Finisce con il cranio sfondato a bastonate, in una foto ingiallita dal tempo e finita chissà dove, la breve e sfortunata vita di Lorenzo Rolando, morto ammazzato il 17 agosto 1893 nel massacro degli italiani ad Aigues-Mortes.
II nostro era nato ad Altare il 13 aprile del 1862 e fin da subito si era dimostrato sfortunato: l’atto di nascita recentemente ritrovato (insieme a molti altri documenti) dagli studenti del “Laboratorio di storia dell’emigrazione” dell’Istituto
Patetta di Cairo, alla voce “professione del padre” recita “minatore”.
Lorenzo Rolando, quindi, si era ritrovato con la famiglia ai margini di quella “oasi medievale dell’industria” (la definizione è di Gaspare Buffa) costituita dai proprietari delle vetrerie, un’élite molto chiusa in sé stessa e alla fine concentrata in quella Società Artistico Vetraria che a metà Ottocento muoveva i primi incerti passi. Ma nell’ultimo quarto del secolo decimonono ad Altare non ci sono soltanto i padroni delle vetrerie e i loro dipendenti: accanto a questa più o meno fortunata minoranza ci sono quelli “fuori dal gioco”, che con le vetrerie non c’entrano ma devono comunque campare, e allora vendono giornalmente la propria forza-lavoro a far castagne nelle stente campagne circostanti o in qualunque altro modo. I Rolando – minatore il padre, contadina la madre – sono una di queste famiglie, alla perenne ricerca di un contratto di mezzadria o di una qualsiasi altra occupazione, un piede dentro e l’altro fuori dal paese (testimoni della nascita di Lorenzo saranno, significativamente, due contadini di Lavagnola) e sconosciuti alla stessa amministrazione comunale, che sbaglierà più volte la data di nascita del nostro Lorenzo in atti ufficiali.
Lorenzo Rolando si trova ben presto invischiato, suo malgrado, tra i gangli dell’incipiente rivoluzione industriale di casa nostra, ed è quindi obbligato ad andare frequentemente lontano da casa: nel 1882, al momento dell’iscrizione nelle liste di leva, è il padre a segnalarlo al sindaco (che lo dichiarerà rivedibile “alla ventura leva per gracilità”): Lorenzo prima contadino e poi “di qualità o professione ignota” è infatti “in Torino”. L’anno dopo il “giornaliere” Rolando (che intanto si è sposato con Maddalena Rocchetta) è di nuovo considerato “rivedibile alla ventura leva per difetto di costituzione”; nel 1864, infine, viene posto “In osservazione per nevrosi cardiaca” e finalmente “riformato per debolezza di costituzione persistente”.
Che cosa spinge questo padre di famiglia (nel frattempo sono nati tre figli), esile da far paura e debole di cuore, ad andare a morire nell’inferno di Aigues-Mortes, a cinquecento chilometri da Altare, il 17 agosto del 1893? La fame, certamente: l’incipiente trasformazione industriale comincia a mietere le prime vittime anche nell’esclusivissimo club dei “nobili vetrai” (parole di Guido Malandra) ma, soprattutto, spinge alla disoccupazione – e, quindi, alla ricerca di un posto purchessia – gli “altri”, quelli che il passaggio dall’agricoltura all’industria ha espulso da una seppur precaria occupazione contadina o pseudocontadina. E così ritroviamo il nostro Lorenzo dapprima impegnato in un misteriosissimo viaggio in Africa (come recita la Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia del 24 agosto 1893)
Il telegramma con il quale viene annunciato per la prima volta, il 22 agosto 1894, la morte degli operai italiani
Un estratto della Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia del 24 agosto 1894
e poi, scavallando le Alpi, a spalare sale dal 16 agosto 1893 insieme a cinquecento italiani e ad ottocento francesi (anche loro in maggioranza nomadi o stagionali) nelle saline di Peccais, a una decina di chilometri dalla cittadina fortificata di Aigues-Mortes, nel cuore della Camargue. Venti giorni nell’inferno bianco per trasportare alla ferrovia novantamila tonnellate di sale destinato all’industria di mezza Europa: venti giorni per mettere insieme, lavorando a cottimo come bestie da soma, quello che serve per nutrirsi e vestirsi per sei mesi e più.
Un’immagine del massacro tratto da un’illustrazione dell’epoca –
La cronistoria del massacro, delle ragioni reali e delle sovrastrutture ideologiche che, sapientemente manovrate, causarono una violenta ondata xenofoba e che spinsero trimards e pacifici viticoltori del Gard a rendersi – insieme – responsabili di uno tra i più violenti massacri di proletari italiani che la storia recente ricordi, è stata magistralmente raccontata da Enzo Barnabà nel suo “Aigues-Mortes, il massacro degli italiani” ed esula dagli scopi di questo articolo.
Di Lorenzo Rolando, protagonista suo malgrado di un momento centrale della storia sociale del nostro tempo (che portò l’Italia e la Francia ad un passo dalla guerra) e involontario testimone di come la mancanza di una solidarietà internazionalista tra gli operai generi i mostri della xenofobia e del razzismo, rimane la foto scattata al cadavere la mattina del 18 agosto e utilizzata dal console italiano Durando per l’identificazione dei corpi. La foto c’è ancora, e magari un giorno salterà fuori. Ma di Lorenzo Rolando tutti, almeno fino ad oggi, hanno continuato a dimenticarsi: nel 1894 il Comune di Altare, nel trasmettere gli atti al Ministero dell’Interno per l’indennizzo ai familiari, continua a sbagliare la data di nascita.
Oggi, a distanza di 125 anni e su impulso di Barnabà e dell’ANPI provinciale, la storia di questo sfortunato figlio della fame, la cui esistenza, peraltro, è ormai studiata da più parti (è recente la visita di un ricercatore all’Archivio Storico-Diplomatico del Ministero degli Esteri proprio per approfondire le notizie sull’altarese) sarà finalmente ricordata ufficialmente anche dal Comune di Altare che, sulle orme di quanto già fatto da tutti gli altri Comuni d’origine delle vittime di Aigues-Mortes, a partire dal 18 ottobre, darà vita ad una serie di iniziative che coinvolgeranno le scuole e le associazioni del territorio e che culmineranno con un convegno cui parteciperanno, oltre all’autore del libro sopra ricordato, alcuni tra i migliori storici locali del periodo. Sarà l’occasione per poter discutere in modo scientifico sulle cause e gli effetti della “rivoluzione industriale” nel comprensorio savonese (e, indirettamente, sulle ragioni che hanno portato la Valbormida dai fasti industriali del passato al deserto produttivo attuale) e per ricordare finalmente la sfortunata figura di Lorenzo Rolando, di cui è ignoto persino il luogo di sepoltura. I cadaveri di sette italiani massacrati in quel torrido 17 agosto ad Aigues-Mortes (l’ottavo morirà di tetano, tra atroci tormenti, un mese dopo nell’ospizio cittadino; un nono spirerà a Imperia durante il viaggio di ritorno, il decimo verrà ritrovato nelle vigne della Camargue qualche giorno dopo e sarà inumato “clandestinamente” dal parroco il 21 settembre) dopo le foto saranno seppelliti in tutta fetta in una fossa comune nel cimitero della cittadina francese, nella notte tra il 18 e il 19 agosto. Ma i ripetuti cambi di destinazione avvenuti nel corso del ‘900 hanno reso impossibile l’identificazione dei luoghi. Le ossa di Lorenzo Rolando non potranno più essere recuperate: resteranno lì, all’ombra della Torre di Costanza, ad imbiancare tra il sole e il sale della Camargue.
Massimo Macciò