Caro Totò ho letto con tristezza il manifestò funebre: ‘Salvatore Muscarella (Totò), 72 anni, si è spento a Genova… lo piangono la moglie Piera, il figlio Tony, la figlia Grazia con Roberto, il nipote Federico, i fratelli Antonino, Cosimo, Orazio, la sorella Ninetta. Il rosario alle Cappe Turchine… i funerali…”. Ti ricordo burbero, ma umile, infaticabile, tenace, autentico ‘cavaliere del lavoro’, con ‘sacra’ dedizione ai prediletti animali. La tua fuoriserie era l’Ape 150 verdolina, sempre in viaggio alla ricerca di ortaggi nei campi e scarti delle bancarelle di mercatini, mercati. Amico dei contadini. Eri un uomo semplice. Un volto amico. Tanti turisti ti fotografavano sorpresi di scoprire il tuo gregge, i capretti nani, in una località di mare. Il pascolo era l’alveo del Nimbalto, a Borgo Castello, simbolo di Loano antica. In lontananza il fruscio del mare. Il tuo ‘regno’ era la Berbena.
Caro Totò ho avuto la conferma che eri un ‘grande uomo’ , apprezzato e benvoluto. Coerente con la civiltà dei valori nobili: dedizione, sacrificio, lavoro, famiglia, rispetto, passione. A salutarti, rendere gli onori, con semplicità, centinaia di persone assiepavano il Duomo di San Giovanni Battista. Ammirato perchè sapevi accompagnare la tua vecchiaia con un lavoro sempre più raro, della notte dei tempi e che richiama alle nostre origini. Totò stacanovista pur senza mai apparire o mettersi in mostra, senza conoscere feste, domeniche, Natale come a Pasqua. Dedito alla cura dei tuoi animali (capre e pecore soprattutto), tutti ti conoscevano e tutti ti ascoltavano volentieri. Apprezzavano la tua competenza, i consigli: il formaggio, le carni genuine, l’alimentazione sana, i segreti del mestiere, il fascino per i bimbi dell’ultima generazione. Solo chi ti conosceva un pochino più a fondo, sapeva che non ti prodigavi per il denaro, per il conto in banca. Era persino disarmante vederti sotto la pioggia o col sudore in fronte del sol leone, col vento ed il freddo, sempre puntuale a curare lo ‘zoo famigliare’. Non solo pecore, agnelli, capre e caprette ( non mancava il becco, il montone…), galline, galli, conigli, tacchini, papere. Più casalingo e genuino di così ! ‘Vorrei tornare indietro per un momento – è la rima di una canzone di successo – ma il tempo non si ferma…”. Che nostalgia il menù dei nostri nonni di campagna, il pane di grano integro cotto una volta in settimana nel vecchio forno, protetto dalla crusca. Aldo Lo Manto, siciliano, cresciuto nel gregge, diventato primo pastore della Liguria (1400 capi a Bastia d’Albenga), ti ricorda benissimo: ” Era un pensionato senza orari, mi raccontava che aveva lavorato da operaio del Comune di Loano, ma nel sangue c’erano le virtù dei pastori. Non conosceva il riposo, men che mai settimanale, preoccupato e orgoglioso per la sua piccola fattoria “.
Ti ho conosciuto, caro Totò, già dagli anni sessanta, ai tempi del compianto sindaco Felice Elice; facevi parte della comunità di immigrati della Valledolmo (Palermo), da boccia cercavi una sistemazione, un futuro tra i dipendenti comunali. Io giovanissimo, studente, ero il ‘segretario particolare’ (volontario) del primo cittadino. Annotavo le ‘richieste’ di chi si rivolgeva al sindaco per lavoro, un aiuto economico. Lui, allora, era un benestante, fornitore di navi mercantile e passeggeri, viveva a Genova. Il commendatore arrivava puntuale a Palazzo Doria il sabato e la domenica di buon mattino, a piedi voleva rendersi conto di persona del centro e della periferia, e mi faceva annotare per riscontri mensili.
Da dipendente pubblico non hai perso tempo e da giudizioso padre di famiglia hai ‘coltivato’ una seconda occupazione: un po’ di campagna, un orto, gli animali, via via un piccolo gregge. Tra Loano e Verzi, inizialmente, eravate quasi una decina, alla fine hai resistito con caparbietà solo tu. Hai vissuto lo scenario di Loano che ‘galoppava’, ‘frate cemento’ si espandeva a macchia d’olio. Con famiglie di immigrati del Sud che lasciavano il centro storico o i ‘carruggi orbi’ per i nuovi insediamenti. Spesso ti sei trovato alle prese con chi non sopportava di convivere con il pascolo vicino a casa. Accadeva che qualche pecora, qualche capra, finissero per invadere una strada (penso a via Pollupice e d’intorni), perfino fughe in zone più centrali. Apriti o cielo! Telefonate di protesta ai vigili, ai giornali.
Totò si rammaricava, brontolava, ma si tirava sempre su le maniche. Il parroco, don Edmondo Bianco, ha ricordato in chiesa: “ Salvatore aveva tanti amici, ha fatto tante cose belle e buone, è ciò che conta e rimane. Come la sua passione per gli animali, curati con bontà e premura, anch’essi creature di Dio“. Della pratica benedettina “Ora et Labora “, Totò praticava la seconda. Lo ricordo generoso, leale, corretto, disponibile, premuroso se gli chiedevi un favore, perfino di rara umanità. Era gennaio, in piazza Del Popolo ad Albenga, ci siamo casualmente incontrati l’ultima volta al mercatino giornaliero di agricoltori locali. Era claudicante. ‘Totò, come va ?”. “Mi faccio forza….devo darmi da fare …le bestie mangiano…in campagna è tutto bagnato…qui trovo chi coltiva in serra”. Ci siamo salutati con un cenno ai miei pregressi problemi al cuore. Totò: ‘Questo motore quando si ferma, il meccanico arriva sempre in ritardo. Io penso…‘.
Ho saputo dal genero Roberto Franco, consigliere comunale e tecnico alla Piaggio: “Si è sentito male il 19 gennaio, dal Santa Corona è stato trasferito con urgenza in elicottero al San Martino, un’operazione al cuore in corsa contro il tempo e complessa. Purtroppo, tutto inutile”.
Totò lascia ai loanesi un testamento di ‘buon esempio’. Per le pagine di storia cittadina l’ultimo vero pastore che pur ridimensionato dall’avanzare dell’età, dalle obiettive difficoltà della pastorizia in città di mare e di turismo, dalle normative per la vendita, la macellazione, il commercio che di fatto, in nome dell’igiene e della ‘salute’, punisce la genuinità dei prodotti dei nostri avi, favorisce le grosse aziende e multinazionali. Totò, dicevamo, è stato il ‘monumento vivente’, capace di resistere con la forza dell’amore per la natura e per la famiglia. Non ha ammainato la ‘bandiera del pastore’ che per anni ha simbolicamente sventolato sulle alture di Loano, in località Castagnabanca.
Ciao Totò, mancherai ai tuoi cari, sei stato il simbolo di un mondo rurale da cui provengo e che ho avuto la fortuna di vivere e conoscere sulle Alpi Marittime e nell’entroterra rivierasco. Altri tempi. Ciao Totò, il cielo dei giusti, dei laboriosi, degli umili, ti sia lieve. Possa finalmente riposare come meriti. Lassù speriamo di incontrarci e riprendere i nostri ricordi. Grazie alle tue ‘opere’ Loano potrà raccontare: “ C’era Salvatore Muscarella, detto Totò, che pascolava lungo il Nimbalto, la Berbena, portava alle famiglie il formaggio, a Pasqua l’agnello. Per i più piccoli, le sue bestiole erano un’attrazione, per i turisti una scoperta da fotografare e mostrare agli amici”. Caro Totò osservaci dall’alto, chi ti è rimasto vicino sino all’ultimo istante ha ancora bisogno del tuo sorriso, del tuo conforto, di mani ruvide che accarezzano. Luciano