La piccola storia con il mare di Giovanni Cerruti. Ha voluto titolare proprio così il suo racconto e testimonianza Giovanni Cerruti, ex sindaco di Ceriale, geometra, il papà fu un ‘piccolo’ costruttore edile negli anni del boom edilizio lungo la fascia costiera.
di Giovanni Cerruti
Capitolo n. 1 – Sono nato a Ceriale il 02/08/1940 , mentre frequentavo le elementari nel 1946, andavo in vacanza da mia zia Adelaide e lo zio Santin, agricoltori in un terreno di zio Mascin, denominato Paramuro, vicino al rio Torsero dove si coltivavano ortaggi e frutta .
Foto 1 Ceriale anni 20, due barche !
La casa era piccola, senza acqua corrente, il pozzo, il secchio di zinco, la “cassa“, abinetto fuori ,bagno nella tinozza di zinco, una mucca nella stalla per il latte, davo da bere agli ortaggi, tramite i ” i surchi”, ” e sproscie” , “i gumbi” , i tiravamo “le geve” ( zolle di terra ) con mio cugino Gianni, mangiavo “fiamanghille” di latte con il pane e passavo le mie vacanze bucoliche, mi sono sempre chiesto come mai mi avevano mandato in vacanza in campagna, nel ’46 c’era ancora il muro antisbarco e la spiaggia era minata.
Il mare a Ceriale era lì per caso, gli abitanti erano, per la maggior parte agricoltori, partivano la mattina al levar del sole, con il mulo e “u birocciu “ ( la piazza foto 2) per i terreni nella piana e mangiavano ” in tu casin” , “cundigiun“, ” minestrun” , ecc. , e alla sera al tramonto, ritornavano a casa, non c’era riscaldamento ma il braciere, spesso la stalla era dietro la cucina, così scaldava, alla sera si andava a dormire con “ u preve “.
Il mare serviva per stagnare ” e butte “, “i gaossi“, ci si svuotava “u puzzu negru“, si faceva trottare i muli, gli asini e i pochi cavallini, prima della guerra qualche genovese prendeva i bagni di sole, pochi cerialesi avevano una imbarcazione. Davanti al paese c’era ancora il muro anti-sbarco con i bunker, costruito dai barbari tedeschi della Todt, facendo lavorare come schiavi, dei ragazzi del paese e dei prigionieri di guerra. Mi ricordo un polacco, la spiaggia era minata, anche i cerialesi non avevano dimostrato grande apprezzamento per il mare, infatti davanti alla piazza, verso il mar , negli anni 20 circa, avevano costruito un edificio adibito a cinema, prima in stile Liberty:
Foto 3, foto 4 , poi ristrutturato dai fascisti con il simbolo fallico ( la torre ) foto 5.
Foto 5 notare il muro antisbarco, in parte demolito.
Tolte le mine, con qualche morto, demolito il muro, da Varazze era venuto “Pepin de barche“, che inizia facendo gozzi, riparando le barche dei Cetaresi, gozzi di 9 m. con sei remi e gozzi da 4,50 con quattro, 24 palmi, misurate in “parmi” (palmi), in seguito costruisce Dinghy 16 palmi, vere opere d’arte con tanti ragazzi di Ceriale istruiti da maestri d’ascia di Varazze, Certulin ecc , vincono il campionato italiano, il cantiere si ingrandisce, entra Il signor Bozzi come socio, costruiscono barche da diporto ,”Il Piccolo” foto 6 pronti al varo, e motoscafi d’altura .
Arrivano da Cetara i pescatore di pesce azzurro, portandosi le barche con il treno (foto 7), qualcuno dalla Sicilia, a pescare pesci vacca e naselli, alcuni portavano i pesci in campagna con la bicicletta, coi banchetti, Trevisano, Guerra, ecc. li vendevano per il paese, a Borghetto S. Spirito “a salea” dove li mettevano a seccare su griglie e li lavoravano, delle ragazze andavano con il tranvai da Ceriale, sia a lavorare il pesce sia a fare “e casciette “per incestare la frutta specialmente pesche, si capiva dall’odore dove lavoravano.
Michelini a Ceriale faceva ogni tanto il pescatore, qualche cerialese ha cominciato o continuato ad andare per mare a pescare “au bulentin” , “sciu vapure” , “aa tusa” , “scie anfure” , con le poste, traguardando le ciminiere o punti evidenti come case , colline , ecc..
“Il Piccolo ” (foto 9 varo)
Tra i cerialesi c’era mio padre Steva, U ghin, Edue, Cannetta, U Rapallu, acquistato un gozzo da Pepin, chiamato Cate, (foto 10), come mia sorella, messo un motore entrobordo, residuato di guerra, preso “u vermellu” dal capo, con “a sappa“, una zappa a pizzi con il manico lungo 3 metri, con “u bulentin”, un sughero con avvolta in una lenza con vari ami, prendevano “paghei”,”uae”,”dentisgi”,”sciguelle”,”agiui”,”barchette”,”lochi”,”ciuccule”,”saighi” ecc. , prima mi ha fatto imparare a nuotare, molto semplicemente mi ha buttato in mare, ho imparato a nuotare per forza.
Mi portavano a pescare, dopo aver fatto colazione con il caffelatte , “foughi” , “raccavo” tutto, diventavo verde, giallognolo, ma non mi portavano a casa . Una volta, con Edue e Geraci, eravamo andati alla “tusa” , 500 metri dall’Isola Gallinara, ero a prua, il vento fischiava sulla corda dell’ancora, il mare era mosso, avevo rimesso, Geraci a poppa pregava , Edue pescava, era un artista e diceva “au sentu ” “u sussa “, come prendeva un pesce esclamava “ vieni tesoro immenso ardo per te d’amor”. Con mio padre e Edue andiamo a pescare sul Sassari, il bastimento affondato davanti al capo, circa 40 m. di profondità, si pesca con un masso per ancora, per non lasciarla sul relitto , “bulesumme” inevitabilmente sto male, mi portano a riva a Borghetto e mi mandano a casa a piedi.
Compiuti 12 anni mio padre mi porta a pescare con la lampara “au fraschè” ( foto 12) , io ai remi e lui con la fiocina, la lampara è a gas con una retina che prima si brucia, poi con il gas diventa incandescente, fa molta luce, se il mare è increspato “da vasgia”, si butta dell’olio, con una bottiglietta, il mare si spiana e si vede il fondo, le fiocine sono da tre a quattro metri, avevamo un ferro divaricato per togliere i pesci, specialmente per ” e scurpine” che sono velenose, un mazzuolo di legno per i polpi .
Si partiva da San Rocco, remavo fino al Varatella, ritorno fino ad Albenga, non c’era nessun pescatore da riva, non usava, non mi ha fatto mai provare a fiocinare, ero piccolo, si andava fino a riva , in 50 cm. di acqua si prendevano “soe” , “rombi” , “murmue”, “purpi” “scurpine”,”grunghi”, “luassi”, “musei”, “seppie”, “rasse”,”ragni da ma”, “saighi”, una volta non c’ero è passato uno squalo, mio padre gli ha detto “a ti a non te tio”, un’altra volta vede una specie di grongo lo fiocina , tira e finisce in mare, era un copertone di bicicletta insabbiato.
A 14 anni gli chiedo il gozzo, per fare un giro con gli amici, la barca aveva quattro remi, due corti per la prua e due lunghi a metà barca, non controlliamo e prendo un remo lungo ed uno corto, andavamo a zig – zag, prendevamo il moscone per fare il bagno (foto 13), c’erano i trampolini per i tuffi, i ragazzi del cantiere Patrone si facevano dei sandolini, un pattino del moscone aperto, come una canoa, c’erano molte conchiglie, quelle bianche e nere, le regina rosse, le nacchere a dieci metri, le piattelle, i muscoli, arselle, aspettavamo le onde grosse per andare a riva strisciando la pancia sulle pietre, non c’erano cabine per cambiarsi, un costume chiamato slip, aveva un laccio di fianco, ci si metteva l’asciugamano, si slacciava, si mettevano le mutande, lo scherzo più stupido fatto dai grandi, tenere la testa sott’acqua ai più piccoli, sono rimasto traumatizzato e ancora oggi ho timore del mare.
A 16 anni il primo fuoribordo sul gozzo “Cate”, un motore di prima della guerra marca “Vottero e figli” (Foto 14), tutto di bronzo, peso sui 50 chili, per portarlo una portantina di legno con due persone, avviamento sul volano a mano, due cilindri contrapposti con le candele agli estremi, di notte per totani, faceva le scintille, all’isola, sempre con le scarpe, per non tagliarsi i piedi sugli scogli .
Marito e moglie facevano i custodi all’isola Gallinara, con poche lire ci lasciavano salire sui sentieri e girare tutta l’isola, anche sulla torre, una volta arrivo con Paolo “u ciuletta” dei “giallui” con una bella ragazzina che lavorava alla Lanterna Rossa (locanda), la custode ci guarda e ci dice “fei attension a nun sbergnissala tantu” eravamo molti ingenui e non ci avevamo neanche pensato .
Foto 15- A 18 anni conosco una ragazza , le idee di “sbergnisala” erano più chiare , mi faccio imprestare un gozzo con un motore fuoribordo Carniti 15 cv. (Foto 16), la giornata più sfigata della mia vita, andiamo all’isola, lei aveva dei problemi, il Carniti non parte, mi faccio prestare una chiave da un motoscafo, smonto una delle candele, mi cade in mare, remo fino a terra alla foce del Centa, prendiamo la corriera e ritorniamo a Ceriale , mi faccio prestare un Galletto Guzzi da Livio Borzone, prendo due candele e la chiave, parto, la benzina era chiusa, a un chilometro la moto si ferma, non so dov’è il rubinetto della benzina, una persona me lo indica, arrivo al Centa, monto le candele, mentre stringo la seconda, mi scappa la chiave e rompo la ceramica, ritorno a remi a Ceriale, prendo la corriera e vado a riprendere la moto, una giornata da sballo .
(Foto 16 Carniti )(Foto 17)
Altro fuoribordo sul gozzo un Seagull (Foto 17), inglese ,” The best outbord for the wolrd” modesti , miscela al 10%, molto rumoroso, una volta mi è caduto in mare, lo ripescato, lavato asciugato è ripartito subito, facciamo un magazzino per Patrone e cambiamo il gozzo, nome “Oa”, il primo gozzo in compensato marino, con un fuoribordo Envirude da 6 cv. (Foto 22).
Andavamo a prendere “e nacchere“, specie di cozze lunghe anche 40 cm., erano sui ” coustassi” poseidonie , a circa dieci metri , Gian Carlo era il migliore , ma era difficile staccare “u bissu” attaccato al fondo, allora abbiamo fatto un cappio ad una cima e con quello si staccavano le conchiglie e si portavano in barca (Foto 18), facevamo anche pesca sotto acqua, con dei fucili lunghi a molla (Foto 19), con un’anta di finestra attaccata, con una cima alla barca messa la maschera e saliti sopra, si veniva trainati, abbassandola davanti si scendeva in profondità per vedere il fondo. A pescare all’isola (Foto 20), per un’altra pesca, con le amiche olandesi e turisti , quando invitavo una ragazza in barca, prima facevo salire Sergio e un suo amico, bambini, così lei si fidava, quando eravamo a 30 metri si buttavano in mare raggiungendo la riva e casualmente restavo solo con lei. (Foto 21).
Compio 21 anni , maggiorenne , guerra in Algeria , arriva una famiglia da Orano , con nonno di Peagna , Marie Louise e Jean de beau regard , Foto 23 , ritornano per due anni , una cara amicizia . Prendo la patente nautica e compro un motoscafo , mezzo bruciato da Patrone con un motore entrobordo BPM da 60 cv.
Lo portiamo in magazzeno lo smontiamo , “stucco e pittua bella figua ” ci aiuta Mario Pino, Mary,la benemerita, controlla il lavoro (Foto 24), faccio un carrello di ferro con due ruote di automobile e lo portiamo in spiaggia, variamo , meccanico Raffaele De Crescenzo fratello di Beppino ” La roccia ” del 40, partiamo il motore vibra, si svitano le vit , aliamo e sistemiamo l’asse dell’elica , tutto bene, (Foto 25-26), sci nautico, si partiva da riva e si arrivava sulla spiaggia in mezzo ai bagnanti .
Bagni Martini, una gabina, un ombrellone, due sedie a sdraio, 600 olandesi . Gita all’isola motoscafo e gozzo, certe volte si tirava il gozzo sopra gli scogli dalla parte di fuori dell’isola, dove la roccia forma un arco, si può salire, sopra un sentiero, si poteva girare dappertutto.
Giovanni Cerruti