Sono nato in uno dei posti più belli del mondo. La Riviera da Savona a Finalmarina è di una bellezza difficile da descrivere. Oggi l’ho ripercorsa. L’autostrada era deserta. Eravamo io e tre o quattro Tir. Il cielo pulito, azzurro come non l’avevo mai visto, il sole che sembrava dirti: scendi che sono qui per te, fatti scaldare.
Sono passati venti giorni da quando – con un colpo di stato che mai avremmo immaginato – siamo stati rinchiusi nelle nostre abitazioni. Sono passati venti giorni da quando uno che gira per strada, sicuramente con i suoi buoni motivi, viene guardando neanche fosse Vallanzasca.
Oggi, tuttavia, sono stato a Finalmarina, che è il posto dove sono nato. L’ho girata in lungo e in largo. Ho passeggiato sulla passeggiata, scusate la ripetizione, ho attraversato i vicoli dove ho vissuto la mia giovinezza, ho sospirato agli angoli dove mia mamma, inconsapevole Lolita, finì nel film di Alberto Lattuada del 1954 intitolato “La spiaggia”. Quello con Martine Carol e Raf Vallone.
Ho detestato Finalmarina, quando ero giovane. Mi sembrava non offrire nulla. Una specie di prigione. Un posto in mezzo al nulla. Oggi, da adulto e quasi vecchio, mi sono nuovamente innamorato di lei. E in questi giorni di clausura l’ho trovata più bella che mai. Perché è davvero uno dei posti più belli del mondo. E mi dispiace per gli altri.
Ho portato mia mamma (che non è più la Lolita di Lattuada) a fare la spesa. Si difende bene, e vuol fare la spesa in un certo posto ad una certa ora e io mi adeguo (questa informazione è per l’Ovra, casomai dovesse indagare sui miei spostamenti).
Nascere a Finalmarina ti cambia la prospettiva. Metti nascere a Garbagnate, Gessate o a Senago. Le tue aspettative cambiamo. Si abbassano per forza.
Se nasci a Finalmarina hai delle aspettative molto più alte. E probabilmente destinate a rimanere insoddisfatte. A parte quando vedi New York.
Comunque oggi l’ho rivista, Finalmarina e mia madre. E sono stato bene. Anche mia mamma, dall’alto della sua età, mal sopporta i decreti reclusori del presidente Conte. Questa è una sua dichiarazione autentica: “Io sto bene in casa, ma se uno mi dice che ci devo stare mi viene subito voglia di uscire”.
Ecco di chi sono figlio.
Sulla strada del ritorno, da Finalmarina a Savona, ho fatto una cazzata. Ho messo su “The stranger” di Billy Joel. Che comincia con la storia del ristorante di Mama Leone a New York. E poi va avanti con un sacco di canzoni pazzesche, tra cui “Just the way you are”.
Quando sono arrivato a Savona, Billy cantava “Scenes from an italian restaurant”. Ed ho pensato all’ultima volta in cui sono stato pienamente e compiutamente felice: è stato quando Elena mi ha portato a vedere Billy Joel al Madison Square Garden.
Era una giornata più o meno come questa, con il cielo pulito e New York bella come mai. Un po’ come Finalmarina oggi.
E noi a sentire Billy che cantava, solo per noi, ma davvero solo per noi, in mezzo a ventimila persone: “A bottle of white, a bottle of red / perhaps a bottle of rose instead / we’ll get a table near the street / in our old familiar place / you and I, face to face”.