Imperia ha tutti i titoli di leadership olearia. Qui era nata, nel 1912, la Sario, prima raffineria d’Europa. Ma non c’è ancora una scuola per frantoiani. Un vuoto, una falla, un’incongruenza, un errore strategico. Si impara il mestiere da padre in figlio. Una grave lacuna nella città di OliOliva che a novembre compie 19 anni. Una celebrazione a suon di squilli di tromba e di affari. Che si aspetta a creare un istituto scolastico ad hoc ? Lancia, anzi, rinnova l’appello, propositivo, il giovane Simone Rossi, presidente vittorioso del Comitato Salvataggiasca, amministratore della Vincenzo Salvo Srl di Chiusavecchia, ospite di una serata conviviale al Frantoio Sociale di Ranzo. Tra le più antiche cooperative di olivicoltori e frantoiani del ponente ligure: 66 anni di onorata attività.
In una provincia dove prese vita la Strada dell’Olio Terra della Taggiasca, tra borghi e frantoi storici. E quello di Ranzo sta vivendo una seconda giovinezza, di rilancio e valorizzazione, promozione. Sull’onda di un consiglio direttivo che una quarantina di soci, una trentina produttori, hanno affidato a 5 volenterosi, determinati e con le idee chiare, dalle parole ai fatti. Un presidente 32 enne, Luca Deperi, cognome comune nel paese della Valle Arroscia, e vice Antonello Destefani di Pornassio.
Se Pontedassio può vantare un primato, con 70 mila piante d’olivo, Ranzo può sventolare la bandiera del Frantoio Verda, 1831, un’istituzione famigliare da queste parti. Rispetto agli anni del boom sono rimasti 3 frantoi a Ranzo e uno ad Aquila D’Arroscia che lavorano anche per conto terzi. “Il nostro primo obiettivo – ricordano Deperi e Destefani – è trovare ‘conferitori’ dove comprare le olive dovendo, tra l’altro, far fronte alle richieste di aziende clienti a cui vendiamo i nostri prodotti”. Insomma il volume d’affari del Frantoio Sociale è importante per avere una solidità economica e del bilancio, una clientela significativa”.
E quest’anno, osservava con gli amici, l’esperto e tecnico Simone Rossi, siamo di fronte ad una delle stagioni più avare degli ultimi decenni. E sarà dura per le migliaia di aziende affidate a piccoli nuclei a conduzione famigliare. Un sogno i 20 mila quintali d’olio, quasi tutto extravergine, prodotto nelle migliori annate.Un raccolto che sconta caldo e siccità che non hanno consentito neanche la maturazione e poi ci sono i danni della mosca olearia.
Per fortuna, ragiona ancora Simone Rossi, che siamo reduci dalla scorsa annata, copiosa e ottima nella qualità. Ci sono dunque ancora buone scorte. E qui si innesta un ragionamento, approfondimento che solitamente è ‘sconosciuto’ al consumatore finale. “Con i costi attuali – sostiene Rossi – l’olio di cultivar Taggiasca dovrebbe oscillare tra 17- 18 euro il litro. Se si compra a meno, c’è da dubitare sulla provenienza e non solo.” Eppure, come documentano anche le foto, non è difficile trovare sui bancali dei supermercati e di negozi, prezzi di gran lunga inferiori. E che dire a chi, anche dalla tv imperiesi, sostiene: “Siamo un territorio che non si caratterizza per la quantità, piuttosto per la qualità”. Ma come la mettiamo con certi prezzi ? Chi controlla, chi fa giornalismo d’inchiesta ? Uno scenario ancora più critico rispetto alla ‘concorrenza’ su vini Doc del territorio. Dove al supermercato si trova Ormeasco Doc a 7 euro, Pigato e Vermentino a 6, Rossese a 5,50.
Nei locali rimessi a nuovo del Frantoio Sociale di Ranzo – in orari pomeridiani – c’è la possibilità di acquistare a garanzia totale, nessuno super sconto o sottocosto. L’extra vergine della Taggiasca (bottiglia,0,750) prodotto dall’azienda Gianan di Pornassio è il più caro che si trova sugli scaffali, 15 euro. Non manca la possibilità di una buona scelta di produttori soci. Ci sono prestigiose etichette di vino, alcune eccellenze (parola purtroppo abusata dai media) di Pigato e Passito. La filosofia del Frantoio Sociale è sfatare l’alone di diffidenza verso le ‘cooperative sociali’ di produttori. Perseguendo, con costanza, senza eccezioni, rigore e serietà, rapporto reale qualità – prezzo. Tutti i soci provvedono alle analisi, conferiscono le olive e portano a casa il loro olio. Non ci sono passaggi ‘strani’. Investire nel buon prodotto, investire nell’azienda degli associati, con un proprio impegno finanziario per ristrutturare i locali, circa 400 mq. Essere all’altezza delle innovazioni e di quanto richiede il mercato. La gestione della sede con un dipendente a tempo pieno, 2 stagionali. Si occupano del laboratorio, del confezionamento, della vendita. Mentre il consiglio direttivo si è suddiviso i compiti e quando serve si tirano su le maniche per lavori manuali. Per organizzare serate di incontri conviviali ma anche approfondendo le tematiche con la presenza di esperti e nutrizionisti. Perchè la bene l’extra vergine della Taggiasca, quali le peculiarità organolettiche e salutistiche.
“Abbiamo privilegiato l’obiettivo dei risultati piuttosto che ricorrere a richieste di contributi regionali, statali o Europei -; l’ultimo mutuo l’abbiamo ereditato, risale al 2006, e stiamo pagando. Preferiamo non fare debiti e dopo la riapertura e il fine lavori, a giugno, le vendite al dettaglio stanno andando ben, la ragionevolezza fa sperare che poteremo avanti, con i risultati, il nostro periodo di attività e fiducia riposta dai soci. Abbiamo una pagina Facebook per le informazioni veloci, ci sono già oltre 270 ‘condivisioni’, nella convinzione che il primo motore di promozione sta nella serietà dell’offerta”. Comprese le patate che crescono senza diserbanti e antiparassitari. Ma anche il miele, le marmellate e manco a dirlo le olive sottolio. Il vasellame con le tipicità del territorio.
Nelle pagine di storia più recente del Frantoio sociale si legge che all’assemblea dei soci del 16 novembre 2008 si comunicava “che il presidente uscente, Sergio Salvano, cede il suo incarico a Marcello Denegri, ex vice-presidente”. Si rimarcava che ” Nell’arco dei tre anni si è effettuato, tramite l’operato del CDA, un sostanziale miglioramento strutturale del frantoio, con il rinnovamento della tipologia di estrazione dell’olio da tradizionale a continuo. Si è provveduto a partecipare a fiere e mostre nonché ad aprire un punto vendita all’interno della struttura. Il cammino intrapreso in questi anni di valorizzazione e promozione non solo dell’olio extravergine di oliva della Valle Arroscia, ma anche dei prodotti tipici legati al territorio verrà seguito dalla giunta appena eletta con l’impegno di migliorare e sviluppare tutto il comparto olivicolo”. Il mandato triennale vede ora una saggia alternanza, lasciando spazio ai giovani, alla scommessa di mettersi in gioco e dimostrare capacità e fiducia ben riposte.
Una curiosità poco nota ai non addetti. C’è una qualità di oliva, monocultivar Carparina, coltivazione rara, presente prevalentemente nella zona di Onzo, Vendone e Balestrino che è resistente e immune alla mosca olearia; ha anche la caratteristica di essere un’oliva tardiva. La raccolta, salvo casi particolari, avviene in primavera. E la qualità dell’olio risulta sempre molto elevata, il prezzo tra 14- 15 euro a bottiglia da 0,750. Olio di colorazione gialla dorata, dal gusto dolce e delicato.
E per concludere un cenno, per non dimenticare, all’epilogo di una ‘battaglia’ che sulla carta sembrava impari, con l’alleanza delle tre associazioni agricole di categoria, della Regione, dei poteri forti imperiesi, sull’altra sponda, in particolare, il “Comitato Salvataggiasca”, formato da piccoli produttori che tenacemente e coraggiosamente si opponeva alla sostituzione della denominazione “Taggiasca” per la varietà di olive, con il termine “Giuggiolina” o “Gentile”, al contrario di chi sosteneva questa possibilità con l’obiettivo di poter successivamente creare una Dop “Taggiasca”. E il durissimo confronto – scontro si è concluso davanti al Tar del Lazio (ha dato piena ragione al Comitato). La sentenza non è stata saggiamente appellata al Consiglio di Stato. Ora è tempo di puntare alla coesione di coltivatori – produttori, frantoiani, essere preparati alle continue sfide del mercato che significa saper creare valore aggiunto alla produzione. Il primo tassello della filiera, quello più impegnativo. Non si lavora più la terra con la zappa, ma il sacrificio e l’impegno rimane, gli oliveti in collina, i terrazzamenti, le difficoltà ed i metodi di raccolta, non hanno risolto i sacrifici ed il sudore della fronte. Sperando sempre che madre natura non sia ostile o magari si vendichi per le colpe dell’uomo. Vedi il dissesto idrogeologico, la prevenzione, rimediare ai danni costa assai di più. (Luciano Corrado)