In origine era Monte Calvo. Dal 1800, per motivi ignoti, ha cambiato nome. Le guide Cai e Touring Club, anni ’50 ‘, lo descrivevano nel circondario di Finale Ligure. “Piano piano – ha svelato Giobatta De Francesco, presidente dell’associazione no profit ‘Amici del Carmo’ – si sono raggiunti risultati importanti. Le stesse guide citano ormai il Monte Carmo (m.1389) nel contesto escursionistico di Loano, ancora più esplicite le indicazioni per gli internauti. Superata la nomea del Monte Settepani (m. 1386).” E dire che la maestosa montagna, ricca di scorci da cartolina, è suddivisa tra 6 comuni. Bardineto è proprietario della vetta, contrastando per poche centinaia di metri Giustenice, mentre nel territorio di Pietra Ligure si trova il rifugio più frequentato del ponente, grazie alla buona cucina di una giovane coppia e ai lavori eseguiti dal Cai di Loano.
Venerdì scorso c’era un appuntamento forse sottovalutato dalle stesse attese degli organizzatori. Il programma indicava a sommi capi gli argomenti: origini del Carmo attraverso lo studio del benemerito scrittore e ricercatore di storia locale prof. Antonio Arecco; riproposizione di un libro del 2013 dello stesso Arecco: ” Le nostre località. Val Nimbalto con Loano e Verzi, Boissano”. Proiezioni ed immagini dei ‘vecchi tempi’, delle meraviglie della natura. Poesie dialettali recitate, sempre magistralmente, da Francesco Gallo. Hanno risposto all’invito oltre un centinaio di persone: anziani, giovani, donne e uomini, di ogni ceto sociale. Ha fatto gli onori di casa, nella suggestiva sala consiliare di Palazzo Doria, la dr. Betti Bolognesi Galati, presidente dell’Unitre locale, tra i protagonisti della ‘Monte Carmo story’ e ‘memoria storica’ loanese. Il presidente degli ‘Amici del Carmo‘, Giobatta De Francesco, figlio di Cencin (in sala anche l’architetto Angelo De Francesco e famiglia) ha pronunciato ( “Un po’ emozionato perchè era il mio primo intervento in pubblico“) parole di ammirazione e ringraziamento per l’operato, forse non a tutti noto, della locale Associazione Alpini: “Sono presenti ed attivi in ogni manifestazione. Vorrei ricordare che il 5 novembre 1975 la maestosa croce non sarebbe giunta in vetta senza l’intervento delle penne nere, allora col presidente Giuseppe Moreno, papà di Franco Moreno, anima dei Cai. Sarebbe ingiusto non citare Arecco, Milesi, Martin ‘U Forte‘, il figlio Giovanni Gimelli, Burlando e...”. Piccola nota redazionale. In sala era presente Alessandro Gimelli, fotografo d’arte, figlio di Giovanni, che ha prestato servizio nell’artiglieria alpina mentre il mitico nonno ‘Martin’, considerato ‘il più forte di Loano’, aveva fatto il militare in marina. La ‘nuova croce’ realizzata alla Piaggio di Finale doveva essere portata in vetta con un elicottero dal porto di Loano, ma un contrattempo rischiava di far saltare la solenne cerimonia. Toccò agli alpini loanesi il compito più difficile del trasporto a spalle.
Battistino De Francesco ha pure rivelato un contrattempo curioso ed inedito. Tra le autorità civili e militari, prefetto incluso, era stato invitato l’allora ministro delle Poste, il savonese avvocato Carlo Russo, che è stato pure giudice alla Corte Europea. “L’appuntamento era per le 8 del mattino davanti a Palazzo Doria, ma la confusione ed i contrattempi furono tali che dimenticai clamorosamente l’appuntamento. Il ministro ha atteso un mezzora e poi ha fatto ritorno a Savona…che figura !!!”!.
Altro ricordo, sempre inedito. “Era necessario trovare un trattore a Bardineto, non fu semplice. Si mise a disposizione Mattiauda“.
E’ seguita la parte forse più emotiva ed emozionante. De Francesco ha ‘illustrato’ decine di immagini del Carmo raffiguranti gli ultimi decenni e tanti ‘visitatori, protagonisti, volontari’. Un gran numero ci ha lasciato per l’altra vita, in alcuni casi è stato impossibile risalire (dai volti) ai nomi. Un tesoro storico importante che dovrebbe coinvolgere tutti. Davvero interessante, tra cultura di madre natura, con alcune ‘ricchezze’ andate perse ha documentato l’illustrazione fotografica da parte del dr. Roberto Sattanino, vice presidente degli Amici del Carmo. Ci limitiamo a citare ciò che un tempo creava un habitat particolare. La presenza di cavalli, maestosi, allo stato brado, i piccoli puledri, la ‘gioia’ della libertà 360 giorni l’anno. Pare che le proteste, asseriti pericoli, abbiano indotto chi risultava proprietario a catturarli. Stesso discorso per alcune decine di capre. Certamente sarebbe ingiusto sminuire che il patrimonio ambientale continua a far bella mostra. E lo scenario – panorama resta forse unico nella nostra regione. Peccato che non si ripeta ciò che vive l’Alto Adige, soprattutto dove la montagna è motore di un turismo che è la materia prima dell’economia. Non conosce crisi, per la presenza di tantissimi ospiti del centro europa (quello che è stato anche il nostro serbatoio turistico negli anni prima della rapallizzazione della costa). E ciò ha permesso di sviluppare un straordinario binomio con l’agricoltura, la pastorizia. Per noi ormai è troppo tardi e le illusioni altro non sono che un ingiusto inganno.
A dir poco interessanti, infine, le parole concise del prof. Arecco, studioso non solo di Loano, ma anche di importantissimi testi per la Curia Vescovile di Albenga. Tra le particolarità del Carmo ha citato lo straordinario ‘cespuglio’ in prossimità della vetta, visibile persino dalla spiaggia di Loano e che ha raggiunto un’estensione – diametro di una quarantina di metri. Ha fatto presente che notizie sul Carmo si trovano in una secolare ‘raccolta diocesana’ e il 30 luglio 1.122 è citato l’Abate di San Pietro (Toirano); il 9 luglio 1.230 si scrive di un accordo raggiunto tra l’Abate, i Benedettini, il Comune di Toirano al fine di porre termine alle continue liti che sorgevano tra i monaci ed i contadini, pastori toiranesi.
E’ stato sancito il periodo in cui i toiranesi potevano mietere il pieno e pascolare sul Monte Carmo e i mesi riservati ai frati. In un altro documento del 7 settembre 1726 emerge che i migliori pascoli ed i più vasti si trovano sul Monte Carmo.
Per concludere. Il successo della serata è stato pure la diffusione – a offerta libera – delle copie del libro di Antonio Arecco e promosso dall’Unitre. E’ andato quasi a ruba, proprio quando le copie giacevano impacchettate in magazzino dal maggio 2013. Non è un libro relax, ma attraverso i toponomi conoscere il passato ed il presente appartiene alla cultura locale e all’educazione civica. (l.c.)