Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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L’inchiesta di T&M / Dove hanno sepolto i rifiuti tossici dell’Acna di Cengio. Un dossier (nomi, date, perizie) rivela inediti retroscena


Nello  stabilimento  dell’ENI dell’Acna  Chimica  Organica di  Cengio (in provincia di Savona), l’ente energetico  si  è  superato davvero alla grande. Quì i vel-ENI prima li hanno sepolti, quindi disseppelliti, poi spediti in Nigeria, infine li hanno riportati in Italia e  quindi ri-sepolti. Roba  da scriverci  la  sceneggiatura  d’un  film Horror. Scriveva Dott. Ing. Ilvo Barbiero, ingegnere chimico (mitomane, terrorista?): l’ACNA giace su almeno 10 milioni di tonnellate tra rifiuti tossici e terreno e ghiaie contaminate… anche l’acqua viene contaminata … da una lunga serie di sostanze il cui elenco costituisce un piccolo manuale di tossicologia chimica. Analisi effettuate dall’USSLL 58 di Cuneo (21 aprile 1989) hanno tra l’altro rilevato…..: Il ruolo della magistratura, dei periti, del ministero, il trasferimento in Nigeria, ma quel governo scopre il carico di veleni e rispedisce al mittente il ‘mercantile killer’.

Nella foto da sinistra il magistrato Guseppe Lombardo, Nino Di Matteo magistrato di palermo, Francesca Scoleri Presidente di Themis & Metis Association, Antonio Di Pietro ex magistrato e la senatrice del M5S Giulia Sarti.
L’associazione che ha curato e firmato il dosser, anche sull’Acna di Cengio con la sorte di tonnellate di rifiuti tossici

Siamo in Valbormida fine  anni ’80. Uno stabilimento serial-killer dell’ENI semina vel-ENI dispensando cancro nell’ambiente nella pressochè generale indifferenza di tutti. Sin quando il fenomeno della devastazione ambientale raggiunge livelli insopportabilmente ed intollerabilmente critici. Le istituzioni locali allora s’allertano di colpo scoprendo d’aver seco, a ridosso d’uno degli scorci più lussureggianti dell’entroterra ligure-piemontese, un colossale ecomostro  che risponde al nome di Acna Chimica Organica S.p.A. (già Acna Azienda Coloranti Nazionali ed Affini).

E’ una società del Gruppo ENIEnte Nazionale Idrocarburi S.p.A.. Società interamente posseduta dallo  Stato Italiano (ora  i  velENI per  metà  son  stati privatizzati). E’ la stessa società molto sensibile alle tematiche ambientali, che nel recente passato ha avuto il buon gusto di pubblicizzarsi con graziosi slogan del tipo: “usare meglio il condizionatore è un bel segno di civiltà”, claoppure “viaggiare in autostrada a 100 km ora anziché a 130 è un bel segno di civiltà” od anche “usare lampadine a basso consumo è un bel segno di civiltà”. Scusate lo  spirito  macabro ma anche non inquinare l’ambiente e non avvelenare la gente sarebbe un bel segno di civiltà. Ma non usciamo dal seminato.

Un primo segnale d’allerta vien lanciato dalla Regione Liguria in data 8 aprile 1988, per il tramite dell’Assessore Acerbi che invia una preoccupatissima comunicazione scritta (che trovate quì allegata) al Pretore di Cairo Montenotte e per conoscenza alla Provincia di Savona, nonché al Comune di Cengio, all’USL di Carcare (v. documento pdf n. 1).

La lettera ha ad oggetto: “sotterramento all’interno dello stabilimento ACNA – Cengio – di fusti contenenti sostanze tossiche”, … “ … funzionari e tecnici di questa regione hanno espletato in data 19 febbraio e 14 marzo due sopralluoghi tecnici … a seguito di tali sopralluoghi si sono definite le metodologie d’intervento per acquisire i dati esistenti e le relative proposte d’intervento per eliminare ogni rischio di inquinamento e per la salvaguardia della salute dell’uomo e dell’ambiente…”.

Come potete ben riscontrare non ha alcun senso allarmarsi. La salute pubblica è nelle capaci mani delle solerti istituzioni che s’attivano al massimo grado alla bisogna (infatti passeranno anni ed  anni  prima che qualcuno s’arrischi a toccare sti vel-ENI dellAcna). Poi  l’ENI per  tener  sopito  lo  stato dei  luoghi  ha  un  asso  nella  manica.  Non  ha  necessità di  rivolgersi  a  terzi  per censire lo  scempio che  sta  causando. Può interpellare  direttamente  una  discreta  società che  effettuerà  tutti  i  rilievi, analisi e   campionamenti del  caso, l’Istituto  Guido Donegani, Società controllata dal Gruppo ENI.  Capisci ammè (v. documento pdf n. 2).

Che l’ENI abbia la  criminogena consuetudine di sotterrare i suoi vel-ENI nei pressi dei suoi stabilimenti (ed anche oltre all’occorrenza) è un dato di fatto. Che però abbia sganciato sul territorio della Valbormida una bomba ecologica pronta a deflagrare da un momento all’altro non era altrettanto di pubblico dominio. Anche se uno studio all’epoca commissionato dall’ENI alla società statunitense SAIC-Science Applications International Corporation (Virginia) esplicava con una certa disinvolta nonchalance che per arginare i più rischiosi fenomeni di inquinamento in Valbormida sarebbe stato perlomeno necessario “… completare le opere di contenimento dei rifiuti interrati all’interno dell’ACNA …”. Vabbè  che  fa, anche nei  Santuari demetriaci della  Magna  Grecia c’era  la  consuetudine  d’interrare  oggetti  votivi in  semplici  fosse comuni.

La Procura della Repubblica di Savona (territorialmente competente) disorientata dalle dimensioni imponenti dei fenomeni inquinanti, a tempo debito apre senza indugi un paio di procedimenti penali (39/88 – 148/88 ed altri – v. documento pdf n. 3). Per riuscire a delineare con esattezza le dimensioni della sciagura affida il compito di redigere alcune Relazioni Peritali al Dott. Geol. Elio Orsi di Acqui Terme. Il quale dopo accurati rilievi, in data 8 marzo 1989, presenta la sua prima “Relazione Peritale”. Che è  un  bollettino  di  guerra. Il collegio dei periti è composto anche dai dott.ri Francesco Librici, Dott. Piero Ambrosetti, Dott. Franco Ballesio.

In questa relazione peritale ad oggetto “Discarica di fanghi ACNA sita il località Pianrocchetta di Saliceto-Cengio” il Dott. Orsi dà una prima idea della quantità dei vel-ENI presenti in loco:

“… i sondaggi terebrati sugli accumuli hanno quasi sempre rinvenuto, sotto una esigua, discontinua, poco efficace copertura terrosa, metri e metri di rifiuto eterogeneo, nel quale si riconoscono tutte le tipologie previste dalla normativa ivi compresi i rifiuti tossico e nocivi…”.

Nella sua Relazione Peritale del 22 giugno 1990 invece il Dott. Elio Orsi (v. doc. all.) scende un po’ più nei dettagli:

“… da quanto contenuto nella presente indagine e secondo i quesiti posti dall’Autorità Giudiziaria si possono trarre le seguenti conclusioni: La fabbrica Acna di Cengio occupa un’area sub pianeggiante molto estesa che si sviluppa immediatamente ad Ovest dell’abitato lungo la riva destra del fiume Bormida … dei quasi 50 ettari occupati dall’insediamento e dalle pertinenze circa la metà prossimale è occupata da edifici ed impianti e circa la metà distale è impiegata al ricovero e lo stoccaggio, più o meno temporaneo, ma anche definitivo, di grandi quantità di rifiuti solidi, semisolidi e di liquidi che la fabbrica continuamente produce … la natura di tali rifiuti è assai eterogenea; sono presenti rifiuti inerti, rifiuti speciali e, come meglio detto nella relazione ad argomento chimico della presente indagine, anche rifiuti tossici e nocivi… da quanto è possibile ricostruire del passato risulta che la fabbrica, nel secolo di attività si è sempre trovata nella necessità di smaltire grandi quantità di rifiuti così come sopra descritti per i solidi veniva adottato lo stoccaggio e l’accumulo … risulta che detto accumulo veniva nel passato effettuato direttamente sul suolo naturale, senza alcun intervento di impermeabilizzazione od altro … nella continua attività di discarica e di movimentazione di tali rifiuti industriali nei quali la componente prevalente è rappresentata dai fanghi, ACNA ha finito per coinvolgere direttamente la riva destra del fiume non solo invadendola con gli accumuli, ma anche spostandola gradualmente verso ovest … non sembra tuttavia aver rappresentato una preoccupazione per ACNA che in allora sversava direttamente nel fiume così come anche risulta da alcune tubazioni di scarico … nel più recente passato Acna … ha ricoverato stabilmente ulteriori notevoli volumetrie di rifiuti solidi continuativamente prodotti nel vicino sito di Pian Rocchetta dove analogamente si verificano le stesse molteplici condizioni negative di assenza di precauzioni connesse con lo stoccaggio di compromissione diretta del terreno, della falda idrica della collina, del subalveo e dell’alveo fluviale a opera dei percolati … tutta l’attività descritta … ha causato grave, esteso e persistente danno ambientale… “.

Di che tipologia di schifezze chimiche trattasi vien esplicato abbastanza chiaramente in un dossier inviato alla Procura savonese (che trovate quì di seguito ritrascritto e riprodotto in pdf) che parla senza mezzi termini di “elevato rischio cancerogeno e  mutageno” (ovverosia il rischio che le sostanze chimiche provochino mutazioni genetiche e/o malformazioni nella popolazione umana e  animale – v. documento pdf n. 4): “… è noto inoltre che le molecole organiche ad alto contenuto di cloro, caratteristica comune a molti dei composti rilevati nel fiume sono mutagene ed alcune di esse sospette cancerogene (tricloroetilene, tetracloroetilene). Va inoltre osservato che alcuni dei composti aromatici segnalati nelle acque del fiume Bormida (fenolo, clorobenzene, beta-naftolo, naftalene) possono dare origine a derivati mutageni in presenza di nitriti e nitrati. La possibilità di formazione di composti mutageni, a seguito di reazioni che avvengono nelle acque del fiume Bormida, rappresenta una ulteriore fonte di rischio per l’ambiente…”.

E’ sintonizzata sulla  stessa  linea  d’onda anche la “Relazione peritale” n. 677/90/A del Dott. Roberto Santi  e dell’USL competente che conferma (v. documento pdf n. 5): “… il rischio cancerogeno di molte sostanze presenti nello scarico dell’ACNA è ribadito dall’Istituto di Ricerca sulle Acque del CNR nell’aprile 1989 … la discarica di enormi quantità di rifiuti tossico-nocivi costituisce … un notevole rischio di avvelenamento dell’ambiente e dell’uomo… sono stati riscontrati composti mutageni nello scarico ACNA. L’attività genotossica … e la risposta mutagena permane…”.

Come frequentemente capita, anche nelle peggiori disgrazie, ha sempre la meglio l’italico ingegno. Così accade che qualche illuminata mente dell’ENI escogita una gENIale e creativa tipologia di smaltimento. Pensa bene di spedire un primo consistente lotto di vel-ENI chimici dell’Ente Nazionale Idrocarburi in Nigeria per andare a sotterrare colà tutto sto ben di Dio (o  in  subordine, se s’arriva  di  notte abbandonarlo  anche direttamente sulle ridenti  spiagge  di  Lagos).

Stiamo  parlando di 170 container stracolmi di rifiuti industriali Tossico/Nocivi  dell’Eni e di altre note industrie italiane (ricordate  l’ICMESA di Seveso che nel  1976 trasformò la  Pianura  Padana in una Chernobyl? Ecco…) che prendono  la strada del porto nigeriano di Koko, a bordo nelle navi Karin B e Deep Sea Carrier. Si può mica sempre andare  a disturbare Giorgio Comerio per  affondare le navi dei velENI nel  Mediterraneo. Non è  etico. E poi sotterrare rifiuti tossico nocivi stà diventando il core business,  una vera vocazione per l’ENI. E’ un Know How mica  da  ridere, acquisito in  anni  ed anni d’esperienza  sul campo (e sotto il  campo soprattutto). Prende  così il  via  una delle prime sciagurate spedizioni-pilota, per tastare il terreno e verificare la durabilità/fattibilità del business.

L’incognita è solamente rappresentata dai ‘baluba’ nigeriani; occorre appurare se gli  ‘abbronzati’ s’accontenteranno di 4 soldi per tenersi tutti i vel-ENI killer. Se tutto filerà liscio come  previsto dopo questo invio seguiranno viaggi a iosa per vomitare in Nigeria tutta la merda  non  solo  dell’ENI (stoccata nei terrENI dei suoi  vari  stabilimenti, Acna Cengio, Porto Marghera, Brindisi, Cesano Maderno, Priolo  Gargallo,  etc  etc) ma  anche di  molte altre multinazionali della chimica.

La  reazione  non  si  fa  attendere. Come i  nigeriani  sentono puzza  di cancro e  vedono le  loro  spiagge stuprate  dai  velENI assassini, per nulla entusiasmati dall’idea di diventare la pattumiera d’Italia, s’incazzano a 1000  rispedendo al mittente tutta l’italica schifezza. Scrive l’allora Ministro dell’Ambiente in un “Atto di diffida e messa in mora” (v. documento pdf n. 6):

“… nel luglio 1988 si è verificata una situazione di particolare emergenza conseguente la diffida con la quale il Governo della Nigeria, elevando vive proteste e minacciando ritorsioni nei confronti dell’equipaggio di una motonave italiana, ha chiesto l’immediato imbarco di n. 170 container contenenti residui industriali, anche tossici e nocivi, siti nel Porto di Koko, nonché la bonifica della discarica sita in prossimità dello stesso porto… l’amministrazione italiana è stata costretta a provvedere alle operazioni di imbarco dei container e di sgombro della bonifica della discarica risultando che i rifiuti speciali ivi esistenti provenivano per la generalità da industrie italiane… il Ministero dell’Ambiente di concerto con il Ministero della Protezione Civile sussistendo una situazione di particolare urgenza e rischio … ha dichiarato la situazione di emergenza … che dai primi accertamenti e salve ulteriori più approfondite indagini è risultato che tali rifiuti speciali sono stati prodotti, trasportati e/o comunque nella disponibilità delle seguenti ditte … Acna Chimica Organica – P.zza della Vittoria, 10 – Cengio (Savona) … Montedipe Spa – Via Rossellini, 17 – Milano …”.

Quando si dice “il bel Made in Italy” che esportiamo” … Tra l’indifferenza generale, và comunque segnalata – per correttezza/completezza d’informazione – una voce dissonante fuori dal coro, di forte denuncia (subito  messa a tacere). Quella del Dott. Ing. Ilvo Barbiero, ingegnere chimico (free-lance come si autodefinisce) che una volta apprese le risultanze istruttorie delle indagini sull’Acna di Cengio  s’espone in prima persona inviando una sua pesante lettera di denuncia a varie autorità governative, lettera-schiaffo che  mani sapienti  trovarono il  modo  di  far  “sparire” (e che altre  mani ‘birichine’ han trovato il  modo di salvare  dall’oblio).  Nella sua missiva che titola “Risanamento e rinascita della Valle Bormida un’alleanza tra scienza e lavoro al servizio dell’uomo” (trovate il testo integrale della lettera allegata –  v. documento pdf n. 7)  l’Ing. Barbiero scrive: “… l’ACNA giace su almeno 10 milioni di tonnellate tra rifiuti tossici e terreno e ghiaie contaminate… anche l’acqua viene contaminata … da una lunga serie di sostanze il cui elenco costituisce un piccolo manuale di tossicologia chimica. Analisi effettuate dall’USSLL 58 di Cuneo (21 aprile 1989) hanno tra l’altro rilevato: clorobenzene, tetracloroetano, anilina, clorofenoli, diclorobenzeni, metilanilina, cloroanilina, diclorofenoli, triclorobenzeni, naftalene, clorometilanilina, diclorometilfenoli, dicloroaniline, triclorofenoli, diclorocresolo, nitroanilina. La concentrazione di queste sostanze varia dai 22 microgrammi al litro per il tetraclorometano ai 6965 microgrammi al litro per i triclorofenoli. Un’alta percentuale di queste sostanze è cancerogena e/o teratogena (causa malformazione nei feti delle persone contaminate). La loro tossicità, insieme alla loro scarsa biodegradabilità alla loro persistenza nell’ambiente che porta ad un trasferimento all’uomo dai vari comparti ambientali e attraverso la catena alimentare, alla loro bioaccumulabilità all’interno di alcuni organi dell’uomo nei quali e dai quali possono poi scatenare gli effetti cancerogeni e teratogeni prima citati… non è ammissibile lasciare dei rifiuti immersi in una falda acquifera, questi rifiuti contengono una concentrazione di sostanze chimiche di sintesi che sono fra le più pericolose attualmente conosciute, non è ammissibile lasciare dei rifiuti nel paleo alveo di un fiume … la presenza di triclorofenoli nel percolato tenuta penosamente nascosta dalle analisi ACNA e invece rilevati … prova senza ombra di dubbio la contaminazione dal alti quantitativi di diossine. Triclorofenolo era anche prodotto nel reattore dell’ICMESA di Seveso e dalla produzione di clorofenoli derivavano i rifiuti bituminosi che (sparsi per ignoranza ed incoscienza) nelle strade polverose di Times Beach nello stato americano del Missouri che hanno causato a distanza di più di 10 anni l’evacuazione della città e la sua trasformazione in zona di sperimentazione delle tecniche di decontaminazione da diossina… il termine di confronto assunto per valutare l’urgenza di un intervento efficace per la messa in sicurezza del sito ACNA è il valore soglia fissato per le concentrazioni di contaminanti rispettivamente nel terreno e nelle acque del sottosuolo … Limitandoci per motivi di brevità ad alcune sostanze particolarmente significative si hanno i seguenti valori (tutti espressi in microgrammi per litro): Naftalene concentrazione nel terreno 260, limite 50, limite superato di 5,2 volte. Clorobenzeni totali: concentrazione nel terreno 466, limite 20, limite superato di 23,3 volte. Clorofenoli totali: concentrazione nel terreno 540, limite 10, limite superato di 54 volte. Naftalene: concentrazione nell’acqua del sottosuolo 1050, limite 30, limite superato di 35 volte. Clorobenzeni totali: concentrazione nell’acqua del sottosuolo 6456, limite 5, limite superato di 1291 volte. Clorofenoli totali: concentrazioni nell’acqua del sottosuolo 7339, limite 2, limite superato di 3670 volte. Naturalmente questi dati, che ciascuno è in grado di interpretare, per quello che riguarda la valutazione della gravità della situazione si accumulano tra loro e con altre sostanze che non citiamo per brevità. Per porre rimedio a questa situazione i metodi utilizzati dai migliori operatori al mondo sono scelti fra queste alternative: allontanamento del bersaglio della contaminazione. Consiste nell’evacuazione delle persone che vivono nelle zone a più alto pericolo e nell’abbandono di tutte le attività che presuppongono l’utilizzo dell’acqua del fiume in tutta la valle Bormida Piemontese. Alla luce degli obiettivi dati tecnico-scientifici prima elencati non è un’alternativa emotiva ma ragionevole…”.

Al tempo, Barbiero fu considerato alla stregua d’un mitomane e/o ecoterrorista-scienziato pazzo rasentando per questo anche una denuncia per procurato allarme sociale e disturbo della quiete pubblica.

E a  ragione. Oggi i cittadini della Valbormida sono ancora tutti lì al loro posto vivi e vegeti (tranne quelli che son schiattati nel frattempo per neoplasie e affezioni varie) e  continuano a sorseggiare l’acqua delle loro sorgenti (con gradevole retrogusto trielina – v. documento pdf n. 8). Ma se la gravità dei fatti stà in questi termini che fare allora? (a parte far delle scadenti battute di spirito come quella poc’anzi declinata). Barbiero, propositivo  come sempre,  offre l’input ed  un’ipotesi di  soluzione: “… negli Stati Uniti dal 1985 problemi simili, anche se di minori dimensioni, vengono affrontati in questo modo: se il responsabile non è ancora fallito egli deve provvedere alla messa in sicurezza e bonifica senza poter addurre alcuna motivazione di rispetto o meno delle normative legali e di buona tecnica in vigore al momento dell’accumulo dei rifiuti ‘né la propria diligenza né la negligenza, né la buona né la cattiva fede, né la conoscenza né l’ignoranza’ possono essere addotti a difesa da parte di chi ha creato una discarica di rifiuti gravemente contaminanti. Se un sito costituisce una minaccia per la salute pubblica o per l’ambiente, le parti responsabili devono addossarsi i costi per la messa in sicurezza al di là di qualunque altra argomentazione. Tutta la legislazione è fondata sul principio ‘PAGA ORA –DIFENDITI DOPO’…”.

Sì ma questo avviene negli States. Quì siamo in Italia. Da noi se il responsabile non è ancora fallito, e ha distrutto l’ambiente gli s’abbuona tutto. Come  ha  provato a fare qualche tempo fa il Governo Italiano e  l’allora Ministro  dell’Ambiente  Stefania Prestigiacomo (siracusana doc. che a Priolo  è  stata  interessata da  sequestri per  il  sospetto di   discariche abusive presso la sua società di  famiglia)  dando il via libera all’ennesima beffa alla faccia di tutti i cittadini che hanno subito e subiranno gli effetti nocivi dell’inquinamento dell’ENI. Non  so  se  avete  memoria della  porcata denominata  “Manovra blocca risarcimenti”. Il  Ministero dell’Ambiente avrebbe  dovuto approvare una “Transazione Globale” con l’ENI dando così un tombale colpo di spugna sui più gravi disastri ambientali della nostra storia.

Cancro, tumori e morte però non andranno in prescrizione. Questi continueranno a mietere vittime per molti decenni ancora. Il  quesito  ora è: che  dobbiamo  fare  a  sta  gente che  ci ha distrutto  l’habitat? Esser  brutali  non serve. Bisogna saper  perdonare. Se vi massacrano l’ecosistema voi  ricambiate  con  un  fiore. Ma  non  dimenticate  anche  il  vaso.

Themis & Metis- Chi siamo

L’associazione nasce dall’incontro\scontro con le aberrazioni del concetto di giustizia e dalle conseguenze che l’assenza di quest’ultima genera sugli equilibri sociali, economici e relazionali, minando e pregiudicando alla base il naturale sistema di cooperazione interno alle comunità…..

I fondatori sono partiti dalla considerazione dell’importanza delle moderne “smart communities”, per arrivare alla conclusione che, per essere”smart” un territorio deve concentrare i propri sforzi di sviluppo non solo nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e nella gestione oculata delle risorse naturali, ma soprattutto e principalmente nel capitale umano e sociale, nei servizi e nella promozione di una governance partecipativa come previsto nei piani di azione per lo sviluppo sostenibile (da “Agenda 21” in avanti), dai quali si evince che ogni comunità locale deve fare un percorso di lavoro che stimoli lo sviluppo controllandolo.

L’associazione Themis & Metis vuole portare il proprio contributo nelle aree operative nelle quali la Smart Community deve necessariamente e naturalmente cimentarsi, affrontando, nella loro complessità i delicati temi socio-ambientali, diffondendo la cultura della Legalità, della trasparenza e dell’etica, (che, vale appena la pena ricordarlo, ha un valore economico, oltre che sociale e istituzionale) negli apparati pubblici, nel comparto produttivo, nel settore culturale e nella cittadinanza tutta per il tramite di soggetti privati competenti di consolidata esperienza e attivi sul territorio che trasformino il rispetto delle norme “imprescindibili” in “strumento per l’edificazione di una Giustizia piena, partecipata e impermeabile ai meccanismi escludenti e/o discriminatori“.


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