In una graffiante e sempre attuale vignetta Sandro Pertini impugna un randello e chiede a Dio di rimandarlo in terra per due minuti. Forse l’unico modo utile di celebrarlo oggi sarebbe ricordare tutto ciò che nel paese Ligure è in totale contrasto con i suoi ideali e il suo esempio di vita, di politico ora eletto dai cittadini, ora dal Parlamento della Repubblica.
Breve inciso, un post di questi giorni che merita tutta l’attenzione, scrive Anita Nasazzi: “Non lavoro nel turismo, ma una cosa vorrei che si facesse dopo tutto questo cataclisma. Vorrei che la città di Savona si concentrasse sul turismo culturale, sull’arte, so che le casse della città di Savona non sono floride ma è scandaloso che il museo Pertini al Priamar sia aperto solo due ore alla settimana. Questa città deve fare qualcosa di serio per la sua cultura.”
di Aleseben B.
Lo strapotere delle istituzioni che creano la speculazione edilizia come unica “via di sviluppo” che oggi minaccia i parchi liguri e che anche nel savonese ci ha regalato ecomostri come il Crescent e no-mans’ land come la Margonara, come lo “Scheletrone” costruito nel 1968 con regolare concessione edilizia.
Lo strapotere dei concessionari autostradali che ha portato alla catastrofi da terzo mondo come il massacro del ponte Morandi e la strage mancata della A6.
Da REPUBBLICA 3 settembre 2019 – LA TIRRENO PAWER DI VADO LIGURE – “Dal 2001 al 2013 si è registrato un aumento della mortalità pari al 49% nell’area della centrale a carbone Tirreno Power a Vado Ligure (Savona). Lo indica la ricerca dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Ifc) pubblicata sulla rivista Science of the Total Environment. “Nei 12 comuni considerati, nelle aree a maggiore esposizione a inquinanti sono stati riscontrati eccessi di mortalità per tutte le cause (sia uomini che donne +49%)”, rileva Fabrizio Bianchi, del Cnr-Ifc. Gli epidemiologi ambientali dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa hanno studiato l’impatto sanitario sulla popolazione della centrale Tirreno Power di Vado Ligure (Savona), avviata nel 1970 e alimentata a carbone fino al 2014, quando la procura di Savona fece fermare gli impianti per disastro ambientale doloso.
Oltre ai dati generali sull’aumento della mortalità, la ricerca ha riscontrato eccessi di mortalità “per malattie del sistema circolatorio (uomini +41%, donne +59%), dell’apparato respiratorio (uomini +90%, donne +62%), del sistema nervoso e degli organi di senso (uomini +34%, donne +38%) e per tumori del polmone tra gli uomini (+59%)”. E’ stata valutata in particolare la relazione tra l’esposizione agli inquinanti atmosferici emessi dalla centrale e il rischio di mortalità e ricovero in ospedale in 144.019 persone, identificate con indirizzo di residenza e analisi dei ricoveri in ospedale. I dati, prosegue Bianchi, indicano che, “anche considerando le diverse fonti inquinanti cui sono stati esposti i cittadini, ci sono stati forti eccessi di rischio di mortalità prematura e ricovero ospedaliero per i residenti intorno alla centrale a carbone di Vado Ligure, con numerosi eccessi di mortalità e ricovero in ospedale, in particolare per le malattie cardiovascolari e respiratorie”.
Secondo Bianchi “è la prima volta che viene effettuata una quantificazione del rischio, purtroppo molto alto”, relativo all’inquinamento delle centrali a carbone. “Le centrali per la produzione di energia alimentate a carbone _ precisa lo studio _ rappresentano una fonte significativa di inquinanti atmosferici che impattano a livello locale e globale. Oltre alle note emissioni di biossido di carbonio (co2), che contribuiscono al riscaldamento globale, ci sono quelle di biossido di zolfo (so2), che sono associate a effetti dannosi per la salute”.
Gli autori dello studio concludono con l’auspicio che “si sposti con urgenza l’attenzione sulle valutazioni preventive degli impatti sulla salute, e quindi sulle fonti che si conoscono come maggiormente inquinanti, anziché valutare i danni alla salute già verificatisi a causa delle esposizioni”. E inoltre confidano che “i risultati presentati possano stimolare decisioni a favore della riduzione dei livelli di esposizione riconosciuti dannosi per l’ambiente e la salute e della realizzazione di studi analitici e di programmi di sorveglianza adeguati. Più in generale, lo studio condotto a Vado Ligure può contribuire a fornire ulteriore alimento all’ampio dibattito in corso sulle opzioni di decarbonizzazione e di contrasto ai cambiamenti climatici”.
Ai dati dello studio replica la Tirreno Power con una nota che precisa che “I dati teorici riproposti da Fabrizio Bianchi del CNR sono vecchi e sono già stati confutati dai dati reali pubblicati nel luglio del 2018 nel documento ufficiale dell’Osservatorio salute e ambiente della Regione Liguria. E’ necessario ricordare che l’osservatorio nato proprio per verificare l’impatto ambientale e sulla salute della centrale di Vado Ligure ha concluso le indagini escludendo in modo chiaro e documentato qualsiasi impatto dell’impianto. L’Osservatorio ha già esposto in modo netto le proprie conclusioni dopo avere esaminato tutti gli studi, compreso quello del CNR che oggi viene tirato fuori nuovamente a distanza quasi due anni. I dati di Arpal (l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente ligure) affermano che la qualità dell’aria intorno alla centrale è sempre stata ottima e nulla è cambiato dopo la chiusura degli impianti a carbone avvenuta ormai cinque anni fa. Anche i dati sanitari ufficiali documentano che la situazione nella area di Vado Ligure è complessivamente migliore rispetto a quella del resto della Liguria.”
L’articolo qui sopra riportato configura la situazione dell’area vadese dopo cinque anni dalla chiusura della centrale. Tutti dati che compaiono da comprimari nelle diagnosi di coloro che sono colpiti da coronavirus, il quale diventa veicolo di aggressione a seconda della patologia dell’individuo. “State a casa” è lo slogan del momento; e molti si chiedono il perché. Vuoi vedere che nel chiuso delle abitazioni l’aria che respiri è scevra di quelle sostanze che aggrediscono le vie respiratorie esternamente?
Nel corso dei weekend le campagne dell’entroterra si riempivano di “gitanti”, la frase più “in” era “veniamo a respirare aria buona”.
IL SINDACO MONICA GIULIANO E LA TAV – Quando, a Torino, il sindaco di Vado Ligure, Monica Giuliano, presente per appoggiare il suo Si alla TAV: “Dobbiamo cominciare a ragionare in un’ottica un po’ più ampia e renderci conto del fatto che Liguria e Piemonte sono due regioni che insieme possono creare una rete di infrastrutture importante. In questo quadro dal punto di vista portuale, Vado diventerebbe l’anello di congiunzione per un traffico merci di levatura mondiale . Era meglio che si fosse arrivati al referendum, in quanto era un’azione di responsabilità da parte di chi ci governa” “Vado Ligure, Genova, La Spezia, siamo tutti anelli di una catena logistica e infrastrutturale di rilevanza mondiale. Non possiamo perdere un’occasione come la TAV”.
Questa presa di posizione per il nuovo Terminal container, il più automatizzato fra quelli realizzati finora in Italia, e che si avvia a diventare operativo. Il terminal container di Vado Ligure è una delle sfide maggiori della portualità italiana degli ultimi anni. La piattaforma è stata contestata almeno su due fronti, entrambi i quali sostengono che l’opera non serve: i comitati di cittadini temono un peggioramento delle condizioni di vita a Vado, mentre molti operatori portuali genovesi considerano che il terminal non genererà nuovo traffico, ma ne sottrarrà alle banchine della Lanterna.
Apm invece sostiene che porterà a Savona circa 1 milione di teu a regime conquistando anche nuovi mercati, di Baviera, Svizzera, Austria e Francia. Per ottenere questo risultato la società terminalistica del gruppo danese punta sull’utilizzo della ferrovia.
Da Savona partiranno treni lunghi 450 metri che collegheranno il terminal con gli interporti dell’Italia settentrionale. Lo scalo savonese diventerà uno di quelli con maggiore attività intermodale mare-ferrovia. L’obiettivo è il 40 per cento del traffico totale movimentato su treno, un dato paragonabile o superiore a quello degli scali che oggi in Italia hanno maggiore traffico ferroviario, ossia Trieste e La Spezia.
Un punto su cui il terminal si sta muovendo è quello dell’occupazione. Già oggi la piattaforma fa lavorare 142 persone per l’attività dell’ex Terminal Reefer, su un’area di 37 mila metri quadrati dove si muovono circa 600 mila pallet di frutta fresca all’anno, generando un traffico di 70 camion al giorno. In futuro, grazie anche alla presenza nella compagine societaria della cinese Cosco, verrà sviluppato, accanto al traffico principale dei container, quello dei carichi eccezionali. Il piano di assunzioni prevede, in aggiunta ai lavoratori del Terminal Reefer, 237 lavoratori in una prima fase, che saliranno a 309 con l’entrata in servizio del terminal, nel marzo 2019, per diventare quattrocento con la piattaforma a regime, dal 2020, quando sarà pienamente operativa la capacità di 1,1 milioni di teu.
Nel quadro delle future assunzioni, il terminal si è impegnato ad assorbire almeno metà dei quaranta partecipanti al corso di formazione per operatori di terminal portuali, organizzato da Is.for.coop e che fa parte del programma di iniziative avviate dalla Regione Liguria nell’ambito del programma “Blue economy”, le cui iscrizioni sono ancora aperte fino al prossimo 12 gennaio 2018. Il corso, gratuito e della durata di 600 ore, è rivolto a 40 disoccupati, giovani e adulti, in possesso di qualifica triennale, diploma di scuola secondaria superiore o laurea, conseguita sia con il vecchio che col nuovo ordinamento universitario.
I 70 CAMION AL GIORNO – Per evitare un traffico di 70 camion al giorno e permettere che i teu e relativi camion portatori dei teu, provenienti dalla Baviera, Svizzera, Austria e Francia, arrivino a Vado, senza intasare l’Aurelia bis e senza “vomitare” fumi di idrocarburi dai tubi di scappamento dei vari mezzi di trasporto [camion] quali monossido di Carbonio (CO), idrocarburi non combusti (HC), Ossidi di azoto (NOx), Ossidi di Zolfo (SOx) e di Particolato carbonioso (PMx).
Il primo tende a stratificarsi al suolo mettendo maggiormente a rischio le vie respiratorie dei più piccoli (umani o animali che siano). – per il secondo il problema più grave sta nel fatto che alcuni composti a base di idrocarburi sono cancerogeni. – per il terzo, sono presenti affezioni dell’apparato respiratorio aggravando significativamente le condizioni delle persone affette da asma. L’esposizione, anche per soli per 15 minuti, a concentrazioni di NOx maggiori di 5 ppm determina tosse persistente e irritazione delle mucose delle vie aeree. – un’esposizione prolungata a concentrazioni anche minime può comportare faringiti, affaticamento e disturbi a carico dell’apparato sensoriale. – infine il particolato le cui particelle più pericolose per la salute umana sono quelle comprese fra 0.5 e 10 μm di diametro (corrispondenti alla cosiddetta frazione respirabile del PM10), che determinano patologie acute e croniche a carico dell’apparato respiratorio (asma, bronchiti, allergia, tumori) e cardio-circolatorio (aggravamento dei sintomi cardiaci nei soggetti predisposti), è il trasporto su vagoni ferroviari a pianale ribassato. Questo vomitare di fumi di idrocarburi, a lungo andare, sulla salute corporea degli umani, viene chiamata Polmonite interstiziale bilaterale.
Per interstiziopatia polmonare, o malattia interstiziale polmonare (o anche pneumopatia infiltrativa diffusa o pneumopatia interstiziale; sigla ILD dall’inglese Interstitial Lung Disease) si intende, in medicina, un quadro anatomopatologico costituito da un’alterazione dell’interstizio polmonare (il tessuto di rivestimento degli alveoli polmonari), causata da un’infiammazione polmonare diffusa, che spesso progredisce fino alla fibrosi; ciò avviene quando vi è distruzione dei tessuti con danni a carico sia delle cellule parenchimali sia dello stroma, come avviene ad esempio nell’infiammazione necrotizzante che caratterizza l’infiammazione cronica. che compromette gli scambi gassosi.
Il termine interstiziopatia polmonare viene utilizzato per descrivere queste patologie indipendentemente dal fatto che il processo morboso abbia origine dall’interstizio o da altre localizzazioni nell’ambito del parenchima polmonare. Prese singolarmente, le patologie sono piuttosto rare (a volte anche molto rare), ma insieme rappresentano la causa più frequente di malattia polmonare cronica non ostruttiva, e costituiscono il 15-20% di tutte le malattie croniche del polmone.
Tra le più frequenti forme di interstiziopatie polmonari vi sono:
- Sarcoidosi
- Polmonite interstiziale usuale(UIP), una interstiziopatia cronica, quadro anatomopatologico della fibrosi polmonare idiopatica, una patologia primitiva del tessuto interstiziale nonché il punto di arrivo di numerose malattie del polmone; essa consiste in una degenerazione fibrosa del parenchima polmonare.
- Polmoniti da ipersensibilità(tra cui la malattia da fieno)
- Polmoniti interstiziali idiopatiche malattia cronica, invalidante e con esito fatale caratterizzata da un progressivo declino della funzionalità polmonare. Il termine fibrosi polmonaresignifica cicatrizzazione del tessuto, ed è la causa del peggioramento della dispnea (mancanza di fiato). La fibrosi si associa solitamente a una prognosi infausta
- Polmoniti virali
- Malattie polmonari da farmaci.
È il 20 di marzo, dopo due settimane di tregua, meglio di stop, la Primavera fa sentire il suo risveglio; gemme, fiori e piante che erano anni che non stigmatizzavano il loro ritorno fra la flora della macchia mediterranea, ora fanno sentire l’aroma e la fragranza della loro essenza; come ad esempio l’asparago selvatico, ridotto negli anni passati a pochi esemplari e difficili da trovare, sono delle erbe spontanee che cominciano a emergere dal suolo con l’arrivo della primavera. Spesso compaiono in prossimità di leccete o nelle vicinanze di boschi composti da latifoglie. O il radicchio da campo, o ……………….
Alesben B.