L’autore dell’articolo, pur non avendo avuto occasione di frequentare le ‘case chiuse’, per altro senza per questo doversi scusare o vergognare, magari rammaricare, ha un ricordo romantico delle ‘signorine’ che lavoravano sullo stesso pianerottolo di casa sua: ‘gentili ed educate mi volevano bene ed io non dimentico’.
con gli amici ad annusare gli odori della notte
Le ricordo bene le signorine!, anni cinquanta, facile da contattare, il nome e il numero di telefono scritto sulle pareti del ‘cessi pubblici’, a Savona in via Aonzo, allora anche con servizio docce perchè pochi l’avevano in casa, settanta lire, compreso un asciugamano dal colore incerto, un panetto di pietra pomice spacciato per sapone, con la pedana di legno scivolosa a rischio trauma e l’acqua a spruzzi alterni tra il bollente e il sotto zero e dalle ‘cabine‘ affiancate, in genere con soli uomini, a vociare a gara le più ‘colorite e scurrili parole di questo mondo’, un quarto d’ora di tempo massimo per lavarsi e asciugarsi oppure la tariffa raddioppiava, ovviamente vietato entrare in compagnia ma allora non si usava.
Eppure che felicità!, cari amici miei, oggi ben oltre i settant’anni (a questo punto, visto la benevolenza della vita, è quasi doveroso dire ‘che Dio sempre ci benedica, viva l’amore e viva… la rima’.
Poi, puliti come polli spiumati, meglio se in compagnia, tutti a fare caciara e poi il sesso a pagamento in una delle numerose ‘case chiuse’, le ‘maisons’, in via Quarda, via Fraschieri, corso Mazzini, vicoli Gallico e Crema: ambienti e ragazze pulitie e dal buon profumo di lavanda (controllate settimanalmente dalla Questura, con libretto sanitario severissimo, chi aveva qualche problema di malattia o altro obbligata a recarsi in ospedale per i controlli e cure). Gentilissime e sorridenti, non tutte giovanissime, che sbarcavano così il lunario spesso inviando parte del denaro guadagnato ai vecchi genitori lontani, o per mantenere i figli agli studi magari privi del padre in quanto in carcere, con buoni rapporti con i vicini di pianerottolo ai quali spesso facevano regali a motivo del disturbo sovente arrecato.
Le ricordo bene le signorine!, anni cinquanta, facile da contattare, il nome e il numero di telefono scritto sulle pareti del ‘cessi pubblici’, a Savona in via Aonzo, allora anche con servizio docce perchè pochi l’avevano in casa, settanta lire, compreso un asciugamano dal colore incerto, un panetto di pietra pomice spacciato per sapone, con la pedana di legno scivolosa a rischio trauma e l’acqua a spruzzi alterni tra il bollente e il sotto zero e dalle ‘cabine‘ affiancate, in genere con soli uomini, a vociare a gara le più ‘colorite e scurrili parole di questo mondo’, un quarto d’ora di tempo massimo per lavarsi e asciugarsi oppure la tariffa raddioppiava, ovviamente vietato entrare in compagnia ma allora non si usava.
Eppure che felicità!, cari amici miei, oggi ben oltre i settant’anni (a questo punto, visto la benevolenza della vita, è quasi doveroso dire ‘che Dio sempre ci benedica, viva l’amore e viva… la rima’.
Poi, puliti come polli spiumati, meglio se in compagnia, tutti a fare caciara e poi il sesso a pagamento in una delle numerose ‘case chiuse’, le ‘maisons’, in via Quarda, via Fraschieri, corso Mazzini, vicoli Gallico e Crema: ambienti e ragazze pulitie e dal buon profumo di lavanda (controllate settimanalmente dalla Questura, con libretto sanitario severissimo, chi aveva qualche problema di malattia o altro obbligata a recarsi in ospedale per i controlli e cure). Gentilissime e sorridenti, non tutte giovanissime, che sbarcavano così il lunario spesso inviando parte del denaro guadagnato ai vecchi genitori lontani, o per mantenere i figli agli studi magari privi del padre in quanto in carcere, con buoni rapporti con i vicini di pianerottolo ai quali spesso facevano regali a motivo del disturbo sovente arrecato.
Le signorine prendevano per mano i clienti per metterli a loro agio accompagnadoli per mano in camera, si atteggiavano ad amiche, la solita pantomina, per poi concludere con orgasmi simulati per evitare che ‘i maschi’ ci restassero male, con il solito zuccherinio ‘mi hai fatto impazzire, torna presto’, senza mai sgarrare sui tempi e sopratutto sulle prestazioni come da tariffario ben in vista appeso sulla porta interna oltre che nella sala d’ingresso dove si pagava anticipatamente alla ‘maitresse’ salvo conguaglio per eventuali extra richiesti in ‘corso d’opera’.
Era il periodo d’oro del contrabbando di sigarette, centinaia di scatoloni che passavano sotto il naso di tutti, si nascondevano nelle cantine, nelle dispense, nei forni a legna, la povera gente guadagnava qualche lira per la custodia, qualcuno si arricchiva, ma tutto era pacato, una cosa normalissima e con il sorriso sulle labbra.
Sciveva Mario Soldati ‘non ho mi perso la speranza, salendo quella scala, di trovare la donna della mia vita e la trovavo sia pure per pochi minuti’.
I preti, nelle loro prediche domenicali in chiesa, ammonivano di votare ‘la croce’, cioè la Democrazia Cristiana per non andare all’Inferno, intanto le Brigate Rosse studiavano il da farsi.
Con la sua rivoluzione giovanile ibrida sociale del ’68, sembrava si dovesse sovvertire il tran tran di un’Italia bacchettona, ma tutto si è esaurito con ‘i fiori nei cannoni invece dei proiettili’.
Le signorine, loro nò, sempre tranquille e operose a svolgere il loro mestiere senza ipocriti pudori, da dieci anni circa traslocate dalle ‘case chiuse ai marciapiedi’ per via dello sfratto proclamato da santa Lina Merlin (20 settembre 1958), i ragazzini potevano facilmente abbordarle, oggi ancor più facilmente, nessuno chiedeva la loro età, le malattie veneree proliferano.
Noi, sempre più vecchi e incazzosi, per l’età e gli acciacchi, prostata infiammata e pancia debordante, ad arrangiarsi come potevamo, a inventarci giorno per giorno il piacere della vita, pur se frastornati da ‘quel mostro invadente di internet,’ con i figli a declassarci perchè incapaci di premere un pulsante e i nipoti a considerarci degli alieni perchè non guardoni dei siti porno. Fino all’arrivo della ‘pillola blu,’ la rivincita, e che rivincita! di noi vecchietti, in quattro e quattr’otto abbiamo surclassato figli e nipoti sempre più annoiati, sempre più ammosciati, smarriti nelle loro crisi esistenziali e ormonali.
“Il mare è sempre uguale / sbuca dalla finestra in alto della scala / solo l’odore è diverso / scivolano i ricordi come gocce di sudore / ed hanno il sapore dell’acqua salata.
Via Quarda / dopoguerra / macerie e povertà / contrabbando e suoni di sirene.
La trattoria della Francese a cento lire / la Fratellanza a due passi con il ballo del sabato / e poi / e poi gli amici / si sa come vanno a finire queste cose.
Tutti insieme ad annusare la notte / in fila dietro la porta / a contrattare gli spiccioli e le signorine.
Volano le ore / già si odono i rintocchi della Campanassa / l’alba s’intrufola rubando i sogni e l’allegria / c’è profumo di caffè nella stanza / chiude il casino / è tempo di fuggire via.”