Lunedi 9 settembre è morto Stefano Delle Chiaie, coinvolto nella strage di Bologna, esponente neofascista e fondatore di Avanguardia Nazionale. Il prof. Massimo Maccio, savonese, si è occupato, come scrittore, del mistero delle ‘Bombe di Savona’ del ’74-’75 e Delle Chiaie è tra quelli che hanno risposto alle sue richieste di informazione. Venerdì, 20 settembre, alle 18, Macciò presenta il libro “Una storia di paese” alla libreria “Feltrinelli Point” di Via Astengo 9-11 R, che si affaccia su Piazza Sisto IV, a Savona. Rivela che anche a Delle Chiaie aveva chiesto lumi. Senza risultati. La conferma, una volta di più, ricorda lo scrittore, che quella degli attentati savonesi è una vicenda del tutto singolare nell’ambito dello stesso stragismo degli anni ’70 e dietro il quale si nasconde un segreto ‘spaventosamente grande’.
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E che avrebbe potuto cambiare le sorti del Paese ed i cui effetti sotterranei magari permangono tuttora. Oggi però una serie di nuovi documenti e testimonianze consentono di ricostruire ex novo la vicenda Bombe di Savona, di individuare responsabili e complici, di scoprire come e, soprattutto, perchè, queste curiosissime bombe che potremmo tranquillamente definire ‘intelligenti’, sono scoppiate. E perchè (e da chi) è stata scelta Savona per dare vita alla più grave serie di attentati in Europa dalla seconda Guerra mondiale. Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia nazionale, ha ammesso di non essere riuscito a scoprire con certezza le responsabilità di quanti, mandanti ed autori, furono invischiati nella stagione di terrore in terra savonese.
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Se questo libro raccontasse una delle tante stragi impunite in Italia, adesso potremmo iniziare con la storia dei processi, dei testimoni inascoltati, delle sentenze capovolte. In fondo, è quello che è successo, con pochissime eccezioni, in tutti i casi in cui lo stragismo ha avuto un epilogo giudiziario. Un finale dolorosamente “normale”, insomma, in cui sono inevitabilmente inciampati i giudici, gli avvocati, l’opinione pubblica e così via: come per Piazza Fontana, per l’Italicus e via discorrendo. Ma quella delle bombe di Savona non è una vicenda normale, non assomiglia quasi in nulla alle tante storie maledette dello stragismo italiano. Neppure nell’epilogo: per le bombe di Savona non c’è mai stato nessun processo e nessun condannato.
Ci sono state, è vero, le bombe. Dodici esplosioni, dal 30 aprile 1974 al 26 giugno 1975. Sette ordigni sono scoppiati in quindici giorni, nel “novembre di sangue” savonese. C’è stato, dolorosamente, il morto e pure varie decine di feriti. E c’è stata una magistratura disattenta e distratta, e qualche inquirente più curioso degli altri opportunamente trasferito ad altra sede. Ma, in fondo, a Savona non c’è stato neppure bisogno di insabbiare granché. La storia si è insabbiata da sola, è stata quasi da subito lasciata disseccare per mancanza d’acqua, con buona pace della vittima, Fanny Dallari, e dei tanti feriti e sinistrati.
Già, ma perché? Cosa aveva questa storia di così pericoloso da dover essere subito dimenticata, tanto da fare di Savona una casella vuota, ancora oggi, nel mosaico della strategia della tensione? Qual è il segreto spaventosamente grande che si nasconde in questa storia di paese, in una vicenda apparentemente di periferia?
Il libro prova a rispondere a questa domanda (…) Esamina la dinamica delle inchieste e delle indagini e passa in rassegna tutte le piste investigative che sono state ipotizzate dagli inquirenti e dalla stampa nel corso del tempo, citando inoltre documenti inediti o poco conosciuti dal pubblico. Poi, mette insieme il puzzle e prova a trarre qualche conclusione.
Ho consultato un gran numero di persone che, a vario titolo, potevano sapere qualcosa di questa storia. Molti mi hanno risposto; alcuni di loro mi hanno chiesto di non divulgare la nostra corrispondenza, e io intendo rispettare la loro volontà. A tutti va il mio ringraziamento. Devo una particolare riconoscenza a Vincenzo Vinciguerra, dal cui scambio epistolare è scaturita anche la cronologia ragionata posta in fondo al volume. (…)
Massimo Macciò