Un’ennesima vicenda imbarazzante tocca la nostra landa. La saga dei faraonici progetti dai nomi suggestivi, ma dai destini incerti si perpetua in forma inedita. E ancora una volta è emerso un atteggiamento incurante da parte degli amministratori, che permette il sollevamento di legittimi dubbi.
Eccone un’interpretazione, forse sì, quella che ne evoca i tratti più grotteschi. Peccato non sia romanzo ironico e frizzante da leggere tutto d’un fiato ma piuttosto un impietoso sillogismo. Ammesso che sia importante, oppure ragionevolmente giusto, che la scaturigine sia dal mondo imprenditoriale, un’occasione che dovrebbe essere a vantaggio di tutti non può avere come protagonista un club politico, travestito da sodalizio di interessi. Dunque, anche in questa circostanza, i moventi non contrastano con le molte tv e gran parte della stampa, che quotidianamente continuano a rifilarci una sbronza di economia e finanza.
Dalla costante limpidezza, quanto perfetta e forte mistione delle opinioni che si rincorrono sui media, ormai senza tema di smentita è risaputo, quindi, che se fare impresa diventa più facile, e soprattutto più semplice, allora si diventa più competitivi. Anche in questo caso non mancano significativi parallelismi. Se in pieno campo di battaglia, nell’ingaggiare combattimenti “corpo a corpo“, lo strumento più idoneo per avanzare è rappresentato dalla spada dell’entusiasmo, per essere efficaci ed incisivi nella pugna, pure dalla distanza della tenda, ovvero dai moderni avamposti dotati di telefoni, smartphone e personal computer, occorre addestrarsi nell’uso del coltello. Il coltello rappresenta la rapidità, la quale non ha nulla a che vedere con la fretta – intanto siamo giunti così all’ambito della psicologia -, così come la tensione non ha nulla a che vedere con il nervosismo. Un buon addestramento, infatti, consiste proprio nell’esercitarsi a saper dosare pazienza e rapidità nello stesso tempo. Il tempo diventa l’alleato. Viceversa, se il tempo diventa un avversario, qualsiasi strategia e tattica messa in campo, risulterà inutile, laddove si lavora a vista, poiché ciò che manca è un minimo di certezza sul futuro: tante sono le questioni aperte, in forte ritardo in relazione alla definizione di importanti atti, che non possono più attendere i tempi della politica.
Approdando dall’orizzonte digressivo generale nella Savona delle opere pubbliche eterne, mentre la vicina Vado Ligure faceva i conti con l’inchiesta Tirreno Power, chiusa di recente con 86 indagati, il caso BIT Savona s.c.r.l ha avuto l’agio di avanzare come un paradigma imprenditoriale che non risente della crisi, viaggiando come se la tempesta, che ha travolto il mondo produttivo, non fosse mai avvenuta, scongiurando bibliche lungaggini. La prova tangibile per genti ignare ancora di rischiare di passare il resto dei propri anni fra miasmi non certo dovuti al salmastro. Nel tempo record di poco più di quattro anni, il procedimento relativo al deposito di bitume in porto ha completato definitivamente il proprio iter autorizzativo. I lavori per la costruzione dello stesso potranno pertanto iniziare nel 2016. Secondo i fautori dell’iniziativa, tutto si è svolto in maniera regolare, passando attraverso tutti gli enti preposti all’analisi del progetto. Dal cilindro magico è spuntato un impianto di eccellenza, nella movimentazione e lo stoccaggio di bitumi speciali, che rispetta pienamente le condizioni ambientali, sanitarie e di sicurezza imposte dalle vigenti disposizioni di legge, assai stringenti peraltro. Costo dell’operazione: più di 15 milioni di euro, per una capacità di stoccaggio di 45mila tonnellate l’anno.
Ecco la cronologia ratrappita di una vicenda, a detta dei detrattori, invece passata sottotraccia. Dopo una prima approvazione da parte del Comitato Portuale di Savona nel 2010, del sito si comincia a parlare nel dicembre 2011, quando la pratica finisce sul tavolo dell’amministrazione comunale savonese: è stata avviata la Conferenza dei Servizi, a cui sono stati invitati tutti gli Enti preposti (Regione Liguria, Soprintendenza, Agenzia del Demanio, Provincia di Savona, Comune di Savona, Agenzia Dogane, Capitaneria di Porto, Asl 2 Savonese, Vigili del Fuoco, Consorzio Depurazione Acque). Insomma tanti, e tutti appassionati di burocrazia. Successivamente alle modificazioni apportate dal legislatore alla normativa sui depositi costieri nell’aprile 2012, il processo autorizzativo è stato riavviato presso i Ministeri delle Infrastrutture e Trasporti e dello Sviluppo Economico. Tutto si conclude con definitivo parere favorevole del 26 marzo 2013. Sebbene ingaggiare battaglie contro avversari poderosi significhi venire immediatamente distrutti.
Come in una corrida, dove un toro furente, capisce ben presto l’inganno rappresentato da un drappo rosso e si scaglia con tutta la sua potenza contro lo sfidante, ecco tardiva arrivare la replica del fronte del “no”. Come non guasta politicamente trasversale, con tanto di comitati civici e raccolta di firme. Non avendo avuto il tempo come alleato, non potendo procedere a piccoli passi, con clamore ed in extremis si innalza al cielo l’eco di una tromba: la vibrante protesta di alcuni partiti e alcuni amministratori non allineati. La conseguenza è un’interrogazione urgente in consiglio comunale a Savona, accompagnato dal suono di un tam-tam ossessionante e minaccioso: “Non staremo a più guardare. Facciamoci sentire, tutti insieme, ancora una volta vogliono proditoriamente avvelenare il nostro territorio”…. E’ l’invocazione di una presa di posizione forte di tutti i cittadini, di tutti i piccoli imprenditori locali, delle amministrazioni locali vicine come Albisola, Celle Ligure, Varazze, la cui risposta pare ancora sonnecchiare all’afa estiva.
Il fronte delle accuse comunque si articola su tre punti: odore nauseabondo percettibile facilmente fino a oltre 3 km di distanza, tale raggio copre da Albisola Mare alla Natarella a Lavagnola; il bitume caldo emette sostanze pericolose e provoca violente esplosioni a contatto con l’acqua; oltre trenta autotreni, pregni di sostanza infiammabile ed untuosa, si avventureranno ogni giorno in una zona già densamente trafficata. Qual è la contropartita di siffatti scenari per nulla edificanti che paiono aprirsi per la città, anche in termini di immagine e turismo? L’occupazione salirà e anche con un balzo considerevole. Se in un primo tempo il progetto prevedeva un investimento di 6 mln di euro con tre addetti, nelle precisazioni dell’azienda sul nuovo progetto del deposito di bitume oggi invece si parla di circa 38 nuovi occupati nell’ambito di una attività industriale che guarda sia all’importazione quanto all’esportazione del bitume. Ulteriormente emerge che nel 2012 con un decreto la Regione Liguria ha decretato di non assoggettare a procedura di VIA il progetto di deposito costiero di bitume in quanto ritenuto privo di impatti significativi sull’ambiente, sulla fauna la flora e che l’impatto sulle acque sarebbe stato mitigato con l’installazione di un impianto apposito di trattamento. Contemporaneamente il Comune non ha richiesto alcuna prescrizione a livello sanitario e ambientale e non ha informato adeguatamente i cittadini dei potenziali pericoli che incorrono nell’avere un tale impianto a poche centinaia di metri dal centro cittadino, peraltro in una località alla ricerca di una vocazione turistica. Nel palazzo si innesca e a lungo si protrarrà la classica sequela di schermaglie a colpi di interpellanze e pentimenti, ammiccamenti o eccezioni difensive fra i novelli tribuni del popolo e gli incaricati di posizioni di governo e responsabili vari. Si verificheranno immancabilmente tutte le fasi. La stanchezza e l’inanità della lotta. L’allarme e la resa. La sincope nell’eloquio.
Dal neonato caso giudiziario avviato dalla procura potrebbe montare una di quelle polemiche che, palesando uno stato di grande tensione, evocano alla fine un verdetto di tribunale. Difficile sarà comunque comprendere, in serenità e con cognizione, se questo insediamento rappresenti veramente o meno una grande opportunità per Savona. A questo punto, osservando asetticamente i fatti, emerge un quadretto cui si evince la latitanza e l’indifferenza dell’amministrazione in generale, grazie alla quale il progetto ha potuto procedere indisturbato, fino ad oggi, nel proprio iter autorizzativo, con pratiche di approvazione passate in sordina, e neppure discusse in consiglio comunale, in assenza di un’adeguata e doverosa pubblicizzazione presso la cittadinanza. Anche le minoranze, che sedevano già allora dall’altra parte della scacchiera delle decisioni e ora sono in fibrillazione innanzi a questo repentino quanto fortuito cambio di circostanze, dove stavano? Mentre gli altri se ne infischiavano, stavano in vacanza chissà dove? E’ stato loro negato l’accesso agli atti? Di certo non hanno o non hanno potuto applicare la tattica più funzionale al proprio ruolo. Col trascorrere del tempo, procedendo lentamente, dividendo ordinatamente il campo di battaglia in piccoli scompartimenti, avanzare su di essi utilizzando a seconda della complessità, avvalendosi degli strumenti più adatti, con saldezza dei propri passi e senza che nulla possa ostacolare le legittime rivalse. La lezione amara che umilmente questa classe politica di piccolo cabotaggio dovrà imparare sarà quella che le azioni da evitare sono quelle avventate, nel rincorrere la raccolta dei frutti anzitempo e la passività, che farà sfuggire l’occasione di coglierli. Di fatto sono loro, gli “eletti” a dover parlare per poi agire, appassionatamente e disinteressatamente, per nostro conto ed in nostro favore. Noi del popolino, pubblico pagante di tributi grevi, siamo qui, semplicemente ad ascoltare ed osservare – sempre più spesso disarmati, sconsolati, spazientiti o distaccati, disperatamente eredi di quei Latini illo tempore preda dello “ius murmurandi” – cosa è cambiato e cosa sta cambiando in un dato preciso momento: ora. Ovvero: da una democrazia imperfetta ci siamo ridotti ad essere una dittatura con diritto di mugugno ?
Antonio Rossello
«Essere liberi è cosa da nulla: divenirlo è cosa celeste». (Johann Gottlieb Fichte)