Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Savona & Camicie Nere e beati smemorati
Trucioli: chi è il presidente Enrico Albertazzi
Nel 1981 Il Secolo XIX: ecco la loggia Sabazia


Botte da orbi? Neanche per sogno. Manganellate? Neppure. Olio di ricino? Tempi ormai lontani e purga praticata dalla ‘polizia politica’ e da podestà nei confronti di irriducibili o colpevoli di lesa maestà. A Savona, fortunatamente, la maggioranza (?) spesso distratta e silenziosa, più attratta dalla ‘discarica Facebook’ piuttosto che dall’impegno nella libera stampa (oggi soprattutto on line), ha suonato una benvenuta sirena. E trucioli.it, blog piccolo e nero, scomodo e senza camerieri, ripropone il giornalismo della memoria, senza pretese. Per meglio capire dove siamo arrivati e perchè. O forse sbagliamo, oggi come ieri. Strenui e solitari (?) illusi. Intanto si legge sui media. Il sindaco Caprioglio: ‘E’ stata una trappola, mio malgrado’. Il piediessino on. Franco Vazio annuncia un’interrogazione alla Camera dei deputati’. Da ultimo lettera di Fabrizio Marabello membro “Amici della Fondazione Giorgio Almirante”, Presidente Associazione culturale “Ventennio” pubblicata da Ivg dopo essere stata, parrebbe, ‘revisionata’.

L’efficace raffigurazione ‘Geniale’ di Mimmo Lombezzi pubblicata dal blog NiNiN

Non è in ballo un’operazione immobiliare, un’opera pubblica contestata dai talebani dell’ambiente ridotti ai decimali elettorali. Chissà perché ! E’ in gioco il ‘decoro morale  e civile’ di una città, della sua storia, di una comunità che, nonostante l’onda lunga del populismo, dell’estremismo parolaio e diseducativo, delle sofferenze dei più deboli nella scala sociale, non sbaglia a difendere certi valori fondanti che non sono solo simbolici. Il suono di una sirena per ricordare, a tutti nessuno escluso, la strage degli innocenti in guerra. Trucioli.it che, alle parole, ai proclami, compie l’umile sforzo di informare possibilmente nella coerenza, paga di tasca propria le spese, il tempo, i sacrifici, si espone spesso denunciando con l’arma del ‘nero su bianco’ i connubi con i ‘poteri alti’.  Per non ritrovarci sudditi, semmai per conoscere e crescere come cittadini. Non siamo i soli e non lasciateci in eterna minoranza.

Ospitiamo un articolo del politologo e storico savonese Franco Astengo, coscienza critica quale è sempre stato. Condivisibile o meno il suo credo politico a seconda di convinzioni e giudizi personali. Il commento è stato ospitato dai maggiori media con cronaca savonese. Ospitiamo le reazioni lette sul web di giornalisti, oggi pensionati. Ospitiamo doverosamente le ripetute prese di posizione del sindaco scrittrice Ilaria Caprioglio, laurea in giurisprudenza, toga che ha dismesso per non avere conflitti di interesse. Abbiamo cercato di approfondire il ruolo, il passato ed il presente, di un personaggio ormai della terza età, il rag. Enrico Albertazzi, che con l’Associazione (presidente regionale dell’Opera nazionale Caduti senza croce), si è fatto promotore della lapide che ricordava anche le ‘camicie nere’ cadute in guerra e ‘per la patria’. Parrebbe per una ‘pacificazione nazionale’ ? Albertazzi già attivista nel Pli, ex candidato in Provincia e alle comunali, promotore di una ‘lapide’ ai militari Caduti in Russia inaugurata nel 2011 ad Albenga quando era sindaco Rosy Guarnieri leghista ortodossa. Enrico Albertazzi del quale prima dalle colonne del Secolo XIX (fu il primo quotidiano in Italia a pubblicare nei primi anni ’80 l’elenco di tutte le logge della provincia con gli affiliati, poi riproposte nella Teardo story scritta su trucioli savonesi  (che abbiamo lasciato da sette anni non per gioco).

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Albertazzi apparteneva alla Loggia ‘Sabazia’ di via Guarda Superiore (atti del 1981), con Andrea Arena, Piero Beardo, Stefano Bonfiglio, Antonio Bonifacino, Erminio Bonino, Carlo Borreani, Renzo Brunetti, Paolo Calamaro, Carlo Cardente, Orlando Cerrato, Gianpaolo Cetra, Silvio Cornelio, Giuseppe Dadorone, Umberto Dainini, Angelo Farfazi, Ernesto Ferrara, Massimo Frumento, Aldo Gaspari, Ivo Gazzano, Aldo Ingaramo, Fortunato Labate, Giuseppe Lagasio, Gianpiero Mentil, Luciano Moretto, Andrea Mossotto, Iliano Noceto, Mario Noceto, Paolo Noceto, Bruno Ottonello, Mario Penè, Luigi Pollano, Luciano Precotto, Giacomo Puppo, Giorgio Saettone, Danilo Sandigliano, Aldo Saroldi, Mario Schneck, Mario Scotto, Agostino Siccardo, Piertommaso Tessitore, Giuseppe Vacca, Giorgio Vigliani, Paolo Zino. Tra i ‘fratelli muratori’ anche nomi che si sono guadagnati sul campo stima ed apprezzamento nel loro operato, sia nell’attività pubblica, sia professionale o lavorativa.

L’ARTICOLO DI FRANCO ASTENGO del 9 ottobre alle 13,4 – Tirato per i capelli, lette certe dichiarazioni: CAMICIE NERE

Savona ha vissuto giornate di vero e proprio dispregio della memoria di un Città medaglia d’oro della Resistenza, la cui ricorrenza quarantennale è stata, tra l’altro, bellamente ignorata dall’Amministrazione Comunale di destra.

Sabato scorso è accaduto un fatto grave, al limite dell’indicibile: la Signora Sindaco e il Signor Prefetto hanno candidamente assistito senza battere ciglio a una cerimonia svoltasi nel cimitero cittadino di Zinola per lo scoprimento di una lapide in memoria dei soldati savonesi caduti nel corso della seconda guerra mondiale: da un lato della lapide sono indicati i corpi combattenti da onorare nella memoria e tra gli alpini, gli artiglieri, i fanti, hanno trovato inopinatamente posto le “camicie nere”. Signora Sindaco e Signor Prefetto rimasti imperterriti al loro posto durante la cerimonia, nonostante che visti i contenuti della lapide i rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza se ne fossero immediatamente allontanati. Alla reazione delle associazioni e delle forze politiche democratiche e antifasciste la risposta della Signora Sindaco è stata di “non conoscenza dei contenuti della lapide” e, per il futuro, della necessità di confrontarsi con l’associazione che ha promosso la lapide (una non meglio identificata Associazione “Caduti senza croce”).

Potrà apparire superfluo ma invece è assolutamente necessario chiarire un punto preliminare: anche perché, da parte dei rappresentanti dell’Associazione in questione si sostiene la piena integrazione, all’epoca, delle Camicie Nere nell’esercito regolare. Integrazione da cui deriverebbe di conseguenza la loro assimilazione, anche nel ricordo, ai reparti combattenti.

Va ricordato con grande chiarezza e disegno di verità storica che la Camicia Nera è stata la divisa del fascismo e che il fascismo rimane la più grande disgrazia capitata al nostro Paese nella sua storia.

La Camicia Nera fu adottata quasi subito dal fascismo come suo emblema, del resto il nero era considerato come il colore della morte e la bandiera degli Arditi lo accompagnava con il teschio con il pugnale tra i denti.

La camicia nera fu adottata da Italo Balbo fin dalla marcia su Ravenna e poi, naturalmente, nella marcia su Roma.

Gli squadristi che nel biennio 1920 – 1922 avevano insanguinato il Paese uccidendo, devastando, incendiando e rappresentando la leva attraverso la quale il fascismo aveva raggiunto il potere. Attraverso lo squadrismo delle Camicie Nere, gli agrari e gli industriali erano riusciti a piegare la resistenza dei contadini e gli operai.

Gli squadristi in Camicia Nera furono poi inquadrati nella Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale: un corpo armato parallelo a quelli dello Stato posto al servizio di una parte politica, così come il “Gran Consiglio del Fascismo” rappresentò un organo parallelo a quelli istituzionali previsti dallo Statuto.

Tutto questo avvenne molto prima del varo delle leggi cosiddette “fascistissime” (1925) attraverso le quali il fascismo assunse compiutamente le vesti di una dittatura.

In questo modo le Camicie Nere parteciparono, inquadrate nell’esercito, alle guerre fasciste in Etiopia, in Spagna per combattere la Repubblica democraticamente eletta, nella Seconda Guerra Mondiale.

Fin qui tutto ovvio: deve essere però ribadito ancora una volta che la Seconda Guerra Mondiale non può che essere considerata, per quello che riguarda l’Italia, come una guerra fascista combattuta (fino alla fine per quel che riguarda le truppe della RSI, anch’esse provviste di camicia nera) al fianco del mostro più sanguinario che il mondo abbia mai espresso: il nazismo. E’ bene tenere queste distinzioni, non farci travolgere dal “alla fine tutti eguali”.

L’Italia ha ritrovato, il 25 aprile 1945, la propria capacità di governarsi e amministrarsi autonomamente e non come colonia degli Alleati soltanto grazie alla Resistenza che ne ha riscattato l’onore e la presenza nel mondo. La Resistenza ha rappresentato l’atto fondativo del nostro Paese dopo il Risorgimento e dopo che la Casa Regnante aveva trascinato l’Italia in due insensate e tragiche guerre mondiali. Accanto alla Resistenza, naturalmente, vanno ricordate le sofferenze delle popolazioni civili, i 600.000 militari italiani abbandonati dalla fellonia dell’8 settembre all’estero e internati in Germania essendosi rifiutati di aderire alla Repubblica Sociale, i combattenti dell’esercito schieratisi a fianco degli Alleati nel corso della loro faticosa risalita delle penisola. Faticosa risalita della penisola al punto che, è bene ricordarlo ancora, le grandi città del Nord furono liberate dai Partigiani in anticipo sull’arrivo delle truppe anglo –americane.

Questo riassunto, forse inutile ma non è detto che lo sia stato, per dire che le “Camicie Nere” sono state il simbolo del fascismo e che questo fatto non può essere dimenticato o deviato nella costruzione di una memoria storica che deve essere continuamente alimentata per non restare colpevolmente smarrita.

Si ricorda ancora che Savona è la città di Sandro Pertini, senza aggiunte o richiami a un nome che da solo spicca nel firmamento della parte migliore della storia di questa Nazione. La città distrutta dai bombardamenti fu poi ricostruita grazie all’operato di una giunta formata in buona parte da operai delle sue grandi fabbriche, l’Ilva e la Scarpa e Magnano, rappresentanti dei grandi partiti di massa della sinistra italiana. Una città ricostruita dalle macerie della guerra in un periodo di grande lotta per la difesa delle sue fabbriche, la cui presenza – nel corso di quei drammatici anni ’40 – ’50 – era stata messa in discussione a causa della riconversione dell’industria bellica portata avanti dal governo democristiano che certo non nutriva grande simpatia per la classe operaia “rossa” della nostra Città.

Quella classe operaia che l’aveva liberata dalla tirannia del fascismo in Camicia Nera.

Franco Astengo

TRUCIOLI HA MESSO INSIEME ALCUNE REAZIONI E COMMENTI:

SCRIVE NICOLA STELLA SULLA SUA PAGINA FACEBOOK

Nicola Stella giornalista e già capo redattore al Secolo XIX

La sindaca Vanity Caprioglio e il prefetto Antonio Cananà, a questo punto, devono spiegare perché fossero presenti e tutti compiti all’inaugurazione di una lapide in cui si onorano anche le camicie nere (criminali unanimemente riconosciuti come tali).
Qualora non avessero letto l’elenco e ne fossero stati ignari dovrebbero renderlo noto e scusarsi. Inoltre, dovrebbero adottare severi provvedimenti nei confronti di chi li ha indotti a una vergognosa sceneggiata. Ovviamente la lapide andrà rimossa.
In caso contrario Vanity e Cananà – ovvero la sindaca di tutti i savonesi e il rappresentante del governo che avrebbe il dovere di far rispettare la Costituzione – manifesterebbero apertamente la loro ribellione alla Costituzione e l’adesione al fascismo.
Leggo anche che la sindaca Caprioglio dichiara (al Secolo XIX.it) di aver saputo solo sabato mattina della scritta, una volta scoperta la lapide. Questa non è una

Ilaria Caprioglio sindaco firma il registro il giorno della posa della lapide, le è accanto il prefetto Cananà

giustificazione, ma un’aggravante: perché la sindaca e con lei il prefetto a quel punto non se ne sono andati indignati, sconfessando un’iniziativa che con un po’ più di cervello poteva essere ripudiata fin dall’inizio? Che cosa ci si può aspettare da un’associazione dal nome già di per sé ambiguo? “Opera nazionale per i caduti senza croce”: una sindaca e un prefetto non dico intelligenti, ma normali avrebbero cestinato la richiesta non appena letta l’intestazione. O c’era qualche signorotto locale a sponsorizzarla ?
Comunque grazie a Durante Giovanni per l’intervento “correttivo”. Però se ci fate caso nella foto la sindaca ha il pudore di coprire l’orrenda lapide.

SCRIVE MARCELLO ZINOLA, EX SEGRETARIO ASSOCIAZIONE LIGURE GIORNALISTI

Marcello Zinola, giornalista, ex segretario regione Associazione giornalisti liguri

Marcello Zinola: Sembra uno.scherzo, non lo è. In passato il prefetto sarebbe saltato (qualche ministro aveva ancora un po’ di pudore). Non hanno letto? Peggio, dimostra come siano presenti a nastro senza sapere a cosa presenziano (partecipare è una cosa diversa). A questo prefetto onomatopeicamente vicino a Oronzo Cana’ con il suo metodo farfalla oggi daranno un premio. La sindaco ormai.l’hanno bollita, prima.di Pasqua salta il banco e si rivota. Chi stia peggio non lo so.

Marco Preve giornalista a la Repubblica di Genova

E MARCO PREVE REDATTORE A LA REPUBBLICA EDIZIONE LIGURE: Massacratori e massacrati celebrati assieme senza alcun distinguo né rispetto per la Storia. A Savona il sindaco Ilaria Caprioglio partecipa alla cerimonia di inaugurazione di un cippo ai “Caduti della seconda guerra mondiale”. Ma sulla lapide
mescolati tra alpini, carabinieri, bersaglieri e tutti gli altri corpi militari cappellani compresi ecco comparire anche la scritta “camicie nere”. Come dire: stessi onori per chi massacrò il carabiniere Salvo D’Acquisto e lo stesso carabiniere ucciso durante una rappresaglia nazi fascista. Una mescolanza che confonde il rispetto per i morti con il rigetto per per la storia.
La denuncia arriva da un post del presidente Arci di Savona Franco Zunino che scrive su Facebook: “Ma che vergogna…l’Amministrazione di una città medaglia d’oro al valore militare grazie alla lotta partigiana che ci ha liberato dal fascismo che va ad onorare una lapide con su scritto “Camicie nere”. che ci sarebbe da onorare? Degli aguzzini? Le”Camicie nere” inoltre non mi risulta rappresentino di per sé nessun corpo militare, ma solo dei volontari fascisti, che c’entrano in quella lapide? Chiediamo al Comune di togliere quella scritta vergognosa dalla lapide”.

DICHIARAZIONI DEL PRESIDENTE REGIONALE

OPERA NAZIONALE CADUTI, ENRICO ALBERTAZZI

E QUANDO L’ALLORA IL SINDACO DI ALBENGA RINGRAZIAVA ALBERTAZZI

Il rag Enrico Albertazzi

Cosa dichiara il presidente regionale dell’Opera Nazionale Caduti, Enrico Albertazzi, sul Secolo XIX….A volerla così, assieme a carabinieri, alpini, finanzieri e finanche cappellani militari è stata l’Opera nazionale Caduti senza croce che voleva fare un `pendant´con un’altra lapide sulla quale sono riportati i nomi degli scenari di conflitto della II Guerra mondiale.  Albertazzi, sottolinea la bontà della scelta celebrando «l’apprezzamento per lo slancio con cui risposero alla chiamata della Patria in armi». In realtà si tratta  dell’Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi in Guerra.

Il sindaco Capriolgio, il prefetto ed il presidente Albertazzi (Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi in Guerra)

Enrico Albertazzi, ragioniere, commercialista in pensione, residente a Savona, già consulente, anni 80, del Comune di Albenga, già candidato nelle liste  provinciali del PLI e da indipendente al consiglio comunale del capoluogo, un figlio ed una figlia, coniugato con la sorella della moglie dell’ex presidente del Tribunale di Savona, il compianto Franco Becchino, pastore metodista (con una carica di equivalente a ‘vescovo’), uomo coltissimo e che non ha mai nascosto idee progressiste. Albertazzi  dato in quota massoneria con la riservatezza praticata dai fratelli.

Dalle colonne di Ivg  dichiarazioni dell’ultra ottantenne Albertazzi, lucido e in gran forma, a suo modo coerente con la vocazione destrorsa: ““Spiace la polemica suscitata a seguito

Le dichiarazioni al Secolo XIX

dell’avvenuta posa al cimitero di Zinola della lapide con incisi i nomi dei corpi combattenti nella Seconda Guerra Mondiale, fra cui quello delle Camicie Nere. Ignorare la presenza del corpo delle Camicie Nere fra i militari savonesi regolarmente inquadrati nelle forze armate (le Camicie Nere ne erano la quarta forza) sarebbe stato un atto oltraggioso per le famiglie che piansero e piangono i loro cari caduti”. A dirlo è Enrico Albertazzi, presidente regionale della “Opera Nazionale per i Caduti senza Croce”, che così cerca di spiegare le ragioni che hanno portato l’associazione ad inserire anche il corpo della Milizia fascista nell’elenco delle forze armate citate sulla targa posizionata sabato al cimitero di Zinola”.

E ancora da Ivg.it: ”  Albertazzi cerca di rispondere: “Il fatto che buona parte di loro [le Camicie Nere] partirono volontari per il fronte accresce l’apprezzamento per lo slancio con cui risposero alla chiamata della patria in armi. Persero la vita su vari fronti: in Africa settentrionale, nei Balcani, e in maggior numero sul fronte russo dove, una volta catturati e riconosciuta dai soldati dell’Armata Rossa la loro appartenenza al corpo delle Camicie Nere venivano immediatamente passati per le armi. Certo fu una guerra fascista ma anche una guerra italiana e italiani (fra questi le Camicie Nere) che morirono e italiane le famiglie che per loro trepidavano e che oggi hanno un campo dedicato ai loro cari (a tutti i militari savonesi caduti e in particolare a quelli dispersi, caduti senza croce) dove poterli piangere e ricordare. Stupisce che i portavoce della sinistra prima deprechino (e noi con loro) l’atto vandalico compiuto alla lapide della Madonna degli Angeli ma poi, con la loro accesa e ingiustificata reazione alla nostra iniziativa, patrocinata dal Comune, spingano alcuno, come avvenuto, a prendersi l’arbitrio di coprire la dedica incriminata con nastro adesivo, che ovviamente sarà rimosso. Ci pare, in conclusione, poter affermare che il rispetto dei caduti deve cominciare col rispetto della verità storica” conclude Albertazzi.

Nota di redazione: sul prossimo numero la testimonianza del figlio di una ‘camicia nere’, ma che, a suo dire, è un errore definirli così, in quanto erano arruolati nell’esercito, anche da volontari e si distinguevano con i ‘fascetti’ (rispetto alle stellette), non ubbidivano al ‘Fascio’, al partito, ma alla scala gerarchica dell’esercito. “Mio papà – ha raccontato il testimone – si era arruolato dopo aver combattuto la Guerra del 15-18 e la disfatta in Friuli…è  andato in Africa, da  volontario e soldato semplice, nella convinzione di ottenere come premio una terra….sfuggire alla fame, mia mamma è viva, 103 anni e me lo ha confermato….sono morti a migliaia per servire la Patria. Oggi accomunare tutti, militari con i fascetti inclusi, come complici del fascismo non è un servizio alla verità….”.

LA SINDACA CAPRIOGLIO SI DIFENDE E INTIMA:

LA LAPIDE VA SUBITO MODIFICATA,  SONO VITTIMA DI UNA TRAPPOLA

“La lapide deve essere immediatamente modificata, le iscrizioni realizzate non sono quelle di cui si era parlato durante gli incontri preparatori”. E’ questa la ferma richiesta che il sindaco di Savona Ilaria Caprioglio ha rivolto ad Enrico Albertazzi, presidente regionale della “Opera Nazionale per i Caduti senza Croce” il giorno dopo lo scoppio del caso della lapide “dedicata” alle Camicie Nere cadute durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale.

Ancora la sindaca: “Non nego il forte imbarazzo per il gravoso equivoco nello scoprimento della lapide, non conforme a quanto ci era stato riferito, e pertanto formalmente formuliamo la presente al fine di richiedere la celere modifica, previa visione da parte dell’amministrazione, della lapide recante il nome dei corpi combattenti posta a sinistra della colonna tronca presso il Campo ‘V’ dei Valorosi, dedicato al ricordo dei militari savonese, in quanto a questa amministrazione (nelle persone del sindaco, del vice sindaco e dell’assessore Santi) nel corso degli incontri preparatori non è mai stato sottoposto il bozzetto dettagliato delle lapidi bensì, solamente, il bozzetto generico recante le scritte ‘elencazione dei corpi combattenti nel conflitto’ e ‘vari fronti di guerra’ rispettivamente per la lapide di sinistra e le la lapide di destra”.

Che il riferimento alle Camicie Nere negli incontri preparatori sia stato una omissione volontaria o una semplice dimenticanza, l’amministrazione chiede oggi l’immediata modifica della lapide stessa. Anche perchè “nella nosta stastica integrativa veniva specificato quanto segue: ‘Nota statistica integrativa. I militari savonesi regolarmente inquadrati nei reparti delle forze armate caduti nella Seconda Guerra Mondiale (1940/45) furono 490 compresi i nativi non residenti: 300 militavano nell’esercito, 160 nella marina, 30 nell’aeronautica. La maggior parte risultarono disperi (290) e morti in prigionia. Il corpo che subì le più elevate perdite fu quello alpino (80), il fronte di guerra quello russo (180)’”.

CHI SI RIVEDE A SAVONA, GIANNI PLINIO. COME NON RICORDARLO DA  DEUS E ASSESSORE REGIONALE AL TURISMO. FACEVA SCATTARE IL CAPO REDATTORE PER UN ARTICOLO IRRIGUARDOSO DI LUCIANO CORRADO. SUBITO INVIATA UNA COLLEGA PER ‘RIPARARE’

Le dichiarazione del portavoce ligure di Casa Pound. Il movimento di estrema destra a Savona aveva candidato al Parlamento l’avv. Luciano Chiarenza già presidente della Camera Penale

DA ALBENGA, NEL NOVEMBRE 2011, RICONOSCIMENTO UFFICIALE

IN OCCASIONE DEL  ‘MEMORIAL MILITARI CADUTI IN RUSSIA’

L’intervento scritto del Sindaco di Albenga Rosy Guarnieri – “Grazie a tutti, per essere qui. A cominciare dal Console Generale della Federazione Russa, Evgeny Boykov, che con grande sensibilità ha voluto essere presente qui con noi oggi, e dall’Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi in Guerra, nella persona del Presidente Enrico Albertazzi, senza il quale questa giornata non sarebbe stata possibile. Grazie a tutte le autorità e a tutte le associazioni che hanno dato la propria adesione, e a tutti i partecipanti, tra cui anche i parenti e i discendenti dei 46 caduti ingauni che hanno risposto al nostro appello.

Oggi è un giorno importante, per Albenga, in cui tutti noi siamo chiamati a commemorare i tanti, troppi, caduti albenganesi in Russia, quarantasei militari di ogni arma, formazione e grado caduti in combattimento e morti in prigionia. Quarantasei persone di Albenga, padri, figli, mariti, che per spirito di servizio, per fedeltà alla patria, partirono per il fronte per combattere una terribile guerra. Quarantasei ingauni, sottratti alle proprie famiglie, ai propri genitori, alle proprie mogli e fidanzate, ai propri figli, per eseguire gli ordini impartiti loro e adempiere il proprio dovere militare.

Siamo consapevoli della presenza, nell’elenco, di un ristretto numero di seguaci di sciagurati ideali che trascinarono l’Italia in una infausta e dolorosa guerra. Non è tuttavia nostra intenzione, a settant’anni di distanza da quei tragici eventi, ravvivare antichi e mai sopiti rancori, né dare spazio o tantomeno giustificazione alle ideologie che hanno funestato il mondo nel secolo scorso, e che sono già state ampiamente giudicate e sconfitte dalla stessa storia.

Oggi ci troviamo qui, in tempo di pace, per rendere onore alla memoria di quei tanti giovani che, chiamati in battaglia, non tornarono più dalle loro famiglie, non tornarono più nelle loro case, non tornarono più ad Albenga. La nostra Città ha un debito di riconoscenza nei riguardi dei propri caduti, e questo cippo al Caduto Ignoto di Russia, a cui è stata apposta una lapide con i nomi dei quarantasei ingauni, serve a ravvivare il loro ricordo e di tutti coloro che perirono al fronte, da entrambe le parti. Albenga non si dimenticherà mai del sacrificio dei suoi ragazzi, e onorerà sempre la loro memoria, offrendo loro il rispetto della Città tutta. Che Dio possa benedire le anime dei valorosi combattenti che abbiamo perso, e con essi il Paese e la Città per i quali hanno dato le proprie vite. Viva Albenga, Viva l’Italia, e Viva i caduti albenganesi”.

I  VALOROSI CADUTI IN RUSSIA

Artigliere ANDREIS Armando, Alpino BALESTRASSE Agostino, Alpino BARONE Umberto, Artigliere BONORA, Bernardo, Alpino BRUNO Natale, Cap. Artigl. CAMANDONE Bruno MOVM, Cap. Ftr. CHALP Guido MBVM, C. Nera CICCIONE Domenico, Geniere DAGNINO Attilio, Alpino DA RE Francesco, Fante ENRICO Giovanni, Granatiere ENRICO Giovanni, Artigliere Alpino ENRICO Tobia, Artigliere FAGNANI Renato, Alpino FIORINO Tullio, Alpino FRUMENTO Angelo, Alpino GAGLIOLO Alfredo, Artigliere GAGLIOLO Francesco, Alpino GALLO Santino, Alpino GARASSINO Giacinto, Alpino GIANERI Agostino, Alpino GHIGLIERI Andrea, Bersagliere GIORDANO Andrea, Carabiniere GIRANTE Gustavo, Alpino LANTERI Davide, Artigliere MALIZIA David, Cap. Magg. Fanteria MARZERO Natale, Fante MERCANDELLI Giulio, Cap. Magg. Sanità MONDOLO Carlo, Soldato MORDEGLIA Giuseppe, C. Nera MERELLO Giacomo, Alpino NASO Pietro, Soldato ODISIO Giuseppe, Alpino PAGLIA Alfredo, Cap. Magg. Alpini PARODI G.B. , Artigliere Alpino PENNAZZO Luigi, Artigliere Alpino PENONE Antonio, Alpino PERA Adalgiso, Alpino POGGI Eugenio, Autiere ROSSI Luigi, Alpino SANDIGLIANO Tommaso, Alpino SARDO Sergio, C. Nera SAVIOLI Amedeo, Cap. Suss. VACCARO Alfredo, S. Ten. Carabinieri VALENTINO Michele, Ten. Cappell. VALLARINO Giuseppe MAVM.

LETTERA di Fabrizio Marabello

“Amici della Fondazione Giorgio Almirante” , Presidente Associazione culturale “Ventennio”.

[Nella foto Fabrizio Marabello con Edda Negri Mussolini, figlia di Anna Maria, ultimogenita di Benito Mussolini (foto Ivg.it)]
A proposito dell’inutile e sterile polemica riguardante il caso della lapide dedicata alle Camice Nere, cadute durante il periodo della seconda guerra mondiale, eretta all’interno del cimitero di Zinola a Savona è opportuno fare alcune doverose precisazioni. Il termine “Camicia Nera” è spesso usato come generico sinonimo di “Fascista”. In realtà le Camice Nere furono sì emanazione del Regime ma, soprattutto sotto il profilo strettamente militare, rappresentarono una realtà più complessa di quanto venga generalmente tramandato. Dal 1935 al 1945 le Camice Nere furono un glorioso corpo militare. L’origine delle Camice Nere risale ai mesi immediatamente successivi alla prima guerra mondiale: erano le “Squadre d’Azione” volute da Benito Mussolini, un’organizzazione para militare che aveva le sue radici negli “Arditi”, le unità d’assalto italiane della Grande Guerra e, nelle denominazioni, nelle legioni dell’antica Roma.

Perché si chiamavano Camice Nere? Nel 1918 durante la prima guerra mondiale gli Arditi utilizzavano la camicia di colore nero per non essere avvistati dal nemico con il riflesso della luna. La creazione dei “Fasci di Combattimento” nel 1919 diede una base politica al movimento che sarebbe diventato il Partito Nazionale Fascista. Il 1° Febbraio del 1923 la creazione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (una specie di esercito territoriale sulla base delle vecchie Squadre d’Azione Fasciste) sancì l’entrata delle Camice Nere nell’apparato statale, aprendo così la strada al successivo sviluppo ed inquadramento come forza combattente nelle fila del Regio Esercito.

Il primo Comandante Generale fu Italo Balbo, quadrumviro della Marcia su Roma e futuro “Maresciallo dell’Aria”. Con Regio Decreto del 4 Aprile 1924 la M.V.S.N. entrò a far parte delle Forze Armate dello Stato, per cui le Camice Nere prestavano giuramento al Re e non al Partito Fascista, e fu così che la Milizia divenne la quarta Forza Armata italiana. Pertanto, è opportuno sottolineare che, contrariamente a quanto spesso si è sostenuto, non fu Milizia di partito ma dello Stato, come si vide all’indomani del 25 Luglio 1943, quando i militi sostituirono i Fasci sulle fiamme con le stellette.

Le Camice Nere avranno il battesimo del fuoco in Eritrea ed in Etiopia, e quindi nella guerra di Spagna. Dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale la loro evoluzione seguirà il destino del loro creatore Mussolini, fino alla definitiva sconfitta. Che piaccia o no, le Camice Nere furono Combattenti Italiani che sacrificarono la loro vita per un ideale e per questo motivo è giusto che vengano onorati e ricordati come tutti gli altri Caduti in guerra…perché questa è la Storia.

Fabrizio Marabello


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