienza, cioè la conoscenza, la consapevolezza, l’anima e la decenza.
Paolo Farinella, prete