“Il consigliere regionale del Pdl, Marco Melgrati, ha deciso di rivolgersi alla Corte dei Conti per la mancata inaugurazione di ostetricia all’ospedale di Albenga”. “Ho deciso di presentare un esposto per l’investimento di un milione e mezzo realizzato dall’assessore alla Sanità, Claudio Montaldo, per attrezzare un centro nascite, di fatto rimasto ancora inattivo”. Sono trascorsi 9 anni da quando l’autorevole Il Sole 24 Ore NordOvest pubblicava il servizio. Per la nuova rubrica di Trucioli, “Come è andata a finire”, abbiamo chiesto un commento – documentato al dr. Eraldo Ciangherotti consigliere comunale e assessore provinciale di FI, ma anche fustigatore della politica ingauna. La Sanità e le ripercussioni sui cittadini utenti, sugli operatori. Sprechi, ma anche efficienza ed eccellenze, meriterebbero ogni giorno una pagina, un approfondimento. Smascherando la ‘cattiva politica’, gli incapaci, gli incompetenti, i danni arrecati, le fughe continue di pazienti e medici specialisti verso Lombardia, Piemonte soprattutto, Emilia Romagna. E mettere a confronto annunci, promesse e risultati. I cittadini devono sapere e poter giudicare. Leggi anche l’attacco all’on. Franco Vazio, il più ‘Renziano dei Bersaniani’ e oggi con Renzi il gatto e la volpe.
di Eraldo Ciangherotti
Il nuovo Ospedale di Albenga, quando fu progettato e realizzato sotto la giunta regionale di Sandro Biasotti, doveva essere un presidio uguale e maggiore rispetto al vecchio ospedale di piazza del Popolo. E pertanto tutte le divisioni e i reparti che all’epoca erano presenti al Santa Maria di Misericordia dovevano essere preservate e trasferite in un ambiente più moderno e funzionale nel nuovo immobile di viale martiri della foce.
Ad Albenga, nel vecchio Ospedale, tra i vari reparti e servizi di ortopedia, chirurgia e urologia, c’è sempre stata la divisione di Ostetricia con un organigramma di personale medico ed infermieristico diretto da un primario, fino a quando il reparto non fu chiuso il 30 aprile 1998, con la giunta regionale di centro sinistra e direttore dell’Asl Savonese Franco Amodeo. Da allora non nacquero più bimbi nell’ospedale vecchio.
Quando l’8 ottobre del 2008 fu inaugurato il nuovo ospedale di Albenga, dopo 7 anni di progettazione e pratiche amministrative, 4 anni di cantiere, e una settimana di trasferimento operativo, la giunta regionale di centrodestra di Sandro Biasotti aveva previsto un’ala dell’immobile dedicata alla ginecologia ed ostetricia, investendo nel progetto ospedaliero circa un milione e mezzo di attrezzature per le due sale parto, una tradizionale e l’altra attrezzata per il parto in acqua. Quando poi subentro la giunta regionale di Claudio Burlando, i sogni furono subito smantellati e l’impegno per l’immediata riapertura del nuovo reparto di ostetricia fu subito accantonato.
Al di là della necessità di tagliare le eccessive spese della Sanità nei bilanci regionali riorganizzando i servizi sul territorio per cercare di ottenere risparmi consistenti, due punti nascite, ad Albenga e Pietra Ligure, a distanza di 13,5 km passando per l’Aurelia o 21,6 km in autostrada, non potevano sussistere soprattutto se inseriti tra gli Ospedali di Savona ed Imperia già dotati di storiche divisioni di ostetricia.
Se si pensa che, nel 2010, le nascite nel comprensorio ingauno erano state circa 520, molte di più rispetto al comprensorio pietrese-finalese che si fermava a quota 334, uno dei due punti nascite ad Albenga e Piera Ligure doveva essere soppresso. Soprattutto perché nel 2010 al Ministero della Sanità si iniziò a parlare di dimensioni dei punti nascita e inizialmente fu definito il numero “cinquecento nati/anno” per marcare il confine tra strutture inevitabilmente inefficienti ed inefficaci e strutture idonee. Il criterio del dimensionamento dei punti nascite poi viene ripresto nell’Accordo Stato – Regioni del Dicembre 2010, dove si definisce in almeno 1000 nascite/anno lo standard cui tendere nel triennio, con una novità rappresentata dall’abbinamento per pari complessità di attività delle unità operative ostetrico – ginecologiche con quelle neonatologiche/ pediatriche. Nonostante le eccezioni previste dallo stesso accordo, il limite per la sussistenza di un punto nascite non può mai andare al di sotto di 500 parti/anno, sulla base di motivate valutazioni legate a specifiche condizioni geografiche.
Siccome, nel 2010, secondo i dati pubblicati da Osservasalute, sul territorio nazionale era presente una rete di offerta dei punti nascita notevolmente diversificata, con una quota non trascurabile di nascite in strutture con meno di 500 parti l’anno (standard minimo per cure perinatali qualitativamente accettabili) ed un’ampia variabilità territoriale, fu siglato l’Accordo Stato-Regioni del 16 dicembre 2010 che fissando, in almeno 1000 nascite/anno lo standard a cui tendere, nel triennio, per il mantenimento/attivazione dei punti nascita, prevedeva la “razionalizzazione/riduzione progressiva dei punti nascita con numero di parti inferiore a 1000/anno, prevedendo l’abbinamento per pari complessità di attività delle U.U.O.O. ostetrico-ginecologiche con quelle neonatologiche/pediatriche …”. La possibilità di punti nascita con numerosità inferiore e comunque non al di sotto di 500 parti/anno, poteva essere prevista solo sulla base di motivate valutazioni legate alla specificità dei bisogni reali delle varie aree geografiche interessate con rilevanti difficoltà di attivazione dello STAM (servizi di trasporto assistito materno).
Ecco perché, soprattutto in un’epoca di grande sofferenza di culle vuote, per mantenere in vita il punto nascite del Santa Corona, Albenga ha dovuto rinunciare alla sua ostetricia, per la cui riapertura sarebbe servita l’assunzione di una quarantina di persone, tra medici pediatri, infermieri e ostetriche. Nell’ottica della riorganizzazione dei punti nascita, in linea con il Piano Nazionale Sanitario del 2010 e con l’Accordo Stato-Regioni del 16-12-2010, che pone l’accento sulla sicurezza e sull’umanizzazione del parto, sul parto indolore e sulla riduzione dei cesarei, con l’obiettivo di garantire una maggiore qualità nell’assistenza durante l’evento nascita, Albenga ha pagato dazio a Pietra Ligure e anzi la strumentazione delle sale parto di Albenga è andata a finire nelle dotazioni del Punto nascite di Santa Corona, almeno per recuperare gli investimenti strutturali già pagati con i soldi dei contribuenti.
CIANGHEROTTI IRRIDE L’ON VAZIO: CON RENZI COME IL GATTO E LA VOLPE
“Il Pd si spacca, Renzi esce dal Pd e il governo giallorosso ha già avuto una prima spallata, ma non è questo il punto. A livello provinciale mi piacerebbe sapere qual’è realmente la posizione del deputato Franco Vazio, il più ‘Renziano dei Bersaniani’ nel 2013, il catapultato, da Renzi, in un collegio sicuro nel 2018. La sua dichiarazione con cui promette amore ai Dem, non seguendo Renzi nel nuovo partito, non mi convince. Mi sembra quasi una manovra machiavellica per commissariare il Pd del Ponente, per evitare che si possa aprire quel pericoloso, per la sinistra, vaso di pandora fatti di affari, rifiuti, cooperative sociali in odore di collusioni inconfessabili. Franco Vazio, ex socialista, parlamentare per via del fattore C, se non segue Renzi in Italia Viva o Viva Italia, non è certo per una coerenza politica che non ha mai avuto, piuttosto segue una strada tracciata per non abbandonare il potere e garantire alla dirigenza Pd della provincia di Savona una copertura, e alla giunta Tomatis, di cui è stato stratega anche nella formazione di altre liste assieme ad ex socialisti di spessore, capaci di lavorare nell’ombra, non è un ingenuo. Se non ha seguito Renzi significa che, d’accordo con Renzi, vuole continuare a mantenere una coperta di omertà sulle malefatte del centrosinistra in provincia di Savona”: così Eraldo Ciangherotti, capogruppo di Forza Italia in Consiglio comunale e assessore provinciale.