La stazione ferroviaria di Savona: un biglietto da visita poco onorevole per la città. E al giovane inquilino che soggiorna da tempo nel sottopasso, giace riverso sul pavimento, coperto da vestiti di risulta, oltre al mio piccolo obolo dedico una composizione lirica.
di Gianfranco Barcella
Di recente si è interessato anche il Tg3 regionale della condizione poco onorevole della stazione ferroviaria di Savona. Il suo ingresso è contornato da aiuole verdi, luoghi di bivacco e di riposo, abbellite da ogni tipo di rifiuti: cartoni alimentari ed a misura d’uomo per giacigli di fortuna, bottigliette di vetro, lattine siringhe e pure topi che hanno appena compiuto il loro viaggio terreno.
Di recente hanno chiuso, per motivi di sicurezza, il sottopasso che favorisce l’accesso dei pendolari, in particolare verso i binari tronchi. Invece di eliminare le cause del degrado e di pericolo, si preferisce negare un’opportunità utile e vantaggiosa per chi si alza alle sei del mattino per andare a lavorare e deve accedere ai binari in tutta fretta.
Quando poi si alza lo sguardo verso la città si presenta lo spettacolo indecoroso degli Orti Folconi: case diroccate in una selva incolta. Ultimamente si è parlato di area da riqualificare con una cittadella della salute e di tre parcheggi di interscambio; dopo decenni di piani urbanistici fallimentari resta un’enorme area senza utilità che accoglie i turisti ed i visitatori con un’immagine di degrado.
Ma c’è di più: nel sottopasso soggiorna da tempo un giovane inquilino che giace riverso sul pavimento, coperto da vestiti e sciarpe di risulta. E quasi sempre sonnecchiante e come unica compagnia ha una scatolina di plastica davanti al viso, in attesa di qualche obolo. Mi stringe il cuore vedere una persona, legata ad un destino così triste e disumano. Ho scritto una piccola composizione lirica che gli dedico, sperando possa trovare una sistemazione più dignitosa
ALLA STAZIONE DI SAVONA
Ho scorto nel sottopasso della stazione di Savona
un barbone accasciato a terra che dormiva.
Gli ho lasciato quel poco che avevo
nella scatolina di cartone, dinanzi al viso
e non l’ho disturbato.
Avrei voluto dirgli che anch’io ho sperato
che venisse la sera per liberarmi dal dolore,
strozzato in gola, e sempre ho conservato
un’illusione di vita come sostanza delle mie ore.
Mi sarebbe bastata un poco d’attenzione
per offrire il bene che avevo nel cuore
ma nessuno ha stimato, prezioso, il mio amore.